Il ministro di FdI: “Usiamone di meno”. Chigi lo stoppa: “Non è la linea del governo”. I dubbi anche nella Lega. Nel giorno in cui la Commissione Europea comunica ufficialmente al governo italiano che i due stadi […]

(DI GIACOMO SALVINI – Il Fatto Quotidiano) – Nel giorno in cui la Commissione Europea comunica ufficialmente al governo italiano che i due stadi di Firenze e Venezia non saranno finanziati nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è caos nel governo sulla strategia per spendere i fondi europei. Dopo le prime avvisaglie dei giorni scorsi della Lega (“Rinunciamo a parte dei fondi”), ieri ci ha pensato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a mettere le mani avanti: “Prendiamo solo i fondi che siamo in grado di spendere”, è il ragionamento fatto alla Stampa dal co-fondatore di Fratelli d’Italia. Che poi ha provato a smentire spiegando che il suo era un ragionamento più ampio in un intervento pubblico e che non era frutto di un’intervista.

Ma nel video integrale pubblicato dalla Stampa Crosetto dice le frasi riportate dal quotidiano. Parole in netto contrasto con la linea di Giorgia Meloni che proprio ieri mattina aveva rilasciato un’intervista a Milano Finanza per cercare di rassicurare l’Ue: pur ricordando che il governo ha ereditato i ritardi, la premier ha aggiunto che “il Pnrr è una grande opportunità che il governo non si lascerà sfuggire, rimodulandolo e risolvendo le criticità”. Due linee opposte: a Palazzo Chigi fanno sapere che la posizione del governo è quella di Meloni e non di Crosetto. “Voci dal sen fuggite”, si spiega. A questo si sono aggiunte le frasi di Salvini che, per fare il controcanto a Crosetto, ha spiegato che bisogna “spendere bene i soldi”. In questa babele di dichiarazioni ha buon gioco l’opposizione, a partire da Giuseppe Conte, a dire che Meloni “getta la spugna” sul Pnrr.

Il governo, dunque, si mostra spaccato all’esterno. In primis, è la strategia che sembra complicarsi: il governo è intenzionato a indicare alla Ue la lista dei progetti considerati irrealizzabili entro il 2026, spostandoli magari sui fondi di Coesione fino al 2029. La scadenza sarà il 31 agosto e il ministro Fitto vuole anticiparla a inizio estate. Dopodiché la Commissione dovrà approvare le modifiche al piano in 2-3 mesi, poi dovrà farlo anche il Consiglio Europeo. Insomma, si scivolerà al 2024. Allora mancheranno due anni alla fine del piano, che scade nel 2026. E, considerando i tempi italiani, sarà difficile riuscirci. Sarà anche per questo che, ogni giorno che passa, c’è un esponente di governo che mette le mani avanti auspicando di non prendere tutti i fondi del piano, soprattutto quelli a debito. Prima Salvini, ora Crosetto, ma anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dubbi sulla riuscita del piano, soprattutto dopo che il Tesoro è stato esautorato da Palazzo Chigi sulla governance.

Meloni invece lavora in senso opposto: il suo obiettivo è cercare di dare un messaggio quanto più rassicurante all’esterno. Non solo all’Ue ma anche agli investitori internazionali perché la spesa dei fondi europei si lega ai nostri conti pubblici e la premier non vuole dare segnali di instabilità. Lo ripeterà giovedì a Londra incontrando gli investitori nella City. Sarà anche per questo che ieri Crosetto ha smentito.

Intanto è arrivata l’ufficialità da Bruxelles: l’Ue non finanzierà gli stadi di Venezia e Firenze legati alla terza rata perché non rispettano i criteri dei Piani Urbani Integrati (Pui) legati alla riqualificazione delle periferie. In una dichiarazione ufficiale, Fitto ha voluto ricordare che i due progetti erano stati previsti con un decreto del 22 aprile dal governo Draghi. Ora l’esecutivo farà un decreto per stralciare i due progetti e poi, entro i primi quindici giorni di maggio, l’Ue ufficializzerà l’arrivo della terza rata da 19 miliardi. Gli stadi invece saranno finanziati con fondi nazionali: si stanno cercando 140 milioni. I due sindaci di Firenze e Venezia, Dario Nardella e Luigi Brugnaro, hanno espresso la loro contrarietà allo stop: “Un danno grave e ingiusto”. Anche l’Anci chiede al governo di trovare una soluzione. Mercoledì Fitto sarà in Parlamento per un’informativa in cui ricorderà ciò che ha fatto il governo finora e poi, a inizio maggio, presenterà la relazione semestrale in cui indicherà i progetti non realizzabili entro il 2026. Un’operazione verità che il governo vuole portare avanti in tutte le sedi per ricordare che i ritardi vanno attribuiti a Conte e Draghi. “Oggi, con la terza rata, stiamo correggendo i loro errori”, è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi.