“Fratelli d’Italia”, il triste inno nazionalista fuori dalla storia

“Il Canto degli italiani” è l’inno ufficiale solo dal 2017, istituito con una legge proposta dal Pd. “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta”. Una nazione etnica, per via di sangue: modellata sulla famiglia di consanguinei […]

(DI TOMASO MONTANARI – Il Fatto Quotidiano) – “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta”. Una nazione etnica, per via di sangue: modellata sulla famiglia di consanguinei. E su una famiglia rigidamente patriarcale: nella quale contano, e dunque vengono menzionati, solo i maschi: delle sorelle, nessuna traccia. E contano solo i maschi perché il nesso essenziale è quello tra nazione, sangue e guerra: “Dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa”. La storia al servizio del presente, in una lettura figurale e mitica che innalza la xenofobia a caratteristica essenziale della nazione italiana: Scipione che batte Cartagine è immagine della eterna lotta degli italiani contro gli stranieri (gli africani, nella fattispecie). Accanto alla nazione maschia e guerriera, ecco Dio: che combatte con lei (Dio con noi!), e assicura la vittoria all’Impero con cui l’Italia si identifica (“Dov’è la vittoria, le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò”). Personificata in una donna, la Vittoria appare dunque ridotta in schiavitù: e cioè rasata, secondo un uso antico che intreccia all’umiliazione dello schiavo l’umiliazione della donna in quanto tale.

L’immaginario è militarista, la ricerca del martirio martellante: è un inno di morte, e alla morte (“Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”). La patria è il fine, la vita dei suoi figli è il mezzo. La persona umana non conta nulla: conta solo il destino della nazione. Una nazione tipicamente vittimista e lamentosa (“Noi siamo da secoli calpesti, derisi”), che cerca se stessa in una rilettura a tesi, finalistica e provvidenzialistica, della storia (“Dall’Alpi a Sicilia dovunque è Legnano, ogn’uom di Ferruccio ha il core, ha la mano. I bimbi d’Italia si chiaman Balilla, il suon d’ogni squilla i Vespri suonò»), e nella guerra contro i popoli oppressori (“Già l’Aquila ‘’Austria le penne ha perdute. Il sangue d’Italia, il sangue polacco, bevé, col cosacco, ma il cor le bruciò”)

Il testo del Canto degli italiani di Goffredo Mameli si iscrive perfettamente nella retorica risorgimentale cui appartiene (è del 1847). Ma che effetto fa, ascoltarlo oggi, quasi duecento anni dopo, in un’Italia, in un’Europa, in un mondo clamorosamente diversi? L’inno fu adottato, come provvisorio, nel 1946, per iniziativa del ministro della Guerra, e per molto tempo nessuno sentì il bisogno di tornare su quella non-decisione: anche le sporadiche proposte di sostituzione (per esempio con il Va’ pensiero verdiano) caddero nel vuoto, più per mancanza di interesse che per una reale convinzione. L’inno – questo inno così opposto ai valori della Costituzione repubblicana – diventa ufficialmente tale solo nel 2017, con una apposita legge proposta dal Pd, e approvata presidente del Consiglio Gentiloni, presidente della Repubblica Mattarella.

A farlo tornare in auge, per reazione, era stato il separatismo leghista, che una sinistra come al solito lungimirante pensò bene di combattere resuscitando la retorica patriottica risorgimentale, senza capire quali ben più pericolosi fantasmi si andassero così a legittimare. Come scriveva già nel 2011 lo storico Alberto Mario Banti (in Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, Laterza): “Il neo-patriottismo … non ha fatto altro che riproporre – con minime variazioni – il blocco discorsivo proprio del nazionalismo classico, come si è formato tra Risorgimento e fascismo. … Dal punto di vista contingente ha creato strane situazioni. Così, per esempio, osservare leader del centro-sinistra italiano, come Romano Prodi o Giovanna Melandri, che in diretta Tv festeggiano la Nazionale italiana di calcio vittoriosa nei Mondiali del 2006, cantando con entusiasmo ciampiano un inno che esalta il nazionalismo sacrificale, come Fratelli d’Italia, sarà risultato un po’ desituante per un bel pezzo del loro elettorato, più aduso a commuoversi alle note di Blowing in the Wind o Imagine, che alle figure sanguinolente del nazionalismo mortuario di epoca romantica. Viceversa, sembra che Ignazio La Russa si trovi perfettamente a suo agio nel celebrare l’esercito italiano, l’Anniversario della vittoria, o i sacrifici che i soldati italiani all’estero compiono, a prezzo a volte della loro vita: e son convinto che una buona parte del suo elettorato non trova niente di strano nelle sue iniziative. … Le parole-simbolo, i sistemi discorsivi, i rituali che strutturano l’identità nazionale si distanziano con difficoltà dagli archivi memoriali ai quali appartengono; e quindi conservano latente l’intera complessità del discorso-matrice che li ha foggiati”.

