Ricercatori ed esperti sono convinti che la convergenza tra quantum computing e intelligenza artificiale potrebbe portare a scoperte senza precedenti

(di Luca Tremolada – ilsole24ore.com) – Che fine ha fatto il computer quantistico? È vivo e lotta assieme a noi, verrebbe da rispondere. Perché se è vero che l’intelligenza artificiale generativa ha in qualche modo occupato tutti gli spazi dei notiziari di tecnologia (e non), la corsa al qubit non ha subito battute d’arresto. Ed è un bene. È di pochi giorni fa infatti la notizia dell’investimento da 100 milioni di dollari nell’arco di dieci anni di Ibm per realizzare, in partnership con le università di Tokyo e di Chicago, un supercomputer quantum-centrico da 100mila qubit. Con questa macchina, dichiarano gli uomini di Big Blue, si vorrebbero affrontare alcuni dei problemi più urgenti del mondo, che anche i supercomputer più avanzati di oggi potrebbero non essere in grado di risolvere.
Solo alcuni mesi fa, alla fine di febbraio, Google sulla rivista Nature ha spiegato di avere trovato un modo per correggere gli errori del computer quantistico. Il risultato è definito dagli stessi ingegneri di Mountain View una «pietra miliare scientifica» perché la correzione degli errori nell’informatica quantistica, a differenza di quanto avviene nei computer tradizionali, è un passaggio di estrema importanza per poter mettere a punto una macchina quantistica effettivamente utilizzabile. Anche in Italia qualcosa si è mosso. L’Università degli Studi di Napoli Federico II ha avviato una collaborazione con l’americana Seeqc per lavorare al primo full-stack quantum computer.
Ma l’aspetto più interessante è il lavoro sulla matematica. Nelle università si continua a studiare come gli algoritmi quantistici possono essere eseguiti su questi nuovi hardware. Quella che viene definita l’Intelligenza Artificiale Quantistica è di fatto la nuova frontiera. Quella più lontana ma più promettente. Gli esperti, quelli veri che lavorano in questi campi, sono tutti piuttosto convinti che la convergenza tra quantum computing e intelligenza artificiale potrebbe portare a scoperte senza precedenti. L’apprendimento automatico quantistico, una fusione di calcolo quantistico e intelligenza artificiale, potrebbe potenzialmente accelerare il processo di apprendimento dei sistemi di intelligenza artificiale.
Le ricadute, come spiegano i ricercatori del Cnr, vanno dalla salute all’aerospazio, all’ottimizzazione dei processi industriali. In particolare, alcuni risultati positivi arrivano nella risoluzione di sfide complesse legate all’ottimizzazione come per esempio la pianificazione degli itinerari, la gestione dei fornitori e la gestione del portafoglio finanziario. In questi ambiti la capacità unica del quantum computing è quella di trovare rapidamente la soluzione ottimale analizzando enormi quantità di dati eterogenei. Il potenziale è enorme. Forse addirittura più grande dell’Ai generativa.
Quello che è fuorviante è la parola “intelligenza” artificiale.
Le definizioni sono negate in questo mondo fatto di spirito e di emozione: la parola “giusta” è quella che emoziona,che crea una immediata risposta pavloviana e non quella che identifica, si riferisce a determinate specificità permettendo una comprensione comune. Una delle difficoltà dei nostri tempi, è proprio il perdersi del linguaggio nel suo significato proprio e sostituirlo con parole emotivamente evocative: il totalitarismo dei nostri giorni su questa ambiguità si regge.
Se intendiamo l’ intelligenza prima di tutto come coscienza di sè e come comprensione del mondo, con l’ AI non ci siamo proprio, e non ci saremo per un bel pezzo. Più speranze ci sono nel computer quantistico, semplicemente un supercalcolatore. Anche la cosiddetta AI è generata da un calcolatore: due calcolatori dunque. E gli infiniti dati elaborati ce li ha pur inseriti qualcuno.
“No, li prende da sè” mi dicono gli improvvidi. E da dove?
Calma e gesso dunque. Già usando il linguaggio e chiamando il computer (ormai una parola magica: farte una prova, chiedete a più di qualcuno il significato della parola… avrete sorprese… sorprendenti) “calcolatore” o “macchina calcolatrice” ( a volte l’ Italiano aiuta) più di qualcosa si chiarirà.
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Buongiorno,
Sig.a Carolina mi complimento con Lei, per quel che vale.
E’ riuscita a dire una tale quantità di sciocchezze in poche righe che se esistesse un ‘cazzatometro’ lo avrebbe fatto andare fuori scala.
