
(Alberto Sofia – ilfattoquotidiano.it) – Di fronte alla decisione del governo Meloni di smantellare il reddito di cittadinanza, c’è chi, nel mondo sindacale e tra le realtà associative romane, ha deciso di auto organizzarsi per lanciare una mobilitazione non soltanto in difesa della misura, ma anche per rivendicare la necessità di ampliarla oltre che per lottare affinché si riapra la discussione per l’approvazione del salario minimo.
L’iniziativa è stata promossa a Roma dalle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap), nate dalla federazione di esperienze di lotta (dalla vertenza vinta per la stabilizzazione dei precari di Anpal Servizi a quella dei ricercatori precari, passando per i lavoratori dello spettacolo) e di auto-organizzazione in diversi territori capitolini. Dopo che l’esecutivo ha deciso di abrogare il reddito dal 2024 e “sostituirlo da una nuova riforma”, con gli ‘occupabili‘ che nel 2023 lo riceveranno soltanto per 8 mesi (e con il sussidio che si perderà, sulla carta, già dopo la prima offerta congrua rifiutata, anche se in realtà ai percettori finora non ne sono mai arrivate, o quasi, ndr), le Clap hanno convocato al centro culturale Esc diverse associazioni e sindacati di base. Dai Cobas a Nonna Roma-Banco del Mutuo soccorso, fino a spazi sociali romani, come il centro sociale La Strada, l’obiettivo è dar voce a percettrici e percettori. E lavorare per la costituzione di “Comitati per la difesa del reddito“, con l’idea di scendere in piazza il prossimo 20 dicembre, di fronte al ministero del Lavoro.
“Secondo noi è il momento di entrare in un dibattito agghiacciante, contro la propaganda fatta contro un sussidio che ha permesso invece a tante persone di uscire da una condizione di povertà assoluta, per difendere chi ne beneficia e per cancellare lo stigma e la vergogna che si sta cercando di gettare sui percettori. Vogliamo farlo mettendo insieme le diverse realtà che si stavano già battendo da tempo per superare le sue condizionalità, così stringenti”, spiega Tiziano Trobia, coordinatore delle Clap, nel corso della prima riunione per il lancio dei comitati. “Il convitato di pietra è la condizione salariale: difendere il reddito va di pari passo con la battaglia sul salario minimo e sui salari stessi”.
Così a prendere parola, “contro la retorica che su gran parte dei media ha cercato di bollarci come ‘fannulloni’ e parassiti del welfare”, sono state le stesse percettrici e gli stessi percettori. Scegliendo di metterci la faccia: “Sembra che dipenda soltanto da noi se non siamo abbienti, se non lavoriamo. Ma la realtà è che dipende dalle aziende, dal mercato del lavoro che c’è in Italia, dalle politiche portate avanti dai governi e dalla mancanza di investimenti”, spiega un giovane percettore, costretto a chiedere il reddito di cittadinanza. “Sono risultato idoneo (ossia, coloro i quali superano le prove, ma non rientrano nel numero dei posti banditi) rispetto al concorso ordinario scuola, nella classe di geografia. Ma il problema è che non solo gli idonei, ma anche alcuni vincitori ai primi posti non sono entrati, perché le assunzioni sono state veramente poche. Così in attesa di essere chiamato, per me il reddito è stata una possibilità quantomeno di sopravvivere“, spiega al Fattoquotidiano.it.
Non è il solo. “Ho fatto di tutto, cameriera, bar, babysitter. Ma non mi è bastato. I lavori che sono stata costretta ad accettare, con salari bassi e spesso in nero o con contratti fittizi e con meno ore rispetto a quelle lavorate, ci rendono ricattabili. E invece il reddito mi ha dato la possibilità di non esserlo e di poter continuare a formarmi. Mentre ho percepito il reddito ho fatto la stagione in Calabria per due mesi come cameriera in estate, ho dichiarato l’occupazione e mi è stato rivalutato il reddito. Non c’è alcun attendismo sul divano da parte nostra, soltanto voglia di lavorare, ma in modo dignitoso“, spiega un’altra lavoratrice. Un altro ex percettore, ora rientrato nel mondo del lavoro, interviene nel corso della riunione dei comitati: “Ero un invisibile, il reddito quella invisibilità la elimina. Senza non avrei superato il lockdown, da lavoratore in nero”.
