
(Tommaso Cerno) – Mentre l’Italia va verso la guerra, a testa bassa allineata a una Nato che ha come unica strategia il riarmo e la spesa miliardaria per riempire arsenali che erano stati dichiarati ormai inutili da decenni, il tutto a spese nostre, la polemica italiana è sul fascismo. Sembra ormai questo l’unico spettro della sinistra che guarda in faccia Giorgia Meloni ma vede riflesso in lei qualcuno altro. Di questo passo avremo un’opposizione che cita i libri di storia, spesso a sproposito, ma non avremo la costruzione di un’alternativa di governo basata su una diversa idea del Paese. E questo perché in fondo la sinistra una diversa idea del Paese non ce l’ha, non ce l’ha sulla guerra dove le posizioni del Pd sono identiche a quelle di Fratelli d’Italia, non ce l’ha sulla crisi economica dove si vagheggia una riduzione delle tasse, ma di fronte a una prima riforma del fisco invocata dall’Europa da anni si dice un generico no, adducendo al governo fantomatici aumenti di tasse per le fasce più deboli, smentiti da tutti gli analisti economici che hanno letto davvero il testo. Sono solo due esempi che portano a una domanda: a cosa sarebbe servito il congresso del Pd durato mesi che ha eletto Elly Schlein, considerata una rivoluzione dagli stessi dirigenti del Partito Democratico, se una volta celebrata la vittoria l’unico atto che ha mutato la posizione del partito nei confronti del governo e soprattutto del modo di fare opposizione è stata la fotocopia del primo atto dell’insediamento di Enrico Letta ormai qualche anno fa, quando a segnare la stratosferica differenza di visione dallo Zingaretti dimissionario sarebbe stata la cacciata dei due capigruppo? Deve esserci una tale fissazione per le poltrone ormai radicata da quella parte del Parlamento, che adesso che di poltrone ne hanno solo due cambiano quelle. Perché non è pensabile che dentro il Pd dopo la vittoria di Elly non sia invece cominciata una fortissima e aperta discussione su come raccontare agli italiani un modello di Paese alternativo, partendo da proposte che abbiano al centro quella che un tempo era la sinistra popolare. Non c’è modo di credere che questo passaggio possa avvenire in poco tempo. E’ come se il Pd fosse trascinato dai dieci anni di governo, interrotti per pochi mesi nel 2018 dalla strampalata avventura del duo Salvini-Di Maio a guida Conte uno, e non riesca quindi la classe dirigente progressista a scendere in corsa da questo treno lanciato verso l’amarcord antifascista per salire su un più moderno mezzo di trasporto che li conduca al centro del problema Italia. È un grande pericolo per la democrazia l’assenza di un’opposizione anche dopo la celebrazione di un congresso doloroso, lungo, seguito a una sconfitta rocambolesca che poteva avere come unica finalità ripartire. E che invece oggi crea problemi ai due lati del partito, quello che guarda al centro perché gli scontenti dell’area riformista, sebbene ancora silenziosi, sono tanti e potrebbero generare in assenza di una politica una frattura. Così dall’altra parte, quella dei 5 Stelle, si è creato un campo sovrapposto fra l’area più grillina dei piddini e l’area più progressista dei grillini. Peccato che per ora questo sottoinsieme non porti con sé l’idea di un’alleanza o meglio sarebbe di un grande Big Bang a sinistra per aprire un campo comune di costruzione di un’idea del Paese, ma piuttosto un rubacchiarsi voti e simpatia che rischia di logorare, per assurdo, il rapporto fra i due leader Schlein e Conte, sulla carta molto vicini ma nei fatti concorrenti. In tutto questo il Paese chiede aiuto. E proprio perché la sinistra attacca il governo Meloni ogni giorno verrebbe da pensare che la ricetta alternativa sia pronta, per non dare l’impressione di fare i bastian contrario di un premier che finora non ha dato corda a quella tecnica di contrasto politico che sembra identica alla campagna elettorale e che aveva già prodotto la vittoria di Meloni e la sconfitta delle sue triplici alternative. Siamo in realtà fermi al mantra: dove andrà Renzi?. E questo ci dimostra che la sinistra è come un compasso puntato che allarga e stringe il suo braccio ma finisce per girare in tondo e ritrovarsi a guardare l’Italia sempre dalla stessa parte. Quella che da due legislature la vede sconfitta. Con l’unica differenza che nella scorsa per una alchimia di Palazzo ha governato lo stesso.
Analisi in larga parte condivisibile.
Come elettore 5*, con forte sgomento, sto osservando l’immobilismo suicida del partito che ho votato, sia pur con grande diffidenza rispetto alle passate tornate elettorali. Mentre il pd è invischiato nelle solite e ineliminabili lotte si potere interne, il M5*, infischiandosene dei milioni di voti parcheggiati nell’astensione, sta lì e aspetta la metamorfosi dell’alleato di cui si è invaghito Conte e , molto probabilmente, anche un vasto settore della dirigenza.
