Giorni fa un grande chirurgo che opera in un grande nosocomio della capitale mi raccontava che la politica si disinteressa dello stato comatoso della sanità pubblica perché “quando un parlamentare o un ministro devono farsi operare […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – “Trovare un medico di base è ormai quasi impossibile in alcune zone d’Italia e i pronto soccorso sono al collasso. Tra ospedale e territorio mancano più di 20 mila medici, 4.500 nei pronto soccorso, 10 mila nei reparti ospedalieri, 6 mila medici di medicina generale”.
Corriere della Sera

Giorni fa un grande chirurgo che opera in un grande nosocomio della capitale mi raccontava che la politica si disinteressa dello stato comatoso della sanità pubblica perché “quando un parlamentare o un ministro devono farsi operare sono disposti a spendere magari ventimila euro in una clinica e senza il bisogno di sorbirsi tre mesi in lista d’attesa, quando si è fortunati”. Stesso discorso vale, naturalmente, per i giornalisti, i quali beneficiano di una efficiente assistenza medica, non frequentano molto gli ospedali e (a cominciare da chi scrive) si tengono alla larga dai pronto soccorso a cui si ricorre solo per ragioni di estrema urgenza. Luoghi divenuti più di pericolo che di salvezza, piantonati stabilmente dalla polizia per le frequenti aggressioni al personale. Questo spiega, in soldoni è proprio il caso di dire, le ragioni per cui il permanente collasso della sanità, falcidiata da tagli e inflazione, non abbia nel discorso pubblico il rilievo drammatico che meriterebbe. Semplicemente perché politica e informazione preferiscono parlare d’altro in quanto disinteressate (per privilegio, superficialità o per entrambe le cose) alla natura del problema e alle sue conseguenze. Poi, può capitare come a tutti che un giorno l’autore di questa rubrica sia costretto, per vicende familiari, a varcare l’ingresso di quel grande nosocomio romano e a confrontarsi con una realtà colpevolmente poco frequentata. Constaterà con i suoi occhi la traduzione in termini di stress dei numeri del disastro. Medici e infermieri costretti a turni massacranti e ridotti allo stremo. Le eccellenze della chirurgia che mentre sono impegnate a salvare la vita al prossimo devono motivare i propri collaboratori spesso troppo stanchi anche solo per protestare. Un quadro sconfortante dove i bilanci risicati delle aziende ospedaliere non sempre riescono a fare fronte alle richieste di materiale sanitario e di nuove tecnologie (a cominciare dai computer). Parliamo di un mondo che abbiamo ammirato, colmi di sincera riconoscenza, durante la pandemia quando medici e infermieri venivano decorati sul campo e definiti eroi. Troppo spesso per bocca di quella retorica nazionale dalle espressioni stentoree e dalla memoria corta. Anche se forse il governo preferisce servirsi della sanità privata, sarebbe cosa buona e giusta se trovasse il modo di concentrarsi su questo fondamentale bene comune, ridotto a una fiammella sul punto di spegnersi. Intercettazioni e concessioni balneari sono sicuramente questioni importanti per il Paese, però se si rottama la salute che vita è?