(Fabrizio Roncone – Sette – Corriere della Sera) – Barbuto, l’aria stropicciata, i jeans sbrindellati, inseguito dagli agenti in tenuta antisommossa e adorato da giovani compagne felici di avere un leaderino rosso così, nel febbraio del 2003 Nicola Fratoianni tutto istinto alla lotta e alla ribellione, comunismo battente delle vene – correva sui binari della stazione ferroviaria di Pisa per andare a bloccare i convogli di armamenti americani diretti nel Golfo.

Quasi vent’anni dopo, ormai dritto sulla boa dei 50, eccolo attraversare il Transatlantico di Montecitorio con un alone scuro addosso: un po’ l’abito da onorevole gruppettaro, un po’ certe occhiate forastiche, perché la storiaccia di Aboubakar Soumahoro – il sindacalista nero candidato in un miscuglio di superficialità e retorica pelosa, cooperative vere o presunte, la suocera che per difendersi da ignobili accuse sceglie l’avvocato già difensore anche di Priebke – è stato il suo primo grande inciampo politico (del secondo, forse più grave, ma meno mediatico, saprete tra qualche riga).

Curriculum da ex rivoluzionario: che inizia con l’esperienza dentro Rifondazione comunista impastata con quella no global, stagione memorabile, per poi arrivare in Puglia a bordo di una scassata Volvo station-wagon, dove Fausto Bertinotti lo spedisce con i gradi di segretario regionale per aiutare Nichi Vendola a diventare governatore. I due tentano persino una legittima scalata al partito, la perdono, Fratoianni resta disoccupato per qualche tempo, finché Nichi non lo nomina assessore alle Politiche giovanili. La svolta.

Fratoianni capisce che la politica può essere un vero mestiere: si compra finalmente una giacca, e si toglie lo sfizio di una Triumph Bonneville fiammante. Nel 2013 diventa deputato, anche se nessuno ricorda più con quale partito, per- ché nel frattempo a sinistra si sono divisi e, atomo dopo atomo, alla fine più che un cronista servirebbe un fisico quantistico, ma bravo.

Le nuvole, ad agosto. Fratoianni – in tandem con il verde Angelo Bonelli – prima candida Soumahoro (velo pietoso); poi anche Elisabetta Piccolotti. Sua moglie. Sposata a Foligno, dove vivono con Adriano, il figlio di 9 anni. I giornali se ne occupano distrattamente. E invece, compagni, la domanda è: può un capo di partito far eleggere la consorte? Certo che può. Domanda successiva: è opportuno?