Si accontentano del risultato attuale, è del tutto evidente; a loro basta essere complementari. Se tenessero ben presenti quali sono gli sforzi immani che andrebbero messi in campo per recuperare **anche** il consenso perduto, avremmo un movimento battagliero sul serio, che pensa soprattutto a sé stesso. Per quanto mi riguarda: vedere un movimento con potenzialità enormi ridotto ad un immobile 15/16% lo giudico un fallimento.
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Un vasto settore della dirigenza (cinquantina che si vergogna di essere stata grillina) se ne strafotte di quei milioni di voti parcheggiati nell’astensione. A loro pasta dimostrarsi disponibili ad ogni sottomissione al PD, pur he sia loro garantita la possibilità di tenere incollato il cxxo sulle comode poltrone vellutate.
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Strabiliato, fosse sottomissione il M5S voterebbe come il PD su tutto. Non è asservimento, piuttosto prudenza ingiustificata, timore cronico.
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Ci mancava solo Grillo che fa l’elogio alla carne sintetica. Non solo non facciamo un ca**o, ma diamo ai nostri nemici le armi per farci male.
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giansenio, qualche passettino ino ino avanti si nota, vedi le timide critiche di Conte alla cancel culture o all’ipocrisia del PD(su guerra e conflitto d’interessi), ma è poca roba.
Non basta a differenziarsi dagli altri partiti e tantomeno a entusiasmare le folle(elettori, attivisti e astensionisti).
Considerando poi che abbiamo il 99% della stampa contro, come scrivi tu, immobilismo e sobrietà sono l’anticamera del disastro.
Conte e i suoi paggetti sono convinto che tra il M5S e tutti gli altri sia in corso un dibattito tra gentiluomini e non una guerra feroce.
E’ questo il problema.
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Condivido anche le virgole.
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Da grande faròòò, l’astronauta… mmm no, faròò…
l’ingegnere nucleare… mmm no… faròò Batman, sì, Batman mi piace, un giorno Batman e un giorno Robin (Gesù)
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Commento appena letto sul Fatto Quotidiano. E’ evidente a noi che abbiamo i piedi ben piantati nel fango. Nei palazzi ovattati è arduo intercettare gli umore della “plebaglia”.

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*umori
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Branca branca branca Leon Leon Leon,
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”Ieri il Movimento 5 Stelle ha cercato di fare di più.
Scrive in un suo post ufficiale:
“Oggi abbiamo constatato che le altre forze politiche, che pure a parole mostrano sensibilità nei confronti della pace, quando c’è da votare in Parlamento confermano la strategia dell’escalation militare.
È successo per l’ennesima volta quando il ‘partito trasversale della guerra’ ha bocciato un nostro ordine del giorno al decreto Ucraina che chiedeva di interrompere immediatamente la fornitura di armi. Il fallimento del continuo invio di armi è sotto gli occhi di tutti e ha affossato ogni ipotesi di negoziato, oltre a portarci al rischio di una Terza Guerra Mondiale. Quello che serve è un cambio di rotta.
Quel che fuori da questo Palazzo è chiaro alla maggioranza degli italiani, evidentemente non lo è agli altri partiti che siedono in Parlamento.
Marco Pellegrini”.
Prendiamo atto.
Bene ma non benissimo.
Commenta a stretto giro uno dei deputati espulsi, Francesco Forciniti, che in Parlamento aveva presentato, insieme ai colleghi ex 5 stelle come Pino Cabras e Mattia Crucioli, nella battaglia contro l’invio di armi all’Ucraina, anche con mozioni regolarmente bocciate dallo stesso M5S (quando realmente poteva incidere in quanto prima forza del governo)
Scrive Forciniti in un commento al post Facebook che lanciava :
“Ben svegliati, ma tutte le volte in cui lo abbiamo presentato e ripresentato noi – l’ultima volta circa sei mesi fa – implorandovi di votarlo con noi… Lo avete sempre bocciato senza neanche intervenire in aula per spiegarci la vostra posizione, e avete sempre votato insieme a quello che oggi chiamate “partito trasversale della guerra”. Apprezzo i pentimenti quando sono sinceri, ma per esserlo dovrebbero prima passare per una profonda autocritica.”
Facesse quindi un passo avanti, Giuseppe Conte. Il passo che, contro ogni maligno sospetto di opportunismo politico, ci consegni l’evidenza di un vero e sentito cambio di linea.
Ci stupisca e ci smentisca, Conte.
Aderisca alla raccolta firme per i referendum abrogativi contro la guerra, già in Gazzetta Ufficiale, dia il suo contributo attivo alla campagna di comunicazione e sensibilizzazione referendaria.
La aspettiamo.
Fonte L’Antidiplomatico”
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Ai voglia d’aspettà.
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I referendum sono arma a doppio taglio.
Un “si” o un “no”… Sembra la cosa più facile del mondo.
Figuriamoci, poi, se alla domanda deve rispondere un popolo che i sondaggi demoscopica dicono sia sicuramente schierato in stragrande maggioranza contro l’invio di armi al comico Nato.
Ma sarebbe una vittoria sicura del “si” ?
