(Massimo Gramellini – corriere.it) – Pur con la migliore disposizione d’animo nei confronti della loro crociata, viene da chiedersi quale mediocre stratega della comunicazione abbia suggerito a decine di giovani e meno giovani ambientalisti di bloccare il traffico cittadino nell’ora di punta o di compiere atti vandalici come quello di ieri a Milano, dove hanno imbrattato di farina una delle famose Art Cars di Andy Warhol esposta alla Fabbrica del Vapore. La spiegazione degli imbrattatori è nota: il popolo bue, cioè noi, si distrae con i rolex di Totti e le discussioni sulla Moratti per non prendere coscienza del vero problema, quel cambiamento climatico che ci porterà fame, siccità e migrazioni tali da far impallidire i barchini che vanno tanto di traverso a Salvini. Con questi gesti innocui ma spettacolari, loro pensano di scuoterci dal nostro torpore. Purtroppo, gli unici a rimanere scossi dal lancio di una zuppa di verdura contro il vetro di un Van Gogh sono i visitatori del museo. Ma anche costoro, lungi dall’interessarsi di più all’emergenza ambientale, finiranno per associarla al ricordo di un sopruso.
E pensare che un modello efficace di comunicazione gli ambientalisti lo avrebbero in casa: Greta Thunberg, che ha saputo catturare l’attenzione del mondo intero semplicemente sedendosi su un gradino del Parlamento svedese con un cartello in mano. Bastava guardarla per sentirsi in colpa. Guardando i vandali, invece, anche un inquinatore seriale finisce per sentirsi innocente.

Milano, lanciati 8 chili di farina sull’«auto» di Andy Warhol: l’ultima protesta degli ambientalisti