Arrivati al 2023, con un’Italia governata da un partito di matrice fascista che si chiama, guarda un po’, Fratelli d’Italia, e con La Russa seconda carica dello Stato che rivendica i suoi busti del duce, il Festival di Sanremo si apre con Gianni Morandi che canta l’inno nazionale-nazionalista. Ma che sorpresa.

Categorie:Cronaca, Interno, Politica

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41 replies

  1. A imperitura memoria:

    Elezioni politiche Settembre 2022:
    Cavernicoli 12 Milioni e 300 mila voti
    Oppsizioni 15 Milioni e 200 mila voti
    Astenuti 16 Milioni

    La narrazione che vorreste cambiare afferma che siete infima minoranza e pure divisa, ma la fasciocoatta si atteggia a du-cessa.

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  2. Quando sento l’inno di Mameli i corrono brividi lungo la schiena e… Vedo tante mani protese nel saluto fascista, tacchi che battono e rumore di manganelli.

    Possibile non si possa trovare un testo che canta un’Italia in sintonia con l’art. 11 della Costituzione da adattare alla musica, per esempio , di “Io vagabondo” dei Nomadi?

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  3. Io farei come spagnoli e tedeschi che dopo le vergogne della dittatura nazifascista hanno tolto le parole all’inno che ormai erano sporche della propaganda guerrafondaia e hanno lasciato la musica senza testo

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  4. Montanari, avrai pure ragione dal tuo scranno di intellettuale, pero’ che palle! Ma veramente! L’inno e’ quello da quasi 200 anni. Ha percorso la nostra storia nel bene e nel male. E se non fosse stato per il solito inseguimento a destra della sinistra di una ventina di anni fa, sarebbe restata un innoqua marcetta che si canta piu’ che altro alle manifestazioni sportive. Allora aboliamo le nazionali sportive, le olimpiadi e via di seguito. Ho la sensazione pero’ che siamo ancora ben lontani da un mondo senza nazioni, e probabilmente e’ ancora un’aspirazione molto minoritaria.
    Lasci stare le canzoni di Bob Dylan e Lennon al loro posto. Versi che emozionano ed invitano alla riflessione, ma che nulla hanno a vedere con un inno. Oltretutto Blowing in the wing fu scritta da Dylan pensando alla sua fidanzata di allora caduta nel turbine della droga e di una vita dissoluta che l’avrebbe condotta alla morte. Direi un vicenda piuttosto personale.

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  5. L’ottimo Montanari ha dimenticato la frase che tiene insieme il tutto: ” …noi fummo per secoli calpesti, derisi perché non siam popolo, perché siamo divisi…”.
    Ecco, il modernizzatore, il libertario, l’ugualitario, vorrebbe, forse, farci tornare indietro allo Stato Pontificio, alle forche dell’ imperial regio governo lombardo- veneto dell’Austria Ungheria che le univa con facilità alla tanto decantata burocrazia. Quanto al Padreterno, nella frase : ” …uniti, per Dio, chi vincer ci può..” molti hanno letto un generico ” con l’aiuto di Dio”: chi ha vissuto in Liguria, al contrario, conosce bene i toni del linguaggio locale. Io, che sto a Roma, ogni tanto vado al Gianicolo e al Memoriale dei Caduti della Repubblica Romana del 1849, quella che nella sua Costituzione aveva dato il voto alle donne e per la quale erano morti lo stesso Mameli ( a 22 anni) e Manara ( chiaramente non il disegnatore di fumetti) e Anita Garibaldi.

