Oltre 200 firmatari. Doveva essere “il partito dei sindaci”, la culla del “civismo” a cui Luigi Di Maio prometteva di portare voti e posti che contano. Ne aveva convinti, va detto, più di 200 tra amministratori locali in carica e non, riuniti nella “Agenda nazionale civica” guidata da Alessio Pascucci, già sindaco di Cerveteri […]

(DI PA.ZA. – Il Fatto Quotidiano) – Doveva essere “il partito dei sindaci”, la culla del “civismo” a cui Luigi Di Maio prometteva di portare voti e posti che contano. Ne aveva convinti, va detto, più di 200 tra amministratori locali in carica e non, riuniti nella “Agenda nazionale civica” guidata da Alessio Pascucci, già sindaco di Cerveteri e fondatore di Italia in Comune. Ma alla vigilia delle elezioni, tutti e duecento hanno capito che le promesse di Di Maio (e di Tabacci, che garantiva a tutti l’esenzione dalla raccolta firme) erano un filino evanescenti. Perché di concreto, in tutta la faccenda, c’erano solo i due seggi assicurati per i due leader di Impegno Civico. Così, si sono sentiti trattati “da paravento” da chi “non ha trovato spazio nei partiti tradizionali e deve inventarsi un modo per riciