“MALEDETTE IENE” – L’incendio a Milano. Torre dei Moro. I rivestimenti presero fuoco, il grattacielo diventò un’enorme torcia. Per i pm, chi lo realizzò puntò a risparmiare meno di 1 al mq, ma le case si vendevano a prezzi stellari

(DI MARIO GIORDANO – ilfattoquotidiano.it) – Di seguito un estratto del libro di Mario Giordano intitolato “Maledette iene”, edito da Rizzoli, da domani nelle librerie

Meno di un euro. 95 centesimi. Volevano risparmiare 95 centesimi a metro quadrato. E così la Torre dei Moro di Milano è andata a fuoco come una torcia. Era un pomeriggio di fine estate, 29 agosto 2021. La vita di ottantadue famiglie è stata messa in pericolo. La vita di centocinquanta persone è stata rovinata. Però, ecco, i costruttori hanno risparmiato 95 centesimi a metro quadrato. Quando nel dicembre 2022 i magistrati sono andati a sequestrare i loro beni, hanno scoperto 4 milioni su un conto corrente Credit Suisse, altri soldi in abbondanza alla JP Morgan, svariate partecipazioni in società, numerosi edifici nel cuore di Milano, e qualche residenza in campagna. Dovevano sequestrare 25 milioni, non è stato difficile arrivare alla cifra richiesta. Evidentemente, 95 centesimi dopo 95 centesimi, si diventa ricchi. Sulla pelle degli altri, però.

Scrivono i magistrati che, il giorno del rogo, solo per miracolo non ci furono morti. Intanto perché era una domenica d’agosto ed erano tutti in vacanza. All’interno dell’edificio, per fortuna, solo una trentina di persone. Inoltre alcuni condomini furono lesti nel dare l’allarme a tutti gli altri. E infine ci fu “la maestria dei vigili del fuoco”, abili a spegnere le fiamme, pur “correndo gravissimi rischi”. L’incendio “assunse le dimensioni di un disastro”. Bastò una scintilla accidentale, partita dal balcone dell’appartamento C del quindicesimo piano, per scatenare l’inferno in modo “ultrarapido” nell’intero edificio. Il motivo? Le indagini non lasciano spazio a dubbi: ci sono stati “macroscopici vizi di progettazione e di esecuzione” derivati da “condotte pienamente deliberate e consapevoli”. In pratica: i costruttori sapevano di mettere in pericolo la vita delle persone. Ma l’hanno fatto lo stesso. Perché volevano guadagnare di più.

I costruttori sono, per l’appunto, i Moro. Quelli che hanno dato il nome alla torre. Nel campo dell’edilizia da ottantasette anni. Nel loro sito si vantano: “Eccellenza e affidabilità sono i nostri valori di riferimento”. Roberto Moro, classe 1928, titolare della Moro Costruzioni, ha costruito il grattacielo; il figlio Alberto Maria Lodovico, classe 1963, titolare della Moro Real Estate, si è preoccupato di trovare i clienti; la moglie di Alberto Maria Lodovico, la commercialista Stefania Grunzweig, titolare della Polo Srl, ha gestito la compravendita. Tutti milanesi doc, con casa a due passi da San Babila, ufficio in Porta Romana. Alberto esibisce sui social la sua formazione dai gesuiti e la presidenza dell’associazione culturale Giappone in Italia. Alta società. Stefania, quando ha dovuto scegliersi un avvocato, si è rivolta al top della gamma, l’ex ministro Paola Severino. Si capisce: chi è ricco può permettersi di non badare a spese per cercare di salvarsi. È quando si tratta di salvare gli altri che viene il braccino corto… Per esempio: quando i costruttori dovevano scegliere il rivestimento esterno del grattacielo, hanno avuto il braccino corto. E infatti hanno comprato pannelli (modello Larson Pe) importati in Italia da una società spagnola e “altamente combustibili”, come “era noto nel settore dell’edilizia”.