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    • Sarò in minoranza, ma forse dovremmo concentrarci su: ” …noi fummo per secoli calpesti, derisi perché non siam popolo, perché siamo divisi…” per migliorare

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  6. Che dovrebbero dire i Francesi della Marsigliese?
    Fratelli d’ Italia è una marcetta che, cantata festosamente sugli spalti di tutto il Mondo nelle premiazioni degli Italiani, ci rappresenta egregiamente. purtroppo. Insomma, neppure con l’ Inno ci prendiamo sul serio e resta quel “paraponzi, ponzi po…” nella testa dei presenti stranieri che non capiscono le parole.
    Ma è stata scritta nell’ unico momento della nostra storia in cui c’è stato un minimo di “rivoluzione” ed abbiamo cercato – in vari modi ed ubbidendo a vari interessi, come succede sempre in caso di guerre e insurrezioni – di creare una Repubblica laica liberandoci dall’ oppressione non solo papalina. Sappiamo come è finita, ma nell’ inno, cantato anche con orgoglio da tanti ragazzi in entrambe le Guerre, resta quel prezioso ricordo, ormai “dimenticato” persino nei Programmi scolastici: ne sappiamo di più su Giulio Cesare…

    Mazziniano e garibaldino, il ricordo di Mameli fu pressochè cancellato dopo l’ Unità, che prescrisse come Inno Nazionale la Marcia Reale.
    Chi vede fiorire ” saluti romani, mani protese, tacchi che battono e rumore di manganelli” dovrebbe lasciare perdere la solita propaganda e studiare un po’ : durante il Fascismo l’ Inno fu pressochè abbandonato, quando non proibito, a favore di nuovi canti inneggianti al Regime: uno per tutti “Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza…” ( Giovani, primavera… siamo sempre lì, ancora oggi, dice niente?).
    Solo dopo la Guerra divenne il nostri Inno nazionale.

    Lasciando perdere le canzonette straniere ( ve lo immaginate un Inno statunitense scritto magari da… un rapper russo…?) e anche il famoso “Va pensiero” certamente migliore della nostra marcetta ma non molto… eroico nelle parole (in fondo si tratta sempre di rappresentare il Paese: e poi, che ne direbbero i Palestinesi? Questa idea dovrebbe preoccupare molto, a “sinistra”!) e avessimo voluto confezionarne uno nuovo avevamo a disposizione, fino a poco tempo fa, un musicista colto e preparato, famoso nel Mondo: Ennio Morricone.
    L’ occasione l’ abbiamo persa, ora ci restano Blanco, Ultimo e Mahmud, magari con Morandi che canta. Ci rappresenterebbe in pieno, di questi tempi… Se poi fosse scritto in inglese…

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    • Gentile Carolina, vorrei portare alla tua attenzione il filmato che allego:

      SOPRATTUTTO dal minuto 9:22 al 16:33.
      Novaro, il compositore, era un vero artista che conosceva bene il mestiere.
      Un saluto

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      • Gentile @Paolo, converrà con me che si tratta di una ricostruzione cinematografica che enfatizza certi aspetti e ne tace altri . L’anticlericalismo del Mazzini è stato da sempre silenziato, del resto, e pare che anche come pensatore sia e fosse più conosciuto all’estero che da noi, come è successo con Garibaldi.
        Il pezzo che lei mi cita è la rappresentazione del tutto … romanzata della normale fatica del compositore: il tempo è un 4/4, in si bemolle maggiore. L’alternanza di Maggiore/Manore ben si sa che suscitano emozioni gioiose e di speranza ( Maggiore) contrapposte ad altrettante più oscure e drammatiche ( Minore) . Basta un accordo in Minore per renderci pensierosi anche senza parole.
        Musicalmente il pezzo è semplice e cantabile, ed era – è – proprio questa la sua forza: doveva essere per tutti e rendere un’idea di..
        ” gioiosa macchina da guerra”, potrebbe avere detto qualcuno. Perché in guerra si doveva appunto andare, essere pronti alla morte anche attraverso quella semplice iniezione di …fiero ottimismo: ce la possiamo fare.

        Dobbiamo sempre stare molto attenti quando ci troviamo di fronte alla rappresentazione di quel fenomeno così vario, variegato, in cui tanti interessi si incrociarono e si combatterono anche a livello europeo, che chiamiamo “Risorgimento”. Immediatamente dopo la ” normalizzazione ” della Repubblica Romana ( il tentativo più ” estremo” di liberare il Regno Pontificio, instaurare una moderna e democratica Repubblica liberando la Città dal giogo papale, conclusosi, nei fatti, solo con i Patti Lateranensi controfirmati dall’ ” Uomo della Provvidenza” Mussolini) lo storytelling mediatico si è riempito di fatti e fatterelli , personaggi e personaggetti utili alla bisogna. Ad esempio.la ” santificazione di Giuseppe Verdi” fu uno di questi.
        Verdi, con la sua musica orecchiabile e cantabile( altrove in Europa si sperimentavano ben altri suoni), i suoi libretti da feuilleton,le sue donne immancabilmente vergini costantemente preganti morenti e morenti per amore, incarnava il massimo della propaganda di sottomissione religiosa.
        Da sempre, lo vediamo bene anche al giorno d’oggi, la musica ha ” convinto”.
        In Germania ( l’inno musicalmente più bello del Mondo: non a caso firmato Haydn; ma anche quello russo non scherza, a noi parere) la molto più moderna e strutturata musica di Wagner è stata usata politicamente, come politicamente, per stare nell’immediato, viene usato, ed esportato, il Rap statunitense in tutto il mondo.

        Teniamoci l’inno, dunque, come ho già scritto chi a mio parere avrebbe potuto riscriverlo non c’è più. E l’ onnipresente ( e onnipotente?) Fedez non mi pare all’altezza, almeno per ora. Ma non si sa mai…😀
        Del resto, ci rappresenta bene, di questi tempi.
        Un saluto.

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    • “inno, cantato anche con orgoglio da tanti ragazzi in entrambe le Guerre”
      Ma va a ciapá i rat, Carolina.

      Va a chiederlo si ragazzini strappati dalle loro case e mandati a morire nelle trincee di Cadorna o a quelli mandati a congelare nella steppa russa da un cialtrone che voleva spezzare le reni al mondo se cantavano la marcetta insulsa di Mameli o se mandavano a ca.are chi li ha obbligati a partire.

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  7. A me piace ‘La storia’ di D Gregori

    La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
    siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
    La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
    La storia siamo noi,
    siamo noi queste onde nel mare,
    questo rumore che rompe il silenzio,
    questo silenzio così duro da raccontare.
    E poi ti dicono “Tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera”.
    Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
    Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,la storia entra dentro le stanze, le brucia, la storia dà torto e dà ragione.
    La storia siamo noi,
    siamo noi che scriviamo le lettere,
    siamo noi che abbiamo tutto da vincere
    e tutto da perdere.

    E poi la gente (perché è la gente che fa la storia)
    quando si tratta di scegliere e di andare,
    te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
    che sanno benissimo cosa fare.
    Quelli che hanno letto milioni di libri
    e quelli che non sanno nemmeno parlare,
    ed è per questo che la storia dà i brividi,
    perché nessuno la può fermare.
    La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
    siamo noi, bella ciao, che partiamo.
    La storia non ha nascondigli,
    la storia non passa la mano.
    La storia siamo noi,
    siamo noi questo piatto di grano.

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  8. Adesso non va bene nemmeno l’inno nazionale, considerato maschilista, schiavista e nazionalista? Che p***e questi pseudointellettuali di sinistra, che si credono i più bravi e i più belli di tutti. In America hanno il cancel culture, ma anche qui non siamo messi tanto bene. Comincio a capire perché una come la Meloni (non proprio una cima) è diventata presidente del Consiglio.

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  9. Certamente era così, @GSI, ma le guerre ci sono state, e anche quelli che non si sono potuti sottrarre ( i più) hanno avuto bisogno, per resistere, di qualcosa di cui essere orgogliosi, in cui credere. La propaganda si fa così.
    Le consiglio di leggere le lettere dei soldati – della Prima Guerra Mondiale, soprattutto – e vedrà in quanti hanno ” tenuto duro” per Dio e per la Patria, in cui credevano ciecamente. Quanto fossero tristi e depressi ce lo dicono anche le canzoni di quel periodo ( osteggiate anche loro, più tardi dal Fascismo: troppo tristi e rassegnate) , scritte per lo più autonomamente da semplici soldati e diffusesi col passaparola : nostalgici canti di montagna, in un momento storico in cui l’amore per la Patria, la mamma, la fidanzata, non erano ancora considerate stupidità di ” destra”.

    La storia non si riscrive: le cose sono andate così, la propaganda ha sempre funzionato ora come allora, ed ora come allora ( anzi, più di allora) si esprime attraverso la musica, che arriva direttamente e senza intermediari – quegli accordi in Minore e Maggiore, così sapientemente dosati dai bravi compositori – fino, come si suol dire, nell’animo.
    Non me la sento di sputare sopra quelle convinzioni, spesso tanto radicate e per le quali in tanti sono morti, anche se, esattamente come lei, so benissimo quanto fossero propaganda ad usum Delphini; mutatis mutandis, d’altronde, la medesima propaganda che vediamo ora nei confronti dell’Ucraina, e per la quale non lesiniamo mezzi ed anche uomini: mai dire mai.
    Quel sacrificio, anche se indotto con l’inganno, dobbiamo rispettarlo, ed anziché dileggiare ed odiare, consiglierei di sospendere per una volta ogni giudizio, fare una gitarella in quel di Redipuglia, e rimanere un attimo in silenzio davanti a tutti quei ” PRESENTE”. Del resto, lassù, non si può fare altro che stare in silenzio, le assicuro.
    La nostra storia dipende anche da questo, ed indietro non si torna. Cerchiamo almeno di portare rispetto e fare di tutto perché non si ripeta in quel modo.

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    • Carolina
      Ho già visto Redipuglia
      e non mi serve leggere libri con le lettere dei soldati al fronte (chi li ha scritti questi libri?) per il non banale motivo che conosco bene quelle storie attraverso attraverso il vissuto di nonni e padri che che hanno fatto entrambe qulle guerre.
      Grazie.

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  10. Anch’io, come tutti noi, del resto: quelle due guerre non hanno risparmiato alcuna famiglia. Studiare, leggere, però fa sempre bene, ci si allarga un po’ l’ orizzonte… E forse anche a mettersi nei panni degli altri, che spesso non la pensano come noi…

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    • Non preoccuparti dei miei studi e guarda a quanto sono larghi i tuoi di orizzonti Carolina,
      Quanto al mettermi nei panni di quelli che non la pensano come me, perché dovrei farlo? Ognuno di noi la pensa alla sua maniera e l’importante è aver rispetto delle opinioni altrui.

      Salvo che non siano quelle di chi vorrebbe mandarmi in guerra per motivi fasulli come quelli che ci hanno portato sulle due guerre mondiali ieri e di quelli che ci vorrebbero portare oggi alla terza.
      Se lo cantino loro il loro inno.

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      • Il LORO inno è, fino a prova contraria, anche il TUO, per cui, se non ti va di cantarlo, liberissimo, ma “Io vagabondo” dei Nomadi – che è la misura di dove può arrivare il tuo cervellino – sai dove puoi collocartelo.

        Se vuoi fondare un comitato che abolisca l’inno nazionale, fallo e poi vediamo quanti voti prendi (semicit.)! La prima volta vi è andata bene (poi tutto è andato ramengo, ma questo è un altro discorso…): hai visto mai! Anche qui, come riporta Travaglio sull’altro articolo, in risposta alla proposta di cambiare il Padre Nostro, non si ha a che fare che con “La mamma dei cr3tini è sempre incinta”.

        Ciao, ciao, “massa asettica di galline cui distribuire quel famoso becchime di cui parlava la nostra Carmen”.

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      • Va a ciapá i rat insieme a Carolina, Burla vivente.
        Il comitato collocatelo tu, in quel posto mentre canti l’inno a squarciagola.

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      • Egregio Gsi, mio nonno – si figuri che cretino – era andato in guerra nel 1915 e in prima linea per 4 anni, perché pensava che contribuire a distruggere gli Imperi Centrali fosse utile al progresso della Libertà e della Democrazia (senza saperlo seguiva i pensieri di Emilio Lussu). Secondo certi ragionamenti avrebbe fatto meglio a imboscarsi…

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      • Al netto del “collocamento”: “FRATELLIIIIIII D’ITALIAAAAAAAAAA, L’ITALIAAAAAAAAAA SE DESTAAAAAA…”… ahahah…

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      • X P.Diamante (PD).