Peggiore la situazione per quanto riguarda gli immigrati, considerati i requisiti stringenti già previsti per gli stranieri che spesso non consentono l’accesso al reddito: “Avere a che fare con persone che ancora di più vanno nel sommerso, che non riusciamo a riconoscere nel territorio, significa ancora di più rischiare di perdere queste persone dal punto di vista dei servizi”, avverte un volontario dell’associazione ‘Nonna Roma’. Già il comitato di valutazione del reddito presieduto da Chiara Saraceno, tra le 10 proposte di modifica, aveva invitato a ridurre il periodo minimo di residenza in Italia richiesto ai cittadini extracomunitari per avere diritto al reddito, da 10 a 5 anni. Ma la richiesta era stata ignorata dal governo Draghi.
Ora, di fronte alla guerra intrapresa dal governo contro il Reddito, i percettori temono di tornare “nella morsa della ricattabilità, tra lavori ipersfruttati e paghe irrisorie“. “In questi anni abbiamo sentito notizie tossiche su percettori, navigator e centri per l’impiego. Ma va ristabilito un senso di verità: in Italia intanto manca la domanda di lavoro e quella che c’è è di scarsa qualità”, precisa Marco Filippetti, che lavora all’Anpal Servizi e si occupa proprio di politiche attive per il lavoro.
“Altro che offerte congrue. Io le ho viste le offerte che arrivano: spesso di scarse competenze, con paghe basse. Lavori stagionali o per poche settimane o giorni. Se questo è il modello che questo governo, così come gli altri, continua a proporre, la strada è sbagliata”. Parole che confermano anche quanto Ilfattoquotidiano.it ha scritto più volte, anche riguardo al rifiuto dell’offerta congrua, la più nota tra le condizionalità che portano alla perdita del Rdc.
La prima scure dell’esecutivo, intanto sarà sui (potenzialmente) ‘occupabili’, circa 660mila. Nel 2023 saranno salvi i nuclei familiari degli inoccupabili, affidati ai servizi sociali, ma gli altri beneficiari tra i 18 e i 59 anni senza figli minori o persone con disabilità a carico si ritroveranno a percepire soltanto otto mesi di Rdc. E poi? “Si riaprirà la strada a un’ulteriore precarizzazione, al doversi adeguare a uno stipendio bassissimo, al mobbing e a un lavoro nero di massa”, denuncia un percettore. Chi lavora nelle politiche attive precisa: “Spesso tra gli occupabili in realtà ci sono tante persone che non lo sono, dove il lavoro è soltanto una delle complessità, spesso lontani dalle grandi città, con bassa scolarizzazione e difficoltà sulla questione abitativa”. Una platea che dovrebbe invece essere tutelata, secondo i promotori dei comitati: “Così invece rischiamo il disastro sociale“.
“Chi è in Parlamento e crede che questa battaglia vada portata avanti lo deve fare, al di là dei numeri in Aula. Noi vogliamo costruire convergenze e sfidare la politica, dal M5s, al Pd e alle altre forze progressiste che vogliono giocare questa partita”, è l’invito delle Clap. Ora pronte a scendere in piazza.
ORSO GRIGIO
LA CACARELLA A VENTO
Una volta ottenuto il potere, evento che né la logica né la storia né tantomeno il buon senso potranno mai spiegare, come colti da un proditorio quanto feroce attacco di colite, si sono precipitati in parlamento e hanno espulso le seguenti defecazioni:
– aumento del tetto al contante, perfetto per gli evasori fiscali;
restrizioni sull’uso del pos, onde eludere anche qui i controlli e favorire l’evasione;
– riduzione delle tasse per i lavoratori autonomi al 15%, più o meno la metà del balzello che lo Stato trattiene sugli stipendi dei lavoratori dipendenti che guadagnano anche quattro volte meno di loro;
– abolizione del reddito di cittadinanza, con un bel vaffanculo a chi non ce la fa, così la prossima volta ci stanno più attenti a come nascere, dove, e con chi;
– bonus di 5.500€ ai parlamentari per comprarsi telefonini, pc portatili e tablet per sé e per l’amante, che con il solo stipendio miserabile che prendono non ce l’avrebbero mai potuta fare e senza la tecnologia avrebbero continuato a comunicare a rutti e fare i conti col pallottoliere;
– la furbata leghista last minute di fregarsi cinquecentomila euro dai fondi per l’istruzione e omaggiarli allo staff del ministro. Una cosa di una mancanza di rispetto tale che da sola basterebbe a mandarli tutti a casa, e senza passare dal via;
– gli rimane da ponzare qualche deiezione sulla giustizia, così, tanto per mettere le cose in chiaro su chi sia il loro elettorato di riferimento, e direi che ci siamo.
