(di Milena Gabanelli e Simona Ravizza – corriere.it) – L’assistenza a 3,5 milioni di anziani non autosufficienti che vivono in casa è la vergogna d’Italia, che complessivamente coinvolge 10 milioni di persone considerando anche i familiari e gli operatori sociosanitari dedicati. Un problema che però non è mai stato in cima all’agenda politica di nessun governo. Finalmente dopo 26 anni dal primo tentativo, 17 proposte finite nel nulla e a tre anni dal suo annuncio, il 23 marzo 2023 viene approvata la riforma (Legge 33) su pressione della società civile con il Patto per la non autosufficienza che raggruppa 50 associazioniL’Austria l’ha fatta nel 1993, la Germania nel 1995, il Portogallo nel 1998, la Francia nel 2002, la Spagna nel 2006. Vediamo cosa cambierà e quali sono i passaggi che ancora mancano per aiutare davvero chi oggi fa una vita d’inferno (qui il Dataroom del maggio 2022 dedicato al percorso tortuoso della riforma).

A chi bisogna rivolgersi: prima e dopo la riforma/1

Prendiamo i tre principali aiuti di competenza statale che vengono erogati dall’Inpsl’invalidità civile per chi è cieco, sordo o ha un’ autonomia limitata che serve per accedere ai benefici economici come le pensioni, ma anche per l’esenzione dal ticket, le protesi e gli ausili; l’indennità di accompagnamento per chi non è in grado di alzarsi, lavarsi e vestirsi da solo che dà diritto a 527 euro al mese; e i benefici collegati alla legge 104, cioè i permessi o i congedi per chi ha un familiare disabile a carico.

Esempio che può sembrare paradossale: una invalidità civile al 100% non dà automaticamente diritto all’indennità di accompagnamento che è sempre indipendente dal reddito. Così dopo avere fatto la trafila all’Inps per ottenerla, per avere anche i 527 euro mensili bisogna: rivolgersi al medico di famiglia che fa una certificazione; inviarla all’Inps per ottenere un codice identificativo; fare una visita medica all’Asl; presentare la domanda (via web o patronato). Il caso viene poi esaminato da una commissione presieduta da un medico Inps che rilascia il verbale di indennità civile; segue infine la compilazione del modulo AP70 che consente di ricevere dalla stessa Inps l’indennità di accompagnamento (qui il Dataroom del maggio 2021 dedicato all’odissea tra sportelli e uffici).

Con la riforma ci sarà l’introduzione di una Valutazione nazionale unica che garantisce l’accesso in simultanea a tutte le prestazioni di competenza statale di cui un non autosufficiente ha diritto in base alla sua gravità: la VNU sarà eseguita da parte di équipe comparabili alle attuali commissioni Asl che avranno una sede facilmente identificabile.

Assistenza domiciliare: prima e dopo la riforma/2

Oggi per gli aiuti di competenza locale che sono l’infermiere a casa (assistenza domiciliare integrata, conosciuta Adi), l’accesso a strutture semidiurne, le protesi e pannoloni bisogna fare ancora altre domande a commissioni diverse anche se il referente è sempre l’Asl; e per i voucher per l’assistenza domiciliare del Comune (Sad) è necessario rivolgersi ai Servizi sociali. Invece con la riforma la Valutazione nazionale unica sarà trasmessa in via informatica alle Unità di Valutazione Multidimensionale locali, ossia a presidi territoriali a cui il cittadino potrà rivolgersi per attivare i servizi necessari senza ulteriori adempimenti, documenti o nuove valutazioni. Per l’anziano non autosufficiente vuol dire finirla di peregrinare tra i vari sportelli. E questo non costa un euro in più.

Aiuti economici: prima e dopo la riforma/3

Oggi un anziano con demenza che deve essere monitorato h24 a causa dei suoi problemi comportamentali riceve gli stessi soldi di chi ha bisogno di aiuto nelle attività di base della vita quotidiana come alzarsi, lavarsi e vestirsi. Con la riforma sarà dato di più a chi ha più bisogno partendo dalla cifra minima di 527 euro al mese. Inoltre in alternativa potrà scegliere al posto dell’indennità di accompagnamento di farsi pagare la badante assunta regolarmente e in questo caso la cifra che riceverà dovrà essere più alta (la somma è ancora da definire). Il numero di badanti oggi oscilla intorno al milione: il 40% è occupato regolarmente, mentre il 60% è irregolare. Il beneficiario potrà sempre modificare l’opzione scelta.

Cosa manca

Ma non è ancora finita. Perché gli anziani non autosufficienti possano avere un’assistenza adeguata sono necessari almeno altri due passaggi fondamentali. Uno: entro gennaio 2024 devono arrivare i decreti attuativi altrimenti la riforma resta solo sulla carta. Due: vanno definiti i nuovi importi per l’assegno di invalidità e per pagare la badante. E qui invece servono i soldi che dovranno essere stanziati a partire dalla Legge di bilancio 2024. Oggi, comprese le case di riposo, la spesa è di 21 miliardi l’anno. I dati Eurostat ci dicono che in media spendiamo 270 euro l’anno per un non autosufficiente contro una media Ue di 584. La stima è che servono 5-7 miliardi aggiuntivi a regime.

Con il Pnrr l’Ue ci darà 2,72 miliardi di euro per contribuire ad assistere a casa con l’assistenza domiciliare integrata di qui al 2026 altri 806.970 non autosufficienti (il 10% degli over 65 contro il 6,2% di oggi pari a 858.722). Ma oggi l’80% riceve tra 1 e 3 accessi mensili di un infermiere, evidentemente insufficienti. Bisognerà dunque riformare l’assistenza domiciliare dell’Asl integrandola con quella dei Comuni. I nostri nonni, mamme, papà, zie valgono meno di quelli del resto d’Europa? Se la risposta è no, presidente Meloni, ministra Calderone e ministri Giorgetti Schillaci, trovate i soldi e intestatevi questa riforma.

Dataroom@corriere.it