Non basterebbe una intera biblioteca anche non digitale per enumerale.
E poi spiegarle.
Quando non si conosce NULLA di quel che si parla è meglio tacere.
Non basava la quantità industriale di scemenze scritte dall’autore dell’articolo che dovrebbe farlo di mestiere.
No, doveva aumentarle Lei.
All’esplodere dei casi, singolarmente e a gruppi, diversi paesi al mondo lanciarono un allarme che si può sintetizzare così :
non ce la facciamo, da soli ogni singolo solo non ce la fa. Non abbiamo la infrastruttura tecnologica per contrastare un fenomeno mai accaduto prima con queste proporzioni, non sappiamo dove sbattere la testa.
Una dei maggior player tecnologici, IBM, raccolse l’appelo e cominciò a mettere a disposizione quantità innumerevoli di propria tecnologia telematica irradiando nel mondo telematico lo stesso appello. Prese le redini di organizzazione primaria un altro player, Hewlett Packard, e si realizzò un miracolo che faceva il paio con la straordinarietà di quella che stava diventando pandemia.
Un innumerevole quantità di altre ditte private, università, istituti di ricerca, singoli, professionisti, autorità sanitarie col loro specifica parte tecnologica sia in ambito sw che hw nonché ibrido, allungarono il giro, alcune in altre faccende addirittura concorrenti tra loro.
Alcune anche residenti in paesi che erano in conflitto, che si facevano la guerra.
Non era mai capitato prima.
Ognuna di queste, proporzionalmente alle proprie dimensioni, mise a disposizione infrastrutture senza chiedere nulla in cambio, infrastrutture che sarebbero state utilizzate come avvenne dalla parte scientifica della ricerca globale che da sola non avrebbe mai potuto auto possedere.
L’intera organizzazione prese il nome di Consortium e l’intera organizzazione nonchè progetti, dotazione, lavori and so può essere consultata da qui:
https://covid19-hpc-consortium.org/
E per verificare la quantità di scemenze questo è l’inidirizzo nello stesso sito del progetto che ha prodotto i risultati utilizzando A.I. tramite computer quantistici.
il rePOR
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segue…
https://covid19-hpc-consortium.org/projects/5f60f47b165888007deb5b8a
il report finale è sintetizzato qui
extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://s3.us-south.cloud-object-storage.appdomain.cloud/covid-19-hpc-object-storage-production/Alamgir_BIO_200020_Final_Report_57d7060974
ed all’interno si trova il documento specifico some studio esposto come print preview.
https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.03.22.21254110v1
La conosce la differenza tra un calcolatore ed un elaboratore in termini anche solo fisici ?
Ne ha mai visto uno?
Ha compreso la differenza tra Intelligenza Artificiale (I.A.)
e
Artificial Intelligence (A.I.)?
Pensa che sia la traduzione in lingua.
Saluti
Senior systems Engineer
stefano tufillaro
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solo un’aggiunta.
Il consorzio come potrà leggere in alto a destra NON ha chiuso. Sta continuando ad operare sui progetti che può leggere in alto a destra utilizzando la potenza di fuoco espressa in termin ologia terminale.
Questo per farle toccare con mano prenda la sua fantasia un supercalcolatore che fa e l’alto che fornisce i dati.
Questa fantasia non era vera già almeno venti anni fa.
Gli elaboratori NON vivono da soli ma insieme ad apparati che senza essere computer elaborano.
La rete delle reti è composta per quasi il 97% da apparati e impianti tecnologici che nulla hanno a che vedere con i computer.
E non scambiano DATI,
Bensì algoritmi che generano altri algoritmi e se serve inventando “dati fittizi”.
Non se li portano dietro perchè già lo sanno. Ma prima del primo passaggio, ammesso che avvenga in sequenza e mai in parallelo, già hanno generato algoritmi per comprimere, ottimizzare, nascondere, criptare, codificare e tanto altro gli algoritmi stessi.
Ma anche se stessi qui a spiegarle la rava e la fava non basterebbero 40 anni.
L’A.I. inventa algoritmi ed è, purtroppo, già autonoma in moltissimi casi.
Bisognerebbe lavorare profondamente per almeno limitare questa autonomia.
Ma forse non basteranno almeno altre due generazioni perchè quelle attuali, a livello mondiale, anche se dotate della massima capacità intellettiva possibile, non possono fare altro che studiare, opporsi e passare il testimone alle altre.
La locomotiva non fu compresa dalle menti del tempo che avrebbero voluto continuare ad utilizzare cavalli e carri.
Non avevano compreso che non era solo spalare carbone per mantenere la fiamma che faceva la differenza tra fornire biada e acqua.
Furono superati quasi geneticamente.
Senior systems Engineer
stefano tufillaro
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Gentile @tuifillaro.
Veramente difficile dialogare con qualcuno che ti sbatte in faccia per ben due volte la propria qualifica e ti attacca con tanta maleducata ironia, non le pare?
E soprattutto mentre si fanno due chiacchiere tra amici – purtroppo troppo spesso interrotte dagli insulti,- senza cercare di insegnare alcunchè ad alcuno ed esprimendo solo un proprio, criticabilissimo, e certamente limitato parere.
Altrimenti penso che lei abbia sbagliato blog, e la sua verve troverebbe migliore sbocco un un blog per addetti ai lavori e non qui.
Detto questo mi pare che stiamo parlando di due cose differenti: lei dell’ aspetto tecnico, io da quello… storico/filosofico della questione.
Abbia pazienza di seguire il mio poverissimo ragionamento .
Nei suoi post lei cita la collaborazione tra Stati nel monitorare l’ andamento del Covid. Certamente, per chi vi ha lavorato qualcosa di meraviglioso, mai successo prima (per quanto…) che ha fatto certamente fare un grosso passo in avanti alla tecnologia utilizzata. Tutto bene, tutto bello.
Vediamo un po’ la concretezza sul campo, cioè il rapporto costi/benefici.
Immagino costi immensi: tecnologia, addetti, ore di lavoro, energia…
Risultati?
Leggendo il report della Commissione Covid di the Lancet (ma anche guardandoci… in giro) , la mancaza di informazioni tra Stati ( ma come? Non si era tutti meravigliosamente connessi?) è stata solo una dei tanti fallimenti degli Stati nei confronti del perdurare della Pandemia. Tutte le altre, e ben più importanti, impattanti sulla vita e (sulla morte) dei cittadini del mondo intero, sono state azioni – anzi, non azioni – “analogiche”, terra terra. Dal voler “salvare” le vacanze in un momento in cui, tenendo duro con le restrizioni i contagi erano stati quasi azzerati, ai SSN impreparati, ai Governi più attenti all’ economia che alla salute. Insomma, trova tutto qui:
Fai clic per accedere a allegato1663326301.pdf
Capisco che l’ “impresa” sia foriera di un futuro magnifico e progressivo, ma diciamo che, per ora…
Al suo esempio della macchina a vapore vorrei aggiungere quello della “scoperta” della radioattività. Furono i coniugi Curie stessi a dare il proprio contributo alla commercializzazione di cosmetici radioattivi, contenenti Torio e Radio. Sbiancavano la pelle da dio..
Le creme non furono l’ unica applicazione della radioattività in commercio, ma ben presto ci si accorse delle… cappelle ( eufemismo) e gli isotopi radioattivi trovarono esclusiva applicazione in campo medico e nella creazione di energia. Ed ora, ormai obsoleti nella forma “classica” , se ne sperimenta nuove possibilità. Una dei “limiti” (per ora) della fusione è proprio nel rapporto costi/benefici: quanto denaro, quanta energia, quanto tempo, quanto lavoro, quanta “spazzatura” verrà creata nella costruzione di una centrale, in un Mondo tra l’ altro tanto… mutevole?
Il gioco – oltre all’ “avventura” scientifica che inorgoglisce e eccita tutti noi – varrà la candela?
E’ questo l’ interrogativo da porsi: non è la prima volta che progetti ambiziosissimi sono stati – per amore o per forza, leggi mancanza di soldi oppure risorse obbligatoriamente trasferite altrove (guerra?), oppure entusiasmi troppo presto suscitati – abbandonati.
Il Rasoio di Occam prescrive di scegliere sempre la spiegazione più semplice, la via più “corta”. Tra due punti la retta è preferibile alla spirale. Davvero gli algoritmi “generanti” sostituiranno il cervello?
Un esempio: L’ UE sta finanziando con circa 50 milioni di euro l’ anno lo Human Brain Project (Hbp) che attualmente coinvolge più di 120 Istituzioni di ricerca. Dal 2015 il laboratorio di calcolo parallelo Ape dell’ Infn e’ entrato con l’ esperimento Wavescales che studia i ritmmi cerebrali nei diversi stati e la transizione sonno/veglia, simulando in un modello talamo- corticale gli effetti benefici del sonno profondo e dimostrando il funzionamento di due processi che avvengono durante il sonna: la creazione di nuove associazioni, il riequilibrio delle connessioni tra neuroni.