Come si vede, tutti provvedimenti vitali, indispensabili e urgentissimi che vanno a soddisfare gli interessi e i bisogni di tutti. Oddio, non proprio di tutti, più di quelli che li hanno votati: potenziali evasori, egoisti, furbetti con un’attitudine al rispetto delle regole pari a zero, e un’attenzione alla solidarietà pari a meno, radicata e ormai consolidata nei secoli dei secoli.
Amen.
Questo paese è diviso in due, ricchi e poveri, e senza nessuna transizione che permetta il confronto.
Diviso da una frattura totale, culturale, definitiva.
Prima c’era la cosiddetta classe media a fare da cuscinetto fra le parti e a garantire in qualche modo un equilibrio.
Era quella a metà, né poveri né ricchi, che vivevano dignitosamente.
Senza strafare e senza penare troppo: dignitosamente.
Oggi non c’è: i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più ultimi e messi male.
E fra le due fazioni si scatenerà la peggiore delle guerre, quella che nasce dal rancore e dall’odio.
Chi ci governa lo sa bene e farà di tutto perché questo accada e si accenda la rissa, così, intanto che ci scanneremo fra noi potranno pisciarci in capo qualsiasi nefandezza, che tanto noi la scambieremmo per pioggia acida.
E’ sempre stato così, il ‘divide et impera’ è vecchio quanto il mondo. Non solo fra i poveri e i ricchi, ma fra i giovani e i vecchi, i bianchi e i neri, gli etero e i gay, uomini e donne, atei e credenti, e poi fra i credenti a seconda del loro dio. Più riescono a dividerci e più perdiamo il superpotere della nostra unione.
Nel corso della storia, loro hanno imparato a gestire il potere in difesa dei propri privilegi; noi, a ribellarci uniti in nome dei nostri diritti, no.
E hanno imparato talmente bene che vanno oltre, ci sbeffeggiano, e gli basta che un coglione qualsiasi lanci minacce di morte per buttarla in caciara e vomitare contro Giuseppe Conte, l’unico che fa opposizione e perciò da mettere a tacere in fretta, l’accusa di “armare la mano dei folli” come ha blaterato quella gran statista della ronzulli, o di “alzare i toni sul reddito di cittadinanza portando a queste manifestazioni di odio”, come invece ha sentenziato quell’altro fenomeno di gasparri.
Fanno le vittime, queste candide creature, parlano di “armare la mano di folli”, di “odio”, di “violenza”, cercando di screditare, anche con l’aiuto dell’Istituto Luce tutto, uno che fa semplicemente quello che deve fare: opporsi a questo governo di incapaci.
E fingendo di non capire che dovrebbero invece essergli grati, a Conte, perché se non ci fosse rimasto almeno lui a difesa dei diritti dei più stronzi e a catalizzarne la rabbia, forse quella violenza di cui cianciano sarebbero costretti a vederla davvero.
E poi qual è la violenza vera? E’ quella dei vaneggiamenti di uno psicopatico, uno di quelli che la morte l’hanno augurata anche a me e alla mia famiglia senza che lo sapesse tutto il mondo, e che basterebbero norme e controlli più stringenti per mettere in galera o almeno a tacere, o quella di occupare il potere e favorire in maniera putrida una classe sociale già privilegiata nei confronti di quella da sempre nella merda?
E cos’è l’odio, quello vero, livido e rancoroso, se non togliere alle persone la sola possibilità di sopravvivenza che hanno?
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Lotta biologica, lotta sociale
Mariapia Folli
La crisi italiana e’ grave, ma fa parte di uno sconvolgimento generale del mondo occidentale o primo mondo, e che puo’ essere uno dei grandi balzi storici che riguardano la vita degli uomini.
Pure la tranquilla Svizzera non e’ serena come pochi anni fa.
Noi italiani siamo piu’ esposti allo sfascio politico in quanto non abbiamo mai raggiunto la condizione di coesione che serve ad una massa di uomini per essere nazione. Questo ci espone all’incapacita’ di trovare un elemento unitario che parta dalla base di quella piramide che e’ uno Stato e faccia sentire al vertice la propria volonta’ di ottenere maggiore giustizia nella spartizione delle risorse.
Questo paese non e’ ancora una nazione e le ragioni partono da molto lontano, lontano molti secoli.
