La democrazia è libertà di parola – dall’Atene di Pericle, dall’Amsterdam di Spinoza. Sono questi i valori che la migliore tradizione occidentale ci ha insegnato. E la libera espressione è strettamente legata al dubbio, alla domanda, all’esercizio della critica. In questi valori […]

(DI DONATELLA DI CESARE – Il Fatto Quotidiano) – La democrazia è libertà di parola – dall’Atene di Pericle, dall’Amsterdam di Spinoza. Sono questi i valori che la migliore tradizione occidentale ci ha insegnato. E la libera espressione è strettamente legata al dubbio, alla domanda, all’esercizio della critica. In questi valori mi riconosco e non potrei pensare di farne a meno. Sono perciò convinta che la democrazia non vada esportata con le guerre, né difesa con la violenza. Significherebbe sottovalutarla. I valori democratici si affermano da sé, democraticamente, con il dialogo aperto. E per questo esercitano, malgrado tutto, una grande forza di attrazione.

Penso che la terribile guerra d’Ucraina, che si protrae da ormai quasi nove mesi, oltre a provocare un enorme numero di vittime e un disastro umanitario, abbia profondamente inciso anche sulla società civile in tutti i Paesi europei. Abbiamo visto anche da noi, in Italia, la sistematica guerra alle idee, la costante militarizzazione del dibattito pubblico. Chi osava anche solo avanzare l’ombra di un dubbio sulla narrazione ufficiale veniva redarguito, attaccato, non di rado esposto al ludibrio delle liste di proscrizione. Ma l’Italia ha dimostrato di essere un Paese libero, dove la democrazia resiste. E questo anche grazie a quei giornalisti, quei media, quelle cittadine e cittadini che si sono battuti apertamente, senza rassegnarsi.

Grazie a tutti loro l’aria è cambiata. Così è stata possibile la grande manifestazione pacifista di Roma, unica in Europa, frutto della cooperazione di tante organizzazioni, da Sant’Egidio all’Anpi, da Emergency a Libera, dalla Cgil all’Arci, ecc. E oggi è possibile pronunciare la parola “pace” auspicando negoziati per un cessate il fuoco, prima che sia troppo tardi. Perciò sono orgogliosa dell’Italia e delle forze pacifiste che non si sono arrese.

Fin dall’inizio, dai miei primi interventi – ad esempio quello sul suicidio dell’Europa –, ho preso una posizione coerente al mio pensiero, a tutto quello che ho detto e scritto nel corso di anni. Non avrei potuto fare diversamente. Ho sempre condannato, fin dall’inizio, e a chiare lettere, la criminale invasione russa. Ma ho sempre pensato che stare al fianco del popolo ucraino non significasse inviare armi e armi, bensì chiedere immediatamente un intervento mediatore dell’Europa. Non posso accettare l’idea che nel XXI secolo i conflitti si debbano risolvere con la violenza. Ed è quanto ho ribadito di recente anche in una lunga intervista rilasciata a uno dei maggiori quotidiani olandesi, intervista che è alla base delle accuse rivoltemi dal Centro per la lotta alla disinformazione del “Consiglio per la sicurezza e la difesa” dell’Ucraina.

Si tratta, a mio avviso, di accuse pretestuose, del tutto prive di fondamento. Capisco che la guerra passi anche per questi canali e – lo si voglia o no – oggi in questa guerra noi siamo coinvolti. Tuttavia questa mi sembra una inammissibile ingerenza di uno Stato contro le idee espresse da una filosofa, che è cittadina italiana, nel libero dibattito pubblico europeo. Si tratta, sul piano umano e politico, di una intimidazione che non immaginavo mai di subire e che mi ha profondamente inquietato e angosciato. Perché è evidentemente il segno dei tempi bui in cui stiamo precipitando.

Non accettare un aggettivo, un avverbio diverso da quello previsto da una versione ufficiale, dovrebbe allarmare chiunque. Mi hanno confortato i tantissimi messaggi di solidarietà che mi sono arrivati in queste ore. Continuerò a parlare liberamente, come ho sempre fatto, in Italia e fuori. Ritengo che sia compito degli intellettuali la critica, l’interrogazione, il dubbio. Soprattutto quando la violenza incalza. E anche a costo di essere continuamente esposti.

Il futuro di Kiev e del popolo ucraino è nel nostro cuore. Perciò ogni giorno guardiamo impotenti e frastornati la pioggia di fuoco che si abbatte sulle tante vittime di un conflitto che ci pesa e ci divide, perché ne sentiamo la responsabilità. Al contempo non siamo indifferenti alla sorte della democrazia – in Russia come in Ucraina, dove la guerra rischia non solo di ledere nel profondo il sistema parlamentare, ma anche di incidere sulla libertà d’espressione. Questo grave episodio, che mi ha riguardato, ne è forse la spia. Se si compilano liste nere, se si mettono all’indice le voci critiche, allora questo vuol dire che si pretende di imporre a forza la propria versione. Questa è disinformazione.

Non vorrei che l’Occidente combattesse una guerra in nome della democrazia avallando la cancellazione di quei germi democratici che stavano sorgendo proprio in Ucraina. Sarebbe un terribile paradosso.