Siamo in un momento storico difficilmente definibile. Ci stiamo allontanando dalla democrazia liberale per come fino a oggi la abbiamo conosciuta. Il processo è graduale, ma inesorabile. Pochi ne hanno consapevolezza […]

(DI IPAZIA – Il Fatto Quotidiano) – Siamo in un momento storico difficilmente definibile. Ci stiamo allontanando dalla democrazia liberale per come fino a oggi la abbiamo conosciuta. Il processo è graduale, ma inesorabile.
Pochi ne hanno consapevolezza.
Si afferma ad esempio il principio di dover proteggere la popolazione dalla disinformazione, aprendo in questo modo la porta a ogni tipo di censura. Passano inosservate misure che in altri periodi storici avrebbero fatto inorridire. Sono chiuse le televisioni e i social di Paesi stranieri. L’Europa chiede che ai dipendenti delle istituzioni europee sia impedito di collegarsi al social network cinese TikTok.
Gli Stati Membri più ligi si precipitano a fare altrettanto con i dipendenti statali.
I ministri europei firmano un documento che esclude gli atleti di un Paese dai prossimi giochi olimpici.
In alcuni teatri non sono ammessi concerti russi. In alcune università si preferisce bandire gli autori russi.
La libertà di stampa e di informazione, di pensiero e di espressione è il cardine delle democrazie liberali e del tessuto politico, giuridico, culturale europeo. La cultura e lo sport dovrebbero essere esenti da strumentalizzazioni politiche e sono sempre stati ponti tra i popoli, veicoli di pace.
Misure inquietanti che scombussolano la nostra esistenza di cittadini europei sono prese nell’indifferenza dell’opinione pubblica.
Un noto Istituto di ricerca italiano diviene la cassa di risonanza di determinate posizioni politiche, mentre avrebbe la funzione di assicurare ai cittadini una analisi professionale della politica internazionale.
Fare ricerca significa analizzare con onestà intellettuale i fattori oggettivi di un accadimento storico, commisurare i mezzi agli obiettivi stabiliti, valutare l’efficacia di una strategia. Un istituto di ricerca che non rispetta questi parametri dovrebbe premettere per trasparenza prima delle pubblicazioni dei suoi ricercatori quali finanziamenti riceva e a quale linea sia costretto ad attenersi.
Di recente, in un intervento su un quotidiano di un ricercatore molto seguito di questo Istituto, leggo che per convincere il Sud globale ad allinearsi alla politica occidentale bisogna sconfiggere la Russia. Non bisogna porsi pertanto il problema dei nostri doppi standard, di come applichiamo l’etica alla politica internazionale in accordo ai nostri interessi perdendo credibilità nel mondo, no, dobbiamo soltanto sconfiggere la Russia.
Non dobbiamo porci il problema di come l’esportazione della democrazia e la guerra al terrore abbiano destabilizzato intere regioni del mondo, no. Dobbiamo soltanto vincere la guerra contro Mosca: una potenza atomica.
Dovevamo riconoscere l’iniquità delle politiche coloniali e neo-coloniali del passato? Ancora una volta il ricercatore non ha dubbi: l’unica cosa che conta è l’elemento della forza. Ristabilire l’ordine imponendo a uno Stato ribelle la Pax Americana. Il Sud globale e i nuovi protagonisti del mondo multipolare abbasseranno la testa, si piegheranno ai vincitori.
Che un intervento di questo genere possa essere pubblicato da un quotidiano che un tempo accoglieva gli articoli dell’intellighentia italiana è uno dei tanti segnali della barbarie della nostra epoca.
Editorialisti, storici, giornalisti che vanno di moda, politici e diplomatici ripetono acriticamente il catechismo occidentale, fornendo alla società civile le interpretazioni più stravaganti delle relazioni internazionali come se divulgassero gli script demenziali dei film hollywoodiani che fanno cassa.
Così nessuno ha vergogna di ipotizzare che i russi abbiano sabotato il gasdotto di cui sono proprietari e che avrebbero potuto utilizzare come leva per spingere un Paese dipendente energeticamente come la Germania a una postura più soft. Alla domanda del perché Mosca avrebbe compiuto un’azione così autolesionista si risponde in coro: per addossare la colpa agli occidentali.
In effetti, come Nietzsche aveva intuito: di fronte alla tragedia attuale non c’è arma se non una risata che seppellirà il mondo.
Vincere e vinceremo ! Anche il lessico è quello li. Come sorprendersi allora quando per compagni di battaglia si scelgono i figli di Bandera ?
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“Noto Istituto di ricerca italiano…”. ISPI?
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Il ricercatore è per caso Parsi-Fail?
Perché da gente così ci si può aspettare anche roba del genere.
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