Io non mi fiderei.
Per diversi motivi.
1) manca una compattezza del fronte contrario all’invio di armi: l’iniziativa doveva fuoriuscire da un comitato pacifista se non unitario almeno gia attivo, più ampio di quello che lo ha proposto e che avrebbe dovuto avere qualche iniziativa importante all’attivo che, ad oggi non si è vista.
2) Non bisogna sottovalutare la potenza dei mezzi di informazione praticamente tutti asserviti ai guerrafondai della Nato e capaci di ribaltare i pronostici con abili campagne di denigrazione contro coloro che hanno voluto i referendum.
3) il forte astensionismo potebbe favorire la vittoria di chi è in minoranza nel Paese, perché più motivati a recarsi alle urne.
Conclusione:
una sconfitta dei “si” all’abrogazione della legge sull’invio di armi sarebbe un’autentica caporetto che determinerebbe l’annientamento totale di qualsiasi voce di dissenso nei confronti dei guerrafondai che stanno portando il mondo ad un futuro di guerre infinite se non letali per l’intera umanità.
Quindi ponderare bene, prima di rischiare il baratro.
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Se dibba e Orsini stanno diventando dei giganti in politica significa che è più apprezzato il chiacchiericcio dei talk show dello sforzo di portare avanti un idea di politica alternativa ed attenta alle esigenze dei cittadini.
Che è l errore che Conte ha fatto, da galantuomo, accettando la sfida di far sopravvivere i 5s anziché fare un suo partito.
Altro che grillo, di maio, gli espulsi, i proclami di dibba, la raggi. Tutte persone che devono la loro vera storia politica per aver provato a governare allninterno di governi in cui conte ha rappresentato non per loro,ma per i cittadini, la possibilità che un politico fosse una brava persona, onesto, coerente con le promesse elettorali. Imperfetto, ma lì per loro.
Gli avversari di conte non sono quellj evidenti.
La stampa, i potentati economici, gli avversari politici li sappiamo. Non ci si aspetta altro.
L avversario è il prototipo dell ex elettore 5s.
I giudici permanenti, i dubbiosi eterni. Quelli che saprebbero sempre cosa fare, se fossero lì loro.
Quelli che hai fatto qualcosa ma avresti potuto fare di più. I critici della parola sbagliata, in un discorso giusto. I critici del tono, della scarsa attività. Quelli che sotto sotto apprezzano lo stile del pdc sguaiato istituzionalmente, che però non le manda a dire. Che mente su conte in parlamento mentre lui chiede ai manifestanti del superbonus di non insultare il governo.
Io ho votato pci PDS ulivo pd sino a renzi. Poi 5s per protesta. Poi 5s per conte.
Forse sono rimasto dentro l elettore del PCI di berlinguer che è stato l esordio della mia passione politica.
E che ha ancora la speranza che un idea diversa di civismo, di onestà, di impegno per gli ultimi possa essere presente nella nostra società.
Speranza che si identifica con persone cui affidare la rappresentanza delle nostre idee.
La speranza,la fiducia sono necessarie in politica.
Le brave persone sono necessarie. Indispensabili.
Ma non su photoshop o da floris.
La fortuna della schlein è l elettorato storico del pd, le bravissime persone che erano ad organizzare la festa dell unità o i gazebo, nonostante tutto.
Con questa gente bisogna allearsi, unirsi, non competere sul rutto in più. Le idee sono molto vicine. Non saranno mai uguali su tutto.
Ma sulle cose essenziali sì, su ciò che serve per una alternativa politica vera alla dx si.
Io penso che nell astensionismo non ci siano praterie. Senza speranza e fiducia c è il deserto.
Senza speranza e fiducia il movimento 5s non sarebbe mai arrivato al governo del paese.
E non solo coi vaffa, ma con una piattaforma politica seria, da politica, non da qualunquismo di massa.
Questa è la mia speranza.
I giganti sono quelli che ci provano.
I saccenti sono nani. Pavidi parolai che giudicano come necessario quello che non viene fatto. Sempre. E loro sanno sempre quello che si sarebbe dovuto fare. Da floris o nei teatri.
Dove il contrario non è tema. Dove si alimenta il dubbio, l insoddisfazione, il non fare, alla fine il nulla per nessuno.
I 5s non sono stati una delusione. Sono stati un miracolo. Anche grazie a Giuseppe conte. Che è ancora attaccato ogni giorno da tutti. Segno della sua positività pericolosa per il sistema.
È Giuseppe conte l eredità più concreta di quelle idee. Gli altri, grillo in testa, hanno abbandonato una nave alla deriva. Conte no, in rispetto innanzitutto a chi aveva messo in mare quella nave, che sono gli elettori, i cittadini. Non i leader. E se proprio devo avere un leader, ho scelto che sia lui.
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Ottavio
Condivido le tue parole, stato d’animo compreso.
E non a caso abbiamo una storia politica uguale eccetto che per il PDS. Alla fine del PCI di Berlinguer, optai per Rifondazione fino all’arrivo infausto di… Fausto Bertonotti.
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