Le differenze tra una simulazione cerebrale completa e il cervello umano? Il sistema nervoso umano contiene 100 miliardi di neuroni, connessi tra loro da parecchie decine di migliaia di sinapsi che modificano la loro forza in una rete la cui struttura dipende dalla selezione naturale, evolutiva, (una lunga pazienza cieca di miliardi di anni ) e dalla storia , individuale e della specie, vissuta dal cervello dell’ individuo. Più di un milione di miliardi di sinapsi che “funzionano” con poche decina di Watt. Quanta energia per una macchina di pari potenza? Una intera centrale elettrica dedicata?
Insomma, nessuna paura per quanto mi riguarda: alla fina c’è sempre l’ uomo che può… staccare la spina, cambiare qualche Piuxel all’ immagine (ed il cane non viene più riconosciuto come tale) o verificare che alla comprensione della sorprendente complessità della vita, con tanto di farfalla che batte le ali in Brasile, la strada è ancora lunga. E che nessuna “macchina” tra virgolette, sa ancora neppure avvicinarsi alle performances comprensive, creative, interpretative che inducono l’ apprendimento del Mondo di un bimbo di pochi anni.
Piuttosto il problema è un altro: a forza di parlare di “intelligenza” senza mai definirla , le macchine stanno influenzando il modo in cui pensiamo l’ intelligenza.
Le nuove tecnologie hanno sempre ispirato nuove teorie psicologiche, e non c’è nulla di male in questo a patto che si riconosca l’ ideologia per quello che è e che non la si confonda con il dato reale: la tendenza umana ad antropomorfizzare può indurre molti ad attribuire l’ intelligenza umana ad entità non umane.
Questo è il vero rischio, a mio parere, ma il discorso sarebbe troppo lungo e “filosofico”…
Ad maiora.
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È già passato il giorno e non credo Carolina che leggerai questa mia intromissione, volevo solo dirti, come te, da profano, questa intelligenza artificiale applicata alla quantistica fa veramente paura. Ti faccio solo un esempio terra terra ma che può renderti l’idea: fino ad ora con il sistema binario si conoscevano solo due stati, zero (chiuso) e uno (aperto), e vedi tu con questi codici esadecimali che cosa sono riusciti a fare in informatica (compreso il famigerato Chat GPT4), ora in quantistica c’è la possibilità di un terzo stadio ne aperto, ne chiuso, come una riflessione, un forse…Considera quindi che la macchina emula il pensiero umano, questo, ripeto detto molto rozzamente ma per darti l’idea di quello che potrà fare…Da far tremare i polsi…Vabbè, se leggerai…Salute!
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La macchina non “emula” il pensiero umano, almeno per ora!
E’ presto per mettere il carro davanti ai buoi.
In un altro contesto, sono quasi 10 anni che si parla dell’ imminenza dell’auto a guida automatica. Doveva essere una questione di mesi …
Quante ne vede in giro?
La propaganda però è in moto da un pezzo: l’ IA ci dirà cosa fare e noi dovremo ascoltarla e seguirla: il cervello umano è un computer inferiore che dovremmo rimpiazzare con gli algoritmi ogni qualvolta sia possibile. Dobbiamo solo aspettare un po’ che l’ IA diventi più intelligente: stranamente non si dice mai che anche gli umani hanno bisogno di diventare più intelligenti!
A monte del discorso “tecnico” c’è quello “filisofico” ( brutta parola: di questi tempi ci viene in mente… Galimberti, mica Kant…). Non abbiamo bisogno nè di paternalismo nè di panico tecnofobico. Occorrono cittadini atttivi e informati: il rischio di accettare lo storytelling negativo secondo cui l’ IA batte gli umani e lasciare che le Autorità attraverso le macchine “ottimizzino” le nostre vite nel modo che preferiscono cresce giorno dopo giorno. Già quello che viviamo è derubricato a mera “percezione”, figurarsi dopo!
L’ IA funziona in un mondo “stabile”: in situazioni instabili (il comportamento umano, ad esempio) , ciò è difficilmente possibile. Se il futuro è diverso dal passato raccogliere (anche autonomamente) e analizzare dati di grandi dimensioni – che vengono attinti sempre dal passato – può portare a false conclusioni. Nel momento in cui entra in gioco il comportamento umano, appare l’ incertezza o i problemi non sono mai ben definiti, o si verificano entrambe le cose, le predizioni diventano difficili.
Ancora per molto, temo. O spero, scelga lei.
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Spero…Saluti
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