(Beatrice Dondi – espresso.repubblica.it) – Sono lontani i siparietti di devozione di Emilio Fede quando, agitando mani e polsini saltellava da un elogio all’altro nei confronti dell’allora premier Berlusconi. Ma per ogni lacrima di nostalgia che scende, c’è una soddisfazione televisiva che sale.

L’ultima è firmata Andrea Giambruno, volto curato di Rete 4, che dopo una brevissima pausa decisa per ovvie questioni di opportunità, ha pensato che fosse il momento giusto per tornare davanti alle telecamere perché in fondo, essere il compagno di Giorgia Meloni non poteva di certo inficiare il suo giudizio equidistante.

Così ha ripreso le redini del “Diario del giorno”, talk in cui si mostra vestito esclusivamente di blu Cina neanche si fosse per assurdo rivolto a un’armocromista. E da lì analizza con i suoi ospiti le abili capacità del governo.

A volte il collegamento emozionato viene facile, che so, il video spot del premier (rigorosamente al maschile): «Siamo in grado di fornirvi in anteprima le immagini, ve le diamo prima degli altri e sono quasi in esclusiva». Altre è più complesso, per esempio l’incoronazione di re Carlo III, ma basta entusiasmarsi per la visita di Meloni alla blindatissima Westminster e il gioco è fatto.

Da giorni invece si parla di lavoro, perché il bisticcio con Landini sul Primo Maggio non gli è proprio andato giù: «Non capisco, mi aspettavo gaudio per questi provvedimenti del governo, altro che il sindacato che fa gli interessi solo degli iscritti».

D’altronde lo sanno tutti, il lavoro abbonda e chi si lamenta è perché sta all’opposizione.

Giambruno sembra un telecronista che si scalda per un gol, sbuffa sui commenti non allineati e se l’irritazione sale, tamburella la penna su un tavolino di metallo con un effetto brusio molto piacevole per i fonici. La provocazione in potenza è il suo vezzo («Per non essere provocatorio, vorrei fare una domanda provocatoria ma è meglio di no, non per essere provocatorio» e così via) ma il giornalismo è il suo mestiere. E quando sottolinea «Non mi fate parlare che sennò mi dicono che sono di parte» diventa impossibile non credergli.