L’ex presidente della Camera: «Si lavori per ridurre il divario Nord-Sud con progetti che fanno realmente crescere il nostro Stato-comunità»

(FEDERICO CAPURSO – lastampa.it) – Roma. Di fronte alle accuse che dal governo lanciano su Giuseppe Conte, per aver ottenuto dall’Europa più soldi di quanti il Paese sia in grado di spenderne, l’ex presidente della Camera Roberto Fico allarga le braccia, quasi sconsolato: «Un paradosso. Sembra incredibile anche solo a pensarlo». Di fronte alla possibilità di investire oltre 200 miliardi di euro, sottolinea Fico, «l’esecutivo Meloni dice di non essere capace. Vedo però anche una serie di schermaglie fra Lega e Fratelli d’Italia che sicuramente non aiutano».

Come giudica la gestione del Pnrr da parte del governo?

«Lo vedo in affanno e poco autorevole ai tavoli che contano. Questo mi preoccupa profondamente».

Una parte sostanziosa del Pnrr è finanziata da prestiti europei, che dovremo quindi restituire. Si può pensare di farne a meno, come ipotizzano alcuni ministri?

«Sono prestiti a tassi notevolmente vantaggiosi. Risorse utilissime. Il governo non deve rinunciare a un euro di quei soldi. Al contrario, deve impegnarsi per utilizzarli nel modo migliore possibile».

Oggi l’Europa ha dato l’ok all’eliminazione dal Pnrr delle risorse destinate al rifacimento dello stadio di Firenze e del Bosco dello sport a Venezia. Che segnale è?

«Un segnale da rispettare. L’interlocuzione con l’Europa è fondamentale e si articola su vari fronti».

Decine di progetti per campi da padel o musei della grappa e del prosciutto. Assomiglia a una distribuzione di soldi a pioggia, più che a un tentativo di cambiare pelle al Paese.

«Nessuno ignora le difficoltà che incontra il nostro Paese. C’erano durante la pandemia quando il governo Conte ha ottenuto il Next Generation Eu, ci sono state durante l’esecutivo Draghi e ci sono adesso con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. C’è una complessità da governare rispetto alle difficoltà di progettazione che affrontano gli enti locali, questo è innegabile. Lo sforzo deve essere quello di spingere su progetti che fanno realmente crescere il nostro Stato-comunità: dalle infrastrutture agli asili nido, dalla transizione ecologica a quella digitale. Per disegnare un piano di ripresa e di resilienza equo e sostenibile».

Alcuni governatori, di fronte alle difficoltà di spesa che si registrano soprattutto al Sud, chiedono che i finanziamenti a rischio vengano spostati sugli enti locali del Nord più attrezzati. Sbagliano?

«Profondamente sbagliato pensare di togliere risorse al Mezzogiorno. Quei fondi servono soprattutto a ridurre i divari territoriali».

Soluzioni alternative?

«Va fatto il contrario di quello che dicono questi presidenti di Regione. Vanno aiutati gli enti locali del Sud, servono delle vere e proprie task force a supporto dei comuni, che sono il cuore pulsante delle nostre istituzioni. Solo colmando i divari fra chi ha più e chi ha meno l’Italia fa dei passi in avanti. Poi c’è già Calderoli con il suo Porcellum bis che vuole penalizzare le regioni meridionali, danneggiando lo stesso Nord».

Si riferisce all’autonomia differenziata?

«Esatto. Un disegno che mira a spaccare il Paese in due e ad ampliare i divari. Meloni sembra pronta a sacrificare il valore dell’unità nazionale sull’altare dell’alleanza con la Lega».

Il Movimento si è proposto di dare una mano al governo sul Pnrr. Finora l’invito non è stato raccolto, ma in che modo potrebbe aiutare?

«Abbiamo dato ampia disponibilità a un confronto: significa sederci intorno a un tavolo per capire come far fronte ai problemi e aiutare questo governo in difficoltà. La proposta del Movimento resta valida».

Gli altri partiti di opposizione non si sono mostrati altrettanto disponibili. Sembra che non si riesca a fare battaglie unitarie.

«Credo invece che sul Pnrr ci possa essere una disponibilità di tutte le forze di maggioranza e opposizione, ne va del bene del Paese. Poi – allargando lo sguardo – è chiaro che le opposizioni hanno profili e programmi diversi sui vari argomenti».

A che punto è la ricostruzione di un’alleanza con il Pd?

«Ci possono essere battaglie comuni da fare: dal salario minimo alla difesa del reddito di cittadinanza. Ma il Movimento fa il Movimento e segue la sua strada, vedremo lungo il percorso se riusciremo a fare una parte della strada insieme. In alcune realtà in cui amministriamo insieme già è così, in altre no».

Anche a queste prossime amministrative, nella maggior parte dei territori il Movimento vada a traino dei candidati targati Pd. C’è bisogno di trovare un maggiore bilanciamento, come fanno nel centrodestra?

«Le scelte le abbiamo fatte partendo dalle esigenze dei territori, costruendo programmi e proposte politiche adatte alle singole realtà da un punto di vista dei contenuti e dei volti che li rappresentano. Il nostro lavoro di strutturazione sui territori come Movimento poi sta procedendo, questo è un elemento fondamentale».

Pochi giorni al 25 aprile. Da ex presidente della Camera, come vede il rapporto tra un pezzo di questa maggioranza e l’antifascismo?

«L’antifascismo è un elemento identitario della nostra Costituzione. La nostra Repubblica è antifascista. Che tutti se ne facciano una ragione».