Quale altra cerimonia sarebbe stata capace di tenere insieme Mattarella e Lele Mora, Giorgia Meloni e Franco Baresi, Mario Draghi e Maria De Filippi, Elly Schlein e Ilary Blasi

(Massimo Gramellini – corriere.it) – L’unico che mancava era lui, forse. Sono stati i funerali eleganti di un «re multitasking», come lo ha definito Emanuele Filiberto, esperto del ramo. Quale altra cerimonia sarebbe stata capace di tenere insieme Mattarella e Lele Mora, Giorgia Meloni e Franco Baresi, Mario Draghi e Maria De Filippi, Elly Schlein e Ilary Blasi, le corone di fiori di Lapo e Belen, ma anche quelle del Milan club Parigi e dei residenti di Milano 2?
L’unico che mancava era lui, il presenzialista per antonomasia. Ma se c’era, e secondo me c’era, si sarà commosso e divertito: per gli umori della piazza, dove sventolavano bandiere di calcio e di partito, e si sentivano cori da stadio su «chi non salta comunista è» trasmessi in religioso silenzio dalle tv. Ma soprattutto per il passaggio del feretro davanti al Palazzo di Giustizia — il Palazzo di Giustizia, dico — con le bandiere a mezz’asta in suo onore. Maniaco della precisione com’era, si sarà magari arrabbiato per qualche piccola sciatteria dell’organizzazione. Per esempio, il segnaposto sulla sedia riservata in chiesa alla ex moglie recava scritto «Veronica Bartolini», improbabile incrocio tra il vero nome, Miriam Bartolini, e quello d’arte: Veronica Lario. Si sarà però ringalluzzito nel vedere che in piazza c’era una sola voce critica: una signora con la maglietta bianca e lo slogan «Non sono in lutto». Avrà pensato che tutti gli altri detrattori fossero finalmente passati dalla sua parte. O invece che lo avevano già dimenticato? No, questo avrà preferito non pensarlo affatto.
Dentro e fuori dal Duomo c’erano le sue tantissime Italie, una miscela inedita e irripetibile di ministri e centravanti, imprenditori e conduttrici, seguaci in tacco dodici e tifosi vari. Di mondo invece ce n’era pochino, praticamente solo l’ungherese Orbán e l’emiro del Qatar. L’assenza dell’establishment occidentale lo avrà offeso, ma non stupito: non poteva certo aspettarsi Sarkozy, Angela Merkel o «mister Obamaaa» in prima fila. Anzi, avrà considerato la loro latitanza come la prova provata che, per quanti imitatori abbia avuto all’estero, la sua complessa natura di «re multitasking» è stata percepita come tale soltanto in Italia. Però qui l’hanno percepita davvero tutti. Persino l’arcivescovo di Milano, monsignor Delpini. La sua magistrale omelia può essere letta per dritto e per rovescio: come un omaggio sincero ai talenti del defunto, ma anche come una riflessione critica sull’«uomo d’affari che, dovendo fare affari, forse si dimentica dei criteri». Chissà come l’avrà presa lui. Di sicuro non gli sarà dispiaciuto il passaggio in cui Delpini loda la sua voglia di vivere «senza troppi pensieri né inquietudini», che è l’immagine, non sappiamo quanto reale, che Berlusconi ha sempre voluto diffondere di sé. E da appassionato della grande Storia, o comunque dei riassunti che gliene faceva il colto Confalonieri, sarà stato lusingato dal riferimento finale al personaggio potente che, terminata la sua esistenza terrena, si presenta da semplice uomo davanti a Dio: più o meno le stesse parole rivolte, nella basilica porziana di Milano, da Sant’Ambrogio all’imperatore Teodosio.
C’è poi un aspetto della cerimonia che lo avrà colpito, forse sorpreso, sicuramente inorgoglito: la sua sobrietà, così lontana dal modello che nei decenni ci siamo abituati a etichettare come «berlusconiano». I figli erano assorti, composti, impeccabili. E anche chi non riusciva a nascondere i segni del dolore, come la compagna Marta e la primogenita Marina (la loro camminata sul sagrato mano nella mano è l’immagine simbolica della giornata) trasmetteva un senso di misura e dunque di sincerità. L’unico gesto, per così dire, «volgare» è arrivato dai tanti politici che in chiesa hanno sguainato il telefono per riprendere il passaggio della bara lungo la navata centrale. «Forse si aspettavano che saltassi fuori», avrà commentato lui. E non è mica ancora detto che non lo faccia.
Illegibile !
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mattarella è complice di questa disfatta alla democrazia e inutile dire che è come napolitano i peggiori in assoluto
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Voglio sognare: le bandiere a mezz’asta del palazzo di giustizia stanno a significare la morte della legge, della verità e dell’onestà. Morte da tempo, grazie a magistrati corrotti, collusi e insipienti e grazie anche a lui che ha rappresentato il delirio di onnipotenza, prendendosi tutto, anche la giustizia.
I miei fari sono stati, sono e saranno sempre Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e tanti altri che hanno eliminato e che possiamo e dobbiamo solo piangere e ricordare.
Sono di un tempo nel quale si sognava, come sognarono loro:”Un giorno questa terra sarà bellissima”.
Non sono morti, non moriranno mai 🙏
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