(Massimo Gramellini – corriere.it) – Ci sono notizie da cui puoi difenderti solo con la nostalgia. Nella tragedia greca un figlio sposava la madre e ci faceva quattro figli per la gioia degli psicanalisti. Nelle telenovelas il figlio morente affidava le proprie creature a sua madre, cioè alla loro nonna, e per fortuna che sul più bello arrivava la televendita dei materassi.

Altri tempi. Adesso la scienza ingloba tragedia e telenovela, proponendo uno scenario distopico: l’attrice spagnola Ana Obregón promette al figlio morente Aless di eternarlo in un erede e, dopo averlo pianto e sepolto, munita del seme congelato di lui vola in Florida per procedere a tutte quelle costosissime e da noi vietatissime pratiche di maternità surrogata che oggi, a 68 anni, le consentono di stringere fra le braccia una figlia che in realtà è sua nipote.

Che cosa pensi la donna che ha messo al mondo la bambina non ci è dato sapere, e neanche che cosa penserà la bambina, una volta raggiunta l’età della ragione (benché lo si possa immaginare). Dobbiamo farci bastare cosa ne pensano loro, il fu Aless e sua madre Ana: lui voleva un figlio anche da morto, e lei una figlia che assomigliasse al figlio morto.

A guardarla in controluce può persino sembrare una storia d’amore. E allora perché lascia dentro un retrogusto indefinibile? Ammetto di non riuscire a dare un nome al mio disagio. Posso solo condividerlo con chi legge. Non trovando risposte, mi concedo il lusso di una domanda: davvero tutti i desideri sono diritti?