Il progetto originario, in realtà, prevedeva pannelli in fibrocemento che avrebbero impedito l’incendio, dal momento che sono praticamente incombustibili. Ma costavano di più. Così, quando arrivò l’offerta da discount edile, la presero al volo. E non avvertirono nessuno del cambiamento, non fecero ulteriori controlli, anche se, almeno stando a quanto ricostruito dai magistrati, erano consapevoli che stavano mettendo a rischio la vita delle persone. Persino i venditori di pannelli cercavano di convincerli a comprare un modello più sicuro. “Per il grattacielo è una questione di sicurezza”, dicevano. Parlando di un altro edificio, qualche tempo dopo, suggerirono di cambiare tipo di pannelli, scegliendo i Larson Fire Retard (modello più evoluto) anziché i Larson Pe (modello base). Non è come il fibrocemento, ma è un po’ più sicuro. “Quanto costa?” “Solo 95 centesimi in più al metro quadrato”. Rifiutarono. “Lo prendiamo solo se è allo stesso costo dell’altro”.

95 centesimi. Appunto. 95 maledetti centesimi. E dire che gli appartamenti non venivano venduti sottocosto. Tutt’altro. Nel grattacielo andato a fuoco i prezzi erano piuttosto salati, fino a 5000 euro al metro quadrato. Un alloggio di 150 metri, tre camere e due bagni, è stato comprato per 750.000 euro. Fra gli acquirenti c’erano industriali, professionisti affermati e vip, compreso il cantante Mahmood, vincitore di Sanremo, uno dei trenta nell’edificio al momento in cui scoppiò l’incendio. Non che le case dei ricchi meritino più attenzione di quelle dei poveri. Ma insomma: vendi appartamenti a 5000 euro al metro quadrato e poi risparmi 95 centesimi sui pannelli esterni? E per che cosa? Per accumulare altri soldi sui conti delle banche internazionali? Per comprare altri palazzi a Milano o in giro per l’Italia?

Dunque quella che doveva essere la Torre del Vivere – all’inizio la chiamavano così – ha rischiato di diventare la torre del morire. Fra l’altro i condomini si erano accorti da tempo che qualcosa non andava. Nel 2013 avevano fatto ricorso lamentando “l’anomalo annerimento dei pannelli ad appena un anno dalla consegna” e “numerosi altri gravi vizi della costruzione”. Ma i Moro non “fornirono alcuna delucidazione”. Nel 2015 i condomini, tramite il loro avvocato, tornarono all’assalto per avere la documentazione relativa ai pannelli. Ma nemmeno in quell’occasione ebbero soddisfazione. Forse perché la documentazione non c’era. Fra l’altro gli inquirenti hanno scoperto che, alla fine, per avere uno straccio di certificazione, i costruttori erano andati in giro per l’Italia a cercare un istituto capace di “avere un occhio di riguardo” e “dare una mano”. L’avevano trovato a Bellaria, in Romagna. E come se non bastasse, per essere più sicuri, gli avevano mandato pure dati taroccati.

Così, quando quel pomeriggio d’agosto il grattacielo andò a fuoco, nessuno di quelli che conoscevano la storia si stupì. Il resto di Milano sì. Il resto di Milano guardò per ore con paura quella torcia che bruciava, aspettò con ansia le notizie, tirò un sospiro di sollievo nel sapere che nella Grenfell meneghina, a differenza che a Londra, non c’erano state vittime. Ma i rischi, come scrivono i magistrati, erano “prevedibilissimi”. E si potevano facilmente evitare. Solo che i Moro non hanno voluto. “Eccellenza e affidabilità sono i valori di riferimento”, si capisce. Ma i conti correnti alla JP Morgan e a Credit Suisse, evidentemente, sono valori che contano di più. Per evitare di dover usare i loro soldi per risarcire gli abitanti del palazzo, fra l’altro, appena hanno capito che buttava male, i costruttori hanno cominciato a vendere immobili e a trasferire fondi all’estero. Il giudice parla di “atti distorsivi emblematici nel tentativo di sottrarsi all’adempimento dei rilevanti obblighi risarcitori”. Si capisce: i risparmi di una vita da iene mica si possono mandare in fumo come si mandano in fumo i palazzi altrui…