La Resistenza, uno dei pochi episodi di lotta popolare italiana (forse siamo un popolo imbellicoso?) si e’ consumata rapidamente, ha inciso per venti anni o forse meno perche’ la popolazione non ha riconosciuto in questo gruppo di resistenti i rappresentanti di una volonta’ di liberta’ per tutto il paese, e questo perche’ noi non siamo nazione, siamo ancora tribu’, con leggi e costumi diversi su uno stesso territorio. Non facciamo una palese guerra civile, ma una guerra civile di nervi.
Siamo una popolazione che oscilla tra scoppi di ribellione male indirizzati, che quindi non hanno esiti positivi, e un’ acquiescenza sconfortante, gente capace di un abbrutimento quasi disumano.
Mentre i vertici si mostrano, come gli antichi principi italiani, capaci di grandi fasti e di grandi dissipazioni, fuori dal tempo presente, culturalmente arretrati, chiusi nei loro “casini di caccia” proprio come si conviene a dei principi.
Alla popolazione, alle maggioranze, invece, accade di pensare che fuori dalla propria casa il territorio del paese sia luogo di scorribande o sia latrina.
Un medioevo allestito da cittadini scolarizzati a un livello mai raggiunto prima dall’Italia.
Vertici e basi di un paese fatti dalla stessa sostanza fisica e culturale, della stessa tempra modellata dai secoli, secondo Natura, secondo Cultura.
Poi, per tutte le regioni del mondo esistono onde di sviluppo e onde di caduta dello stesso. Ora siamo nell’onda in caduta.
Insisto nel sottolineare sempre che non e’ mai esistito un vertice economico-politico-religioso che abbia detto: “Da oggi dividiamo le risorse in modo proporzionato, non rubero’ piu’, da oggi tu non farai dodici ore, ma otto, sette, il sabato festivo e divideremo secondo bisogni e valori veri.” Mai esistito ancora da nessuna parte e tutto e’ stato ottenuto con grande impegno di forze, con lavoro faticoso e continuo.
Mi piace molto la frase che dice spesso don Arrigo Chieregatti di Malfolle, paesino bolognese: “La terra era di tutti e ora…..”
Certo e’ vero che i gruppi mammiferi vivono meglio con buone gerarchie, e noi siamo mammiferi, ma i nostri dominanti gerarchici italiani sono di uno squallore che quasi viene voglia di anarchia.
Allora ripasso la materia “come divenire umani” e m’impegno per quel che posso.
Gli ambiti sociali dell’impegno politico sono stati svuotati e ora occorre inventare nuovi strumenti perche’ gli antichi sono stati resi obsoleti dai nostri cattivi governanti, perfetti tiranni.
Nessun dominante ha detto: “Domani lavorerai meno e guadagnerai il giusto” e se fossi un dominante farei la stessa cosa, e’ da padrone, farei la mia parte.
Ciascuno ha un lavoro da fare nella vita. In questa vita il mio lavoro e’ dalla parte di quelli che mangiano le ossa e la cipolla, invece del prosciutto e del caviale.
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“Nessun dominante ha detto: “Domani lavorerai meno e guadagnerai il giusto””
L’ha detto Conte.
Ah, beh… ma lui non è un dominante…
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Basta fondare un sindacato…si ma le tessere chi le paga?.
Ma come un governo che va contro il RdC ,,, dovrebbe essere sfiduciato in Parlamento, ma siccome la maggioranza sta bene , non se ne farà di nulla perchè tutti fruitori di pensioni e vitalizi..loro il problema non lo sentono e sono sordi perchè non vogliono sentire.
In compenso si comprano il tablet per 5.000 € con cui potresti aiutare 10 disgraziati.
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Ci sono giornalisti e/o conduttori di programmi che non perdono una sola occasione per manifestare il loro disprezzo per i percettori del reddito di cittadinanza e anche verso il M5*.
Questi giornalisti e/o conduttori hanno la possibilità di portare avanti l’opera di diffamazione continua nei confronti dei poveri e del M5*
PERCHÉ SONO FINANZIATI DAGLI SPOT PUBBLICITARI DI AZIENDE CHE EVIDENTEMENTE CREDONO NELLA BONTÀ DEL MESSAGGI CHE QUESTI GIORNALISTI E/O CONDUTTORI VEICOLANO QUOTIDIANAMENTE.
I PRODOTTI CHE VENGONO PUBBLICIZZATI IN QUESTI PROGRAMMI DIFFAMATORI VERSO I POVERI E IL M5* VANNO BOICOTTATI!!!
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