L’ultimo sondaggio del 2022, pubblicato da Sandro Pagnoncelli sul Corriere di fine anno, ci dice che il PD è al suo minimo storico (16,3%) mentre i 5Stelle sono risaliti al 17,6%, la percentuale che avevano nel luglio 2019. Però in quel mese ormai lontano il PD era al 22% sicché […]

(DI DOMENICO DE MASI – Il Fatto Quotidiano) – L’ultimo sondaggio del 2022, pubblicato da Sandro Pagnoncelli sul Corriere di fine anno, ci dice che il PD è al suo minimo storico (16,3%) mentre i 5Stelle sono risaliti al 17,6%, la percentuale che avevano nel luglio 2019. Però in quel mese ormai lontano il PD era al 22% sicché i due partiti, messi insieme, arrivavano al 40%. Oggi raggiungono a stento il 34%. Per la sinistra, dunque, c’è poco da gioire di fronte alla tenue ripresa dei 5Stelle e c’è molto da temere per il calo del PD, che appare inarrestabile.

Pagnoncelli ci dice anche dove vanno a finire gli elettori che scappano dal PD: il 19,7% va verso l’astensionismo; il 5,7% verso i 5S e gli altri partiti della sinistra; il 2,4% va addirittura in FdI; l’1,5% sceglie il Terzo Polo che, pur nel suo piccolo, pesca più voti a sinistra che a destra.

Questi dati non basterebbero per farci un’idea sensata sul PD se Pagnoncelli non ce ne fornisse anche altri sull’economia e sulla cultura. Oggi gli operai voterebbero molto più per i 5S (20%) che per il PD (9%). Il 26% dei disoccupati voterebbe 5S e solo il 13% preferirebbe PD. Tra gli italiani più ricchi il 20% voterebbe PD e solo l’11% per 5S. Ta i più poveri, invece, il 28% sceglierebbe i 5S e il 9% il PD.

I dati culturali confermano quelli strutturali: oggi il PD sarebbe votato dal 16% dei giovani con meno di 35 anni, dal 14% dei semianalfabeti e dal 23% dei laureati mentre i 5S sarebbero votati dal 22% dei giovani, dal 20% dei semianalfabeti e dal 14% dei laureati.

In sintesi, il PD è prevalentemente radicato tra gli anziani, i laureati, gli studenti, i benestanti, i pensionati, gli abitanti nel Centro-Nord: più o meno come l’elettorato che un tempo stava coi liberali, con la destra democristiana, coi banchieri di Cuccia e con la Confindustria di Furio Cicogna. Invece i 5Stelle sono più votati dai giovani, dai poveri, dai disoccupati, dagli studenti, dalle casalinghe e dai meridionali: praticamente l’elettorato che un tempo stava con Togliatti, Berlinguer, Di Vittorio e don Milani.

Come si auto-collocano politicamente gli elettori? Coloro che voterebbero 5S risultano abbastanza confusi: il 35% non sa dove piazzarsi; il 23% si piazza al centro; il 20% nel centro-sinistra e il 28% a sinistra. Dunque la maggioranza di coloro che votano 5S si trova in una condizione oggettiva di sinistra ma non se ne rende conto. Dunque ha da fare molta formazione politica prima di rendersi conto che, per uscire dalla precarietà, occorrono idee, organizzazione e radicalità di sinistra.

Se tra l’elettorato 5S regna la confusione, quello di sinistra è certo della sua collocazione: il 33% si dice di sinistra e il 48% di centro-sinistra. Che una parte della borghesia si senta di sinistra e tuttavia voti PD è generalmente considerato un paradosso. Io credo, invece, che sarebbe stato paradossale nella società industriale in cui viveva Marx, quando la borghesia godeva di sicurezza economica e solo il proletariato viveva nella precarietà. Ma non lo è più nella società postindustriale dove il neo-liberismo ha precarizzato (cioè, ha reso insicura) anche una parte notevole della borghesia.

Purtroppo non ci sono ricerche sociologiche su questa fascia sociale che magari vive nelle ZTL e abita nei vari Parioli d’Italia eppure vota PD. Ma possiamo ipotizzare che si tratta di persone ben scolarizzate, gelose del proprio rango, con una persistente sensibilità per le questioni sociali ma che fanno politica più con le parole che con i fatti. Inclini al laicismo, esse antepongono il progresso alla tradizione, si sentono esperte della letteratura di sinistra più per averne sentito parlare che per averla letta, non frequentano il proletariato ma si sentono proletarizzate dalla crescente insicurezza economica, la quale ormai minaccia anche la loro classe. Sono impiegati e manager, laureati e diplomati, liberi professionisti e inoccupati, insegnanti e accademici, tutti sotto la spada di Damocle che pendola tra l’ostentazione di decoro e la minaccia d’indigenza.

Io credo che non ci sia contraddizione tra il loro status e la loro preferenza per il PD, che resta pur sempre un partito di sinistra. La loro scelta non è dettata tanto dallo snobismo intellettuale quanto dalla paura del domani che rende proletario chiunque ne sia afflitto e lo spinge ad associarsi con chi storicamente ha difeso gli sfruttati.

C’è da sperare che il PD riprenda a crescere proprio in questo segmento borghese senza un velleitario ritorno a quelle periferie di cui ha ormai smarrito l’essenza. Che perfezioni, invece, il paradigma, il metodo e le parole più adatte per consolidare la sua presa su questa borghesia in cui ha saputo meritoriamente fare breccia e che, se non si sentisse difesa dalla sinistra, finirebbe per rivolgersi alla destra.