Il leader 5S vede gli ambasciatori dei Paesi scandinavi: “Non possiamo limitarci a inviare armi all’infinito, senza una strategia”. L’avvocato che nei sondaggi ha appena scavalcato il Pd ha voglia di parlare, innanzitutto di pace. Intervistato da Accordi&Disaccordi, sul canale Nove, Conte […]

(DI LUCA DE CAROLIS – Il Fatto Quotidiano) – L’avvocato che nei sondaggi ha appena scavalcato il Pd ha voglia di parlare, innanzitutto di pace. Intervistato da Accordi&Disaccordi, sul canale Nove, Conte insiste sul tema di cui ha fatto un totem: “Il negoziato tra Russia e Ucraina va fatto ora, è urgente”. Una convinzione che poche ore prima aveva ribadito e spiegato in un incontro con gli ambasciatori dei Paesi scandinavi, presso l’ambasciata norvegese a Roma.

Nel giorno in cui Meloni sente al telefono Zelensky, il presidente dei Cinque Stelle si siede a pranzo con i rappresentanti diplomatici di Oslo, allo stesso tavolo con quelli di Svezia e Finlandia – destinate a entrare nella Nato – e Danimarca. Si parla di tutto: delle sue impressioni sul nuovo governo, come di quel campo ad oggi nel caos che era il centrosinistra. Ma il cuore della discussione è l’Ucraina. Con Conte che esorta tutti a lavorare per un negoziato “perché siamo già in ritardo”. C’è chi gli obietta: “Putin non vuole la trattativa e la pace”. Ma l’avvocato tiene la sua linea. “Sino a quando le democrazie occidentali potranno permettersi questo dispendio economico, continuando a inviare armi? C’è il rischio che con il tempo questo fronte possa rompersi, e allora bisogna muoversi per tempo” teorizza – in sostanza – Conte. Convinto che l’obiettivo finale “non possa e non debba essere una vittoria militare”. Ad Accordi&Disaccordi, l’avvocato continua sulla stessa falsariga: “Se fossi rimasto premier, avrei chiamato tutti i leader europei chiedendo loro se questa strategia sull’Ucraina funziona. Avrei evitato di far trascorrere tutti questi mesi senza un negoziato. O almeno ci avrei provato: magari poi avrei fallito…”.

E questo proliferare di manifestazioni per la pace? “Più ce ne sono, meglio è”, assicura Conte. Ma quella principale sarà il 5 novembre a Roma, “un evento a cui io ho semplicemente aderito”, ricorda.

Il resto del colloquio, come prevedibile, ruota attorno al nuovo governo. Ossia alle destre “che vogliono un condono fiscale” e l’innalzamento del tetto ai contanti, “ma portandolo a 10mila euro si rischia di incrementare l’economia sommersa di 28 miliardi, una cifra che vale l’1,7 del Pil” rimarca l’avvocato. Vuole l’esecutivo di Giorgia Meloni, a cui recapita un pro-memoria: “Il governo Draghi è andato a casa perché non ha compreso la grave crisi economica e sociale del Paese, e per questo non ha varato uno scostamento di bilancio”. Ergo, “se la premier non vuole farlo, mi aspetto almeno che scriva una norma seria” per fronteggiare le conseguenze del caro bollette. Non augura, almeno esplicitamente, vita breve al governo (“Questo esecutivo deve partire, ha la legittimazione del voto”). Però riserva stilettate a Meloni: “Ha citato l’ex ministro Padoan sull’innalzamento del tetto ai contanti? Non ci si può presentare in Parlamento ed estrapolare battute di un avversario politico”. D’altronde, sostiene Conte, “la presidente non ha letto il rapporto di Banca d’Italia”, ossia l’occasional paper secondo cui “un aumento della quota di transazioni in contanti determinerebbe, a parità di condizioni, un incremento dell’incidenza dell’economia sommersa”. Luca Sommi lo sollecita: “Meloni è una che studia molto…”. E Conte: “Deve studiare di più”. Naturalmente, si parla anche di reddito di cittadinanza. E l’avvocato, oltre a pungere ancora la premier – “ha una visione distorta della povertà” – fa un’ammissione: “I navigator non erano la soluzione, questo punto è stato spiegato male”.

Il cuore della questione, argomenta, “è il boicottaggio dei centri per l’impiego da parte delle Regione di centrodestra. E poi non abbiamo una piattaforma web unica sul lavoro: la stavamo costruendo, poi Renzi ha avuto l’idea di far cadere il mio governo…”. È successo all’inizio del 2021, meno di due anni fa. Ma sembra un’altra era, quando c’era anche il campo largo. “Letta invoca un’opposizione unita? Non è tempo di accordi a tavolino, dobbiamo ritrovarci in Parlamento sui fatti” teorizza Conte. Che ora sta davanti, agli ex alleati.