(Massimo Gramellini – corriere.it) – Anche se ogni fatto di cronaca contiene sempre (e per fortuna) un elemento di eccezionalità, lo studente di Abbiategrasso che accoltella la professoressa di Storia perché la vive come una nemica mette in evidenza due corollari della fragilità contemporanea, non solo giovanile: la paura del giudizio e la ricerca ossessiva del capro espiatorio.

Intendiamoci, in ogni epoca gli esseri umani hanno cercato di attribuire a qualcun altro la responsabilità delle cose spiacevoli che li riguardavano. Però l’ambiente circostante contrastava questa loro tendenza. Adesso invece la asseconda. Si fa sovente l’esempio dei genitori che un tempo davano ragione all’insegnante del figlio e mai al figlio, ma lo schema può essere applicato a qualsiasi altro ambito. Respiriamo un clima di complotto costante che giustifica e quasi reclama l’esistenza di una congiura ai nostri danni.

Prendiamo i politici: qualunque cosa li infastidisca è colpa di chi c’era prima, o di qualche cupola che trama nell’ombra all’unico scopo di distruggerli. Un atteggiamento mentale che riguarda e incarognisce tutti, a cominciare da chi lascia la macchina in seconda fila e si arrabbia se glielo fai notare perché la colpa non è sua, ma del sindaco che non costruisce i parcheggi.

La scuola è inevitabilmente il luogo più sensibile e l’insegnante il bersaglio perfetto su cui sfogare il proprio disagio di vivere e di accettare la dura realtà: che nessuno complotta contro di noi, tranne talvolta noi.