Guerra in Ucraina, il Papa: “Un conflitto assurdo e crudele. È stato fatto tutto il possibile per fermarlo?”

L’ultimo monito di Bergoglio alla vigilia dell’anniversario dell’invasione russa si mescola con una critica alla postura dei leader mondiali: “Potrà il Signore perdonare tanti crimini e tanta violenza? Restiamo vicini al martoriato popolo ucraino che continua a soffrire. Raggiungere il cessate il fuoco e avviare i negoziati. Quella costruita sulle macerie non sarà mai una reale vittoria”

(ilfattoquotidiano.it) – Un interrogativo e un monito a un anno dall’inizio dell’invasione russa. “È stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra?”, la domanda. Quindi lo sguardo rivolto alle autorità affinché “si impegnino concretamente per la fine del conflitto”. Papa Francesco è tornato a invocare lo stop alla guerra in Ucraina non risparmiando una velata critica alla corsa al riarmo e alle mosse dei leader mondiali. Nel corso dell’udienza in Vaticano, le parole del pontefice sono state chiarissime: “Dopodomani si compirà un anno dall’invasione dell’Ucraina. Un anno dall’inizio di questa guerra assurda e crudele. Un triste anniversario. Potrà il Signore perdonare tanti crimini e tanta violenza?”, si è chiesto Bergoglio.

“Restiamo vicini al martoriato popolo ucraino che continua a soffrire e chiediamoci: è stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra?”, la sferzata del Papa di fronte all’agire dei leader mondiali dopo dodici mesi di incoraggiamento alla resistenza ucraina senza nel frattempo incoraggiare – almeno pubblicamente – un passo verso un tavolo negoziale. “Faccio appello a quanti hanno autorità sulle nazioni perché si impegnino concretamente per la fine del conflitto, raggiungere il cessate il fuoco e raggiungere la pace”, ha rimarcato Bergoglio sottolineando che “quella costruita sulle macerie non sarà mai una reale vittoria”. Il “bilancio di morti, feriti, profughi, isolati, distruzioni, danni economici e sociali parla da sé”, ha concluso.

Si tratta solo dell’ultimo appello del Papa per l’avvio di una soluzione negoziale senza tentennamenti. Prima di Natale aveva parlato di una “guerra mondiale a pezzetti” e aveva ammonito: “È una pazzia la guerra, distrugge sempre. E tu dici adesso c’è una crudeltà, perché un’aggressione ne porta un’altra, e un’altra, e un’altra. Va avanti così. E distruggere è come giocare. Poi, anche la fame, il freddo, ha tante cose che ti porta una guerra, distruzioni. Il commercio delle armi. L’industria delle armi, un’industria che invece di far progredire l’umanità fa delle cose per distruggere. Siamo pazzi”.

Nelle settimane precedenti Francesco aveva pubblicato il libro “Un’enciclica sulla pace in Ucraina” (Terra Santa Edizioni) curato dal vaticanista de ilfattoquotidiano.itFrancesco Antonio Grana. Un testo che raccoglie tutti gli appelli del Papa per la fine di quella guerra e che Bergoglio sta regalando a tutti coloro che riceve in udienza privata, a iniziare dai capi di Stato e di governo. Lo ha fatto anche con Giorgia Meloni quando lo scorso 10 gennaio ha fatto visita al Pontefice in Vaticano con la sua famiglia per il primo incontro ufficiale da quando è presidente del Consiglio.

3 replies

  1. “Potrà il Signore perdonare tanti crimini e tanta violenza?”
    Se ha perdonato i vostri, ben più crudeli, a cominciare dalle centinaia di donne bruciate vive e con i seni strappati….