        Sì, era meglio imboscarsi.

        650.000 morti.

        Solo a Montalcino (10.000 abitanti all’epoca centro Italia), ci sono più di 250 nomi sulla lapide. Una generazione spazzata via per la gloria dei Savoia.

        E solo per quello.

        E poi venne pure il fascismo.

        1.000 morti e forse più condannati o fucilati sul posto, dalle autorità itagliane, a cominciare dai carabinieri delle retrovie.

        Bella roba.

        E adesso, nel 2023, stiamo a rischio di finire allo stesso modo. Ammorbati dalla propaganda e dalle marcette militari.

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      • Lascia perdere prof, cosa pretendi da parte di un soggetto vorrebbe i Nomadi come inno nazionale, e che apre ogni suo post con il mantra fisso: “È tutta colpa dei guerrafondai della Nato blablablabla…”.
        La sua fortuna è che i suoi antenati e tutti i morti sul Carso, a Bassano, a Caporetto, non possano tornare indietro a fare volare i ceffoni, ed a spiegargli cosa sia significato morire in quelle sporche guerre per garantirgli il suo agiato presente in una nazione almeno potenzialmente libera. Avrebbe meritato di stare ancora sotto il Kaiser, o perché no, sotto i papalini o i Borbone.
        Un minuto di silenzio per loro, e un minuto di vergogna per tutti gli altri, compreso Montanari.

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      • Frankie,
        Parti per l’Ucraina che il comico ti aspetta per le sue trincee.
        In alternativa prenditi a schiaffi e va a ciapá i rat col Gatto.

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    • Egregio Paolodiamante,
      Anche il mio, classe ’95, è andato in trincea e non certo conscio di andare a battere gli imperi centrali d’Europa ma perché obbligato a farlo altrimenti lo fucilavano.
      Salvo per autentico miracolo, non ha mai scritto lettere (non credo potesse farlo un fante, ci volevano carta, lapis e… Conoscenza dell’italiano) né parlato troppo di quel che ha vissuto.
      Quel che poteva pensare lo si poteva cogliere molto dai suoi lunghi, interminabili silenzi.
      Buona giornata.

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  11. Tranquilli, ragazzi, non possiamo ogni volta, su ogni argomento saltarci agli occhi.
    Storicamente l’Inno ha una propria valenza ( altrimenti non lo canteremmo) anche se musicalmente modesto. Ma sono pochi gli Inni realmente musicali.
    Quanto alla guerra, anzi, alle guerre, purtroppo ci sono state e ci saranno. Litigare tra noi è esattamente quello che ci porterà alla prossima: divide et impera, lo dicevano già il Romani.
    E cantando le parole di chiunque , se lassù lo decideranno, marceremo. O marciremo.
    Come è sempre stato: già si sente l’odore, ma come i polli di Renzo, ci si sfoga tra noi…

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    • Mai perdere l’occasione di scrivere un tuo forbito commento su qualsiasi cosa, vero Carolina?

      Adesso abbiamo anche la Carolina modello critica musicale-storica.

      Nemmeno Barbie ha così tante versioni.

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      • Forse perché mi interesso di tutto. Anche se non è di moda la curiosità. Purtroppo a scuola la musica non si insegna ( a parte l’orrido flautino) ed occorre arrangiarsi personalmente e privatamente: i libri li vendono, i dischi li vendono, gli strumenti gli spartiti pure, le scuole ci sono… Quindi si può, basta volerlo. Fortunatamente i miei genitori l’hanno voluto: anche loro sapevano suonare, la musica era di casa. Me ne devo vergognare?
        Per poter vivere nel mondo occorre cercare di capirlo e non lo si capisce attaccando sterili etichette.
        Piuttosto una domanda: a cosa servono le critiche ad personam? Non è meglio interloquire nel merito?

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  12. @ermete.
    Sparviero ha semplicemente dimenticato cosa significasse, ai tempi, “imboscarsi”. Si era pieni di delatori (figurarsi oggi con i social e gli odiatori: “Io devo partire e lui si imbosca?”) e si rischiava realmente la fucilazione, oltre a ritorsioni pesantissime per chi aiutava.
    Col senno di poi è tutto facile, quando sei lì…

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