(Francesco Erspamer) – Dove è stata scattata questa foto? Siccome è stata pubblicata su un importante giornale online, di sicuro non negli Stati Uniti o in Inghilterra e probabilmente neppure negli altri paesi occidentali: vi pare, due ragazzi entrambi bianchi e per di più maschi, inaccettabile sia per gli integralisti della correttezza politica che per le multinazionali che li finanziano, interessate a spacciare i prodotti e comportamenti che arricchiscono una minuscola minoranza di miliardari bianchi e i loro cortigiani anche a miliardi di consumatori di altre etnie e culture. Parlo della retorica espressa già negli anni ottanta dalla Benetton (quelli delle autostrade e di Ponte Morandi, quando ancora facevano solo vestiti) con la loro campagna “United Colors”, promozione di un’omogeneizzazione planetaria e di un sistematico annientamento delle differenze concrete e locali in nome di una Differenza astratta, ideologica, globale e globalizzante. di un multiculturalismo unico e obbligatorio.

Per il resto la foto avrebbe potuto essere scattata ovunque: i due giovani sono nella divisa prescritta dalla pubblicità e fanno quello che pubblicità, media e, in misura crescente, scuole e strutture educative (e genitori terrorizzati dall’idea di non venire considerati giovani e giovanili), li hanno indotti a fare fin dall’asilo: incollarsi ai loro telefonini e assorbire la virtualità di Mark Zuckerberg, Jeff Bezos e Elon Musk come se fosse vita, realtà, esperienza. Grazie anche a una sinistra che, a sua volta succube delle magnifiche sorti e progressive, si distingue dalla destra solo perché continua ad affermare e addirittura a credere che l’oppio dei popoli sia sempre la religione (o magari lo Stato), non le nuove tecnologie, l’intellgenza artificiale, l’edonismo consumista.

La fotografia l’ho trovata sulla Tass, che leggo per avere un’altra opinione sulla guerra in corso come avrei letto «L’Unità» clandestina o ascoltato Radio Londra se fossi vissuto ottant’anni fa. Peraltro leggendo la Tass ho riscoperto un giornalismo asciutto, serio, ovviamente di parte ma non obbligato al sensazionalismo e alla superficialità per paura di costringere i lettori a un minimo sforzo intellettuale e rischiare, peggio, di annoiarli; in sostanza un giornale come erano buona parte dei giornali poche decine di anni fa, quando a leggerli erano decine di milioni di italiani e non quattro gatti come oggi.

Anche in questo caso il commento della Tass è neutro, distaccato, e attribuisce la crescente popolarità fra i giovani russi dei “mobile games” (uso il termine inglese, anzi americano, perché il colonialismo non è in questo caso linguistico ma proprio commerciale e va dunque esplicitato) a una crisi di interesse per la realtà. Niente di illuminante ma almeno non si tratta della solita litania sull’inevitabilità della tecnologizzazione integrale (al capitalismo è sempre piaciuto considerarsi un destino manifesto) che caratterizza tutti (ripeto: tutti) i sedicenti mezzi di informazione americani e europei.

Sto dalla parte di Putin perché mi pare un po’ più tradizionalista di Biden, Draghi, Salvini, Grillo, anche della fascista immaginaria Meloni nonché dei loro padroni, sopra nominati, in un’epoca in cui a livello sociale come a livello ambientale c’è urgente e disperato bisogno di conservare, di garantire a idee e cose una durata, non di accelerare gli sprechi e la corsa verso le novità e le innovazioni fini a sé stesse, a obsolescenza rapidissima per impedire che la gente possa capirle e decidere se davvero migliorino la sua esistenza. Purtroppo la foto dei due giovani russi non consente molte speranze: mentre si discute del diritto dell’Ucraina di diventare anch’essa un protettorato degli Stati Uniti e un mercato della Germania, o viceversa del diritto russo di tenere americani e tedeschi lontani dai propri confini, il virus del consumismo e della virtualità, in una parola il modello americano, sta contagiando il mondo.

Dunque non resta che rassegnarsi? Mai. Al contrario, è ora di cominciare una vera Resistenza. Senza alcuna concreta possibilità di vincere in tempi brevi, di sicuro non in questa generazione e forse neppure nella prossima; ma chi agisce solo per il successo personale e immediato è un liberista qualsiasi, e fa bene a essere soddisfatto di questa società e dei suoi miti. Solo chi si sente parte di una comunità che lo trascende nel tempo, solo chi foscolianamente sa di dovere tutto a coloro che lo hanno preceduto e a sua volta vuole lasciare una eredità d’affetti e prova piacere nel farlo, può opporsi alla tirannia dell’attualità e farsi bastare la convinzione di contribuire alla creazione di un futuro migliore. Preparandosi e preparando altri, nel frattempo, per l’occasione che verrà, inevitabilmente ma imprevedibilmente, e solo chi si sarà fatto trovare pronto potrà approfittarne, non chi si sia sempre accontentato di lasciarsi dirigere, come una banderuola, dal vento delle mode.