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  2. La Fionda-Rivista di politica e cultura

    L’Italia a un passo dal baratro: pensiamo a nuove sanzioni da autocomminarci e nessuno parla di pace
    di Savino Balzano

    Quando qualche giorno fa scrivevo dell’ipocrisia della politica rispetto all’astensionismo, mi riferivo a momenti come questo: vi sembra normale che un tema così rilevante per il Paese come quello del superbonus esca di punto in bianco fuori dal cilindro di Giorgia Meloni, proprio all’indomani di una consultazione elettorale importante come quella appena trascorsa? Anche un bambino si renderebbe conto della volontà in malafede di sterilizzare l’impatto negativo sul consenso: di certo quella di tagliare le gambe a questo strumento non nasce due giorni fa. Era nell’animo della premier da tempo e si decide di affrontare il momento con l’ennesimo ricorso alla decretazione d’urgenza. L’esecutivo sta raggiungendo le vette massime mai toccate in quanto al ricorso ai decreti legge e alla fiducia. Triste prassi comune, potrebbe opinare qualcuno: vero, ma stride con l’immagine di Giorgia che negli anni scorsi si sbracciava scompostamente in aula rievocando la centralità parlamentare.

    L’elusione delle ricadute sul consenso, come pure gli innumerevoli passi indietro e le mirabolanti giravolte, dimostrano ampiamente come a questa classe politica dell’astensionismo freghi assai poco e di giravolte Meloni ne sta facendo davvero a iosa: sulle accise, sul Mes, sull’immigrazione irregolare, sull’Unione Europea, sulle pensioni, sul contante e adesso sul superbonus.

    Purtroppo i tristi presagi della vigilia si stanno concretizzando e i nuvoloni addensando: quello di Meloni è il più “tecnico” dei governi possibili. L’agenda Draghi non è mai stata abbandonata e l’austerità ha trovato una via d’uscita per risolvere l’annoso problema del deficit democratico: attraverso le ultime elezioni politiche, le scelte economiche di emanazione europea – le stesse che hanno stritolato l’Italia negli ultimi decenni – hanno trovato legittimazione democratica e Meloni le incarna facendo finta di essere una di noi.
    Insomma, un conto è che il reddito di cittadinanza ve lo levi il freddo banchiere Mario Draghi, altra cosa è se a farlo è la ragazza del popolo, quella che si è fatta da sola e che dalla Garbatella arriva a Palazzo Chigi. Suona molto meglio. Ha ragione Giuseppe Conte a denunciare questa deriva, a sottolineare a modo suo come sia in corso una vera e propria restaurazione e secondo me ci azzecca pure quando parla di prossimo attacco al decreto dignità, prevedendo una pericolosissima nuova ondata di precarizzazione del lavoro. Bene, però che lo ammetta una volta per tutte che sostenere Draghi è stato un errore drammatico, perché l’agenda era proprio la stessa, come pure lo è stato l’alleanza con quel partito mezzo morto che dell’austerità da sempre fa la sua bandiera: il Partito Democratico. Dimostri resipiscenza su questo, perché sarebbe un atto di autorevolezza e credibilità: restiamo in trepidante attesa.

    E mentre tagliamo il bonus, l’ennesima misura anti regressiva di cui abbiamo bisogno (per carità, si poteva sistemare, ma meglio di nulla: anche perché quella spesa in gran parte ci tornava e la storia dei duemila euro a testa è una sonora balla), si continua a spendere un patrimonio in armi: lo scudo Samp-T che stiamo inviando costa quasi un miliardo di euro, nel 2022 abbiamo raggiunto il record di spesa e nel 2023 è in aumento. Guido Crosetto batte i pugni perché tali interventi escano dal Patto di stabilità e non dimentichiamo che l’Ue ci chiese di togliere l’Iva sulle armi e lo abbiamo fatto con Draghi nel 2022 (con voto favorevole di Fratelli D’Italia, Lega, Forza Italia e, che ve lo dico a fare, Pd).

    L’Italia è a un passo dal baratro: mentre si ragiona su un ennesimo e demenziale pacchetto di sanzioni da autocomminarci, da far pagare alla parte più fragile della popolazione, si continua a tagliare forsennatamente lo stato sociale e i diritti di chi ha di meno. Ci avviamo a passi spediti verso un conflitto mondiale, mentre nessuno risponde delle balle raccontate per mesi (oggi Putin mi è parso meno malato e moribondo di quanto si è sostenuto in un anno di guerra: Ursula Von der Leyen qualche ora fa ancora farneticava della Russia “costretta a vendere le riserve d’oro”): nessuno parla di pace e se qualcuno ci prova diventa putiniano, mentre chi soffriva lo fa ancora di più senza che se ne ascolti il drammatico lamento.

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