(Giuseppe Di Maio) – Uno dei segni distintivi del pensiero sinistrorso è l’incapacità di cogliere la realtà del popolo: l’oggetto della politica, delle speculazioni, delle ideologie. Dal canto suo la destra è molto più sbrigativa: a volte semplifica eccessivamente, ma coglie sempre la natura profonda dell’umanità, quasi sempre i suoi aspetti peggiori, e lancia i suoi messaggi alle masse ignoranti tralasciando le élite del pensiero critico, inutili ai progetti del potere. L’idea che circola ultimamente tra i migliori commentatori della sinistra è che il popolo reazionario sia sorto per effetto della globalizzazione, per l’insicurezza che essa crea tra le classi medie, per la demolizione delle certezze sul mercato del lavoro e sul Welfare. Questa convinzione attribuisce alla paura il voto dato alle destre, le quali offrono all’elettorato un ritorno nostalgico ad un passato sicuro in cui erano assenti i rigori attuali dell’economia e della società. La visione ha un indubbio fondamento ma non spiega tutta la natura reazionaria.

Quando dai partiti della prima repubblica (archiviati in parte da tangentopoli, ma di più dalla legge elettorale maggioritaria) furono liberati i loro elettori tradizionali, l’Italia si trovò presto con una nuova composizione del consenso. Le elezioni del ’94 dimostrarono tutta l’inadeguatezza del pensiero sinistroide, che non riusciva a percepire nemmeno la realtà del proprio elettorato. Quanti erano ad esempio i razzisti che votavano PCI? Quanti conservatori con nostalgie di autoritarismo votavano DC? Una volta persi i contenitori abituali che si erano liberati intanto dai loro legami ideologici, gli elettori furono liberi di riaggregarsi in nuove proposte politiche che con la legge maggioritaria includevano anche le ali estreme del parlamento. Fu allora che nacque l’egemonia delle destre.

Il loro elettore attuale è un cittadino che non tollera la regola e i concorrenti sociali, esattamente come nella prima repubblica, ma ora sa che i suoi riferimenti politici lo favoriranno in questa sua insofferenza. Non è solo impaurito dalla globalizzazione, ha anche un preciso obiettivo sociale sorto dalle mitologie del Capitale: diventare ricco e diffidare delle conquiste collettive. Che siano leghisti, fascisti, o liberisti, il risultato non cambia, i reazionari si sentono tutti accomunati da un unico scopo: badare ai fatti propri e guadagnare gradini di ceto. Essi hanno fiducia nelle loro qualità naturali, e non credono alla razionalità delle regole comuni. Questo dimostra che c’erano anche prima. Ma ciò che è cambiato in questi ultimi 40 anni è la proposta politica: l’adeguamento sempre più preciso alle esigenze di un popolo già educato dalla società capitalista. E’ così che sono sorte le istigazioni contro i “poveri comunisti”, “prima gli italiani, e “il pizzo di Stato”. Dal canto suo la sinistra si è nascosta. Si è annacquata, ha demolito le sue idee, e sta combattendo l’unica forza che tenta di farle rinascere. Ma questa è un’altra storia.