(Massimo Gramellini – corriere.it) – «Basta fatti, vogliamo promesse», è la scritta storica segnalataci da un lettore, che l’ha letta su un muro della sua città. Una battuta paradossale, ma come tutti i paradossi contiene un fondo di verità.

Esaurita per fortuna la stagione dei venditori di fumo, ci ritroviamo guidati da gente forse seria, ma sconsolatamente priva di qualsiasi visione.

Prendiamo la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde. Ogni volta che apre bocca è per ricordarci che dobbiamo morire. Chi occupa quel ruolo dovrebbe infondere entusiasmo e stimolare speranze, tanto più che i mercati finanziari sono emotivi e suggestionabili peggio di un asilo nido. Invece Lagarde ha pensato bene di tirarci su il morale vivisezionando la parola dell’anno, permacrisi, che significa «crisi permanente caratterizzata da un susseguirsi e sovrapporsi di emergenze», cioè la condizione umana dai tempi di Adamo. Ma non per Lagarde, convinta di vivere nel peggiore dei mondi possibili e smaniosa di farcelo sapere, oltretutto senza indicare una via di uscita che non siano i soliti messaggi algidi per addetti ai lavori.

Qualcuno lo spaccerà per realismo, mentre è rassegnazione. Realista era Churchill, che, nell’ora più buia di una permacrisi un po’ più permacritica di questa, parlò di sangue, sudore e lacrime, ma anche di resistenza e di vittoria. Il rassegnato dice che farà sempre più freddo e non resta che mettersi il maglione. Il realista si mette un maglione e va ad accendere il fuoco.