
(Estratto dell’articolo di Giuliano Ferrara – Il Foglio) – Umiltà e politica, entro certi limiti, non vanno d’accordo. Ieri Enrico Letta, dicendo niente, nada, zero, al vertice del suo partito uscito politicamente malconcio dalle elezioni, ha ripetuto il senso morale della cerimonia della campanella a Palazzo Chigi, durante la quale rifiutò un sorriso e perfino uno sguardo protocollare amichevole a Matteo Renzi, che lo scalzava dalla guida del governo.
(…) Letta è una brava persona, come si dice, e le brave persone meritano stima. Però i torinesi, che nelle sottigliezze ironiche dell’ipocrisia ci sguazzano per formazione e carattere, per quel fondo orgogliosamente calvinista e perfino puritano della loro cultura, di uno così affermano che è “tre volte bravo”, definizione che sa di scherno, molto diminutiva.
Intendiamoci bene. Il Pd è un organismo malato…(…), la nuova generazione non si vede mentre i giochi di corrente e di posizionamento degli anziani padroncini del consenso interno riprendono a strisciare come i serpenti sotto le foglie
(…) Machiavelli scriveva che il condottiero deve essere metà leone e metà volpe, non catalogava la ferinità e l’astuzia tra le ordinarie, umili, qualità umane necessarie a creare e guidare lo stato. De Gasperi, Fanfani, Andreotti, anche Moro, e poi Craxi, Berlusconi, Renzi quelle qualità animalesche, scontati i loro errori, il loro destino che è sfuggente per ogni uomo pubblico e privato, le hanno avute. Nel mondo, è lo stesso. Se Martin Luther King fosse stato umile, invece che un impudente sognatore, non avrebbe contribuito a desegregare i neri d’America.
Per un progetto da realizzare con feroce astuzia bisogna fumare a catena e intimidire come Golda Meir, prendere a borsettate l’establishment come la Thatcher, traspirare ottimismo della volontà con la forza di un Reagan, brandire la croce e la rivolta sotto la Madonna Nera come Giovanni Paolo II, ubriacarsi di sé e di libertà come Walesa, e se non ci sono le condizioni, se l’andamento del tempo è meno interessante o più banale, fare qualcosa che assomigli a quelle qualità oltraggiose, per niente umili, anche negative agli occhi di chi è semplicemente perbene. Impoverito, come asciugato, dalla propria umiliazione, Letta avrebbe dovuto almeno fingersi ricco, mimare un orizzonte politico anche se nessuno lo scorge tra cielo e mare, improvvisarsi capo nella transizione.
L’umiltà è venerata da cristiani, ebrei, islamici, è una qualità religiosa, santifica il quotidiano e rafforza lo spirito perfino quando si combina con una fede fanatica, come nelle abluzioni del commando che perpetrò l’orrore islamista dell’11 settembre, ma non è una dirimente qualità politica, nemmeno come antidoto al suo opposto, l’arroganza, l’orgoglio su cui si fondano gli equivoci nazionalisti e populisti di oggi. Questa ambigua qualità, coltivata dalla sinistra cattolico-democratica recente come un totem, non conduce al bene comune, per non parlare del successo di parte o di partito, conduce al flop.
Come sempre Ferrara non ha capito un cazzo. Prima di tutto Letta è tutt’altro che umile. Gli mancano assolutamente astuzia e carisma, questo sì. Ma umile proprio no. E poi insiste con la panzana del Renzi statista, allucinazione che vedono solo lui, i disperati che scrivono sul Foglio del libbberismo finanziato con i soldi pubblici e i 4 gatti fanatici che lo votano.
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Concordo, ho scritto il mio commento prima che Infosannio pubblicasse il tuo.
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Se a scegliere il leader del PD fosse stata la destra, non avrebbe fatto così male.
Letta è stato un fantastico assist a Meloni e Conte.
I padroni del PD hanno scelto Letta non perché sia umile, l’umiltà non porta necessariamente all’immobilismo.
Lo hanno scelto perché è immobile, un morto di sonno (seppur indubbiamente una brava persona).
Letta non disturba i giochi di potere, non altera le dinamiche interne al PD, quelle in cui sguazzano i notabili.
Francesco D’Assisi era un uomo umile (non come lo ha dipinto Zeffirelli, una specie di figlio dei fiori gay) nel senso che era perfettamente consapevole dei propri limiti e dei limiti del genere umano.
Non aveva soggezione dei potenti (l’umilta non genera complessi di inferiorita nei confronti degli altri uomini) perché li considerava umili nella loro ridicola altezzosità.
Lessi il libro di Cardini, Francesco era un uomo con due palle così, anche incazzoso a volte. Ma era umile.
Letta è immobile.
L’umiltà è uno strumento efficace per fronteggiare i problemi.
Andreotti era umile, Renzi no.
Infatti, pieno di sé, Renzi propose i referendum per la schiforma, l’inizio della sua fine.
Essere umile significa giudicare se stessi e gli altri con lo stesso metro.
Essere umili ti spinge a soppesare bene le tue qualità e possibilità.
Forse a Letta è mancata proprio l’umiltà.
La pacatezza dei toni non è umiltà, gli somiglia solo un po’.
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Ma come, in moderazione?
Mai scritto un commento così educato in vita mia.
Spero venga pubblicato, l’argomento sollevato da Ferrara è interessante.
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