(Raffaele Pengue) – Mi chiedete perché non scrivo più di Guardia. E lo fate per lo stesso motivo per il quale vorrei scrivere di più anch’io: per appartenere alla stessa idea di comunità. Ma mi è sempre più chiaro che di quello che pensiamo e facciamo non freghi niente a nessuno – specialmente fra quelli che in questo paese contano e decidono -, che non serva. E poi, cosa scrivere a una “cosa” che non c’è più? Siamo solo cittadini che al bar davanti a un caffè, si domandano che ci facciamo qui. Io ho troppa esperienza e troppi anni sul groppone ma vi giuro che questo senso di totale impotenza non l’avevo mai provato. Cerco di rispondermi che fino a quando si è giovani si può sperare nei tempi che verranno e alla mia età non si può più fare perché qualsiasi tempo è scaduto, ma non è per questo. Non solo, per questo.

Pensavamo a quanto sarebbe stato interessante prendere parte alla rivalutazione di questa terra di bellezze e di rovine, di fascino e di mistero, amara e bella: poi ci rendiamo conto che Guardia altro non è che un paesucolo qualunque, un mondo che è scomparso per sempre.

Pensavamo che bastasse piantare un palo di metallo già arrugginito all’ingresso del paese e affiggerci un cartello: “città del vino”, “cento comuni d’Italia””, “borgo…” e il centro abitato non più paese ma borgo, divenuto contenitore più che contenuto.

Pensavamo che poche decine di simpaticoni stranieri annoiati, un migliaio di “avvinazzati” durante in una settimana d’estate e le cantine a fargli assaggiare i marchi dell’autenticità, due o tre B&B e qualche ristorantino “slow” significasse far vivere un paese spopolato. Quello riempirà semmai un vuoto fisico, ma rimarrà il vuoto antropologico, ciò che fa di un paese un paese.

Pensavamo che con la nuova gestione amministrativa il “vuoto” socio-culturale divenisse un nuovo “pieno”: poi scopriamo che non c’è niente e nessuno che possa farci credere in un cambiamento (il cambiamento non è un pranzo di gala, ma un aperitivo vegano). Sempre le stesse leziosità e moine, da sentirsene nauseati, la stessa incompetenza, lo stesso familismo, lo stesso falso e viscido moralismo, lo stesso clientelismo, lo stesso affarismo di sempre… Insomma invece del cambiamento ognuno fa quando vuole come vuole quel che gli pare. E tutto va bene così. Nessuna speranza, nessuna idea da condividere e coltivare. E forse è perfino peggio di così: non ce l’abbiamo nemmeno più, le idee. Niente. Un cazzo di niente.

Pensavamo ci sarebbe stata una nuova politica, ma la politica (se così si può definire) la fanno gli uomini e le donne e se sono quelli sbagliati diventa solo un iter procedurale, un tramite burocratico per riscuotere le tasse, asfaltare una buca, sostituire una lampadina, oppure soltanto per applicare decisioni già prese altrove.

Pensavamo che la suddetta politica del cambiamento avesse più coraggio, ma in questo paese il coraggio ha un prezzo che la politica non si può permettere. Così come pensavamo ci fosse almeno una opposizione: i guardiani della verità, o almeno dell’onestà intellettuale. Certo, come no. Se nell’ultimo ventennio non avesse ridotto il paese allo stremo, per servire, in un rito di quasi beatificazione, il suo padrone, sarebbe da seppellire con una risata.

Pensavamo e confidavamo nell’opinione pubblica guardiese, peccato che molti (troppi) guardiesi non siano in grado di distinguere la commedia fiction dalla realtà dei fatti! Sordi e ciechi, appagati di appartenere alla ristretta cerchia dei salvati. Per molti di loro purtroppo vale il detto di Flaiano: “Se i culi dei potenti fossero di carta vetrata, sarebbero quasi tutti senza lingua”.

Avevamo capito. Eppure un tempo, neppure troppo lontano, ci intendevamo, accomunati dalla lingua della medesima tribù. Veniva a tutti spontaneo, naturale, opporsi a ogni forma di abuso e prepotenza. Oggi invece l’opinione dei cittadini sembra essere ridotta a una melensa posizione di comodo, le poche parole critiche denigrate a banalità, così da rendere fallimentare qualsiasi tentativo di risveglio delle coscienze, affinché abbiano almeno il dubbio che un’alternativa sia possibile e perseguibile!

Il punto è: cosa facciamo adesso di questo paese? Che senso ha allora occuparsi ancora di Guardia? Che senso ha? Non è, in definitiva, una scelta di retroguardia stare a osservare? La verità è che siamo irrimediabilmente stupidi… e c’è sempre qualcuno in questo paese che è in grado di capire la nostra stupidità, le nostre paure e il nostro odio, e di sfruttarle…