(Stefano Rossi) – Da quando la sinistra ha sposato la causa dell’immigrazione economica, spacciata per ragioni di guerra, “a tutti i costi” sono successi fatti che meritano riflessioni.

Per esempio, i massacri di ragazze come Pamela Mastropietro, Desirée Mariottini e Saman Abbas hanno visto un silenzio colpevole della sinistra. Ricordo un titolo di Feltri incredibile: “Perdio, diteci perché i nigeriani l’hanno uccisa”.

Ricordo pure le nauseanti frasi offensive di Mughini e Gad Lerner. Lerner, ancora con i resti del cadavere sanguinanti non difese la vittima ma attaccò tutta la famiglia: “Dopo #PamelaMastropietro guardiamo attoniti la vita e la morte di #DesireeMariottini: dipendente da eroina, figlia di spacciatore italiano e madre quindicenne, vittima di pusher immigrati”. E meno male che ricordò lo spacciatore immigrato. Mughini non lo fece.

In questi, come in tantissimi altri casi, le notizie vengono centellinate per nascondere l’origine etnica degli assassini. Il tam-tam corre solo sui social.

Il più eclatante fu quello di Daisy Osakue, atleta di colore, italiana. Si allenava per le strade di Moncalieri e venne colpita in un occhio da un uovo. A nulla valsero le parole dei Carabinieri secondo cui non si trattava di razzismo: c’erano stati episodi simili nei mesi scorsi a danno di donne bianche. Erano convinti che si trattava di episodi teppistici.

In tv e sui giornaloni si scatenò la retorica di sinistra: tutti i politici del Pd sostenevano la caccia allo straniero, il razzismo, #bastarazzismo e qualcuno ritirò fuori il nazismo.

Poi i colpevoli furono rintracciati e uno era pure figlio di un politico del Pd. Si trattò solo di ragazzetti che volevano divertirsi in quel modo.

Marwa Mahmoud, donna musulmana, nata ad Alessandria d’Egitto, è consigliere comunale del Pd a Reggio Emilia. Mentre si cercava il corpo di Saman Abbas, lei diceva: “Da parte nostra c’è timore a intervenire su questi temi. Negli ultimi vent’anni c’è stata sottovalutazione. Parliamone. Mettiamoci la faccia. Io, da musulmana e da consigliera Pd, per prima“. I problemi sono complessi e lei aggiunge: “Non mi fanno paura le strumentalizzazioni della destra, ma il silenzio della sinistra”.

Luca Ricolfi è stato uno dei primi: “La sinistra teme che i lati più imbarazzanti di quella cultura, e in particolare il suo modo di trattare la donna, compromettano il progetto politico di diventare i rappresentanti elettorali di quel mondo, grazie all’allargamento del diritto di voto agli immigrati“.

Sorvolo sugli ignobili matrimoni forzati e le criminali mutilazioni genitali femminili, tipici! ricorrenti! tradizionali! nelle vaste comunità musulmane. Silenzio assoluto!

Ma vorrei rimanere nel tema.

Ora, in Iran, muore Mahsa Amini, colpevole di non aver indossato in modo corretto il velo.

Il Pd ha organizzato una manifestazione davanti l’Ambasciata dell’Iran e il segretario Letta, che non ne azzecca una nemmeno per una manifestazione giusta ha detto: “Non ci dimenticheremo mai di tutte le donne che oggi in Iran stanno facendo questa battaglia di civiltà”.

Bene! Giusto!

Ma quest’uomo che razza di informazioni ha?

La vede la tv?

Ha mai visto le immagini di quelle donne iraniane che manifestano per la “civiltà”?

Tutti si soffermano sul taglio dei capelli e nessuno si accorge, invece, che non indossano il velo o niqab, hijab, al-amira, chador o come si chiama.

Qui, purtroppo, devo evidenziare tutta la vigliaccheria occidentale di fronte a questo fenomeno.

Si parla di morti, arresti, tagli di capelli ma la cosa più rivoluzionaria è una sola: le donne che protestano in Iran rifiutano il velo.

Perché? Perché protestare gettando il velo per terra e bruciarlo?

Allora, se riavvolgiamo il nastro dovremmo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà.

Nei primi anni Novanta in Italia si contrastava l’uso del velo per le donne. Si criticava l’uso di nascondere il volto, per altro, vietato dalla legge italiana.

Ma la sinistra non aveva ancora deciso di fare dell’immigrazione la sua bandiera principale.

Poi sono passati gli anni. Arrivano le cooperative rosse, il fenomeno dell’immigrazione diviene un business, un uomo che aveva massacrato a furia di coltellate un suo socio in affari, scontata la pena, viene chiamato dal Pd per gestire i soldi che devono andare agli immigrati. Questo signore, guarda caso, è legato ad altri che sono controllati dalla procura di Roma e dai Ros. Nelle intercettazioni dice: “Si guadagna più con gli immigrati che con la droga”. Finanzia il Pd romano che con quei soldi ci paga gli stipendi “Un assegno di settemila euro, abbiamo fatto buona figura con poco. No, noi pensavamo che ce chiedesse un sacco di soldi…c’ha chiesto 7mila euro…non c’è sembrato vero!”. I 7.000 euro servirono per pagare gli stipendi di agosto 2014, che il Pd non sapeva come fare. E, staccato l’assegno a favore del Pd romano venne rilasciata regolare quietanza. Per la contabilità.

Tutto ok.

Infatti, poi scattarono gli arresti.

Ecco a che serve l’inclusione a tutti i costi.

Poi, in tutto questo degrado sociale, politico, amministrativo, ci sono ancora persone come Pierluigi Bersani che sostengono il ricatto morale: a Piacenza, come nel resto d’Italia, si fanno pochi figli. Si fermerebbe tutto. Allora facciamo venire dall’Africa nuova forza lavoro.

Cioè, non s’impegnano a riformare il welfare per agevolare i giovani, non pensano di creare nuovi posti di lavoro, non cercano di migliorare la vita dei giovani, che sono poi il futuro di questo Paese come stanno facendo il Spagna grazie alla ministra del Lavoro e vicepremier Yolanda Díaz.

No. Bersani & C. prendono la strada più facile: sostituire gli italiani con gli africani che poi, a conti fatti, voteranno per chi li ha fatti venire in Italia.

Così impariamo a non votare Pd.

Quindi, alla fine, perché impantanarsi con la storia del velo, dei matrimoni combinati, delle mutilazioni genitali?

Concentriamoci sul taglio dei capelli.

Quello sì che è un argomento che tira.

Mi permetto di ricordare Giuliana Sgrena che non può certo essere definita di destra che ha scritto il libro “Donne ingannate – Il velo come religione, identità e libertà”. All’inizio si può leggere: “La libera scelta di portare l’hijab, invocata in nome della religione, della tradizione e/o dell’identità, in fondo risponde solo all’ossessione maschile del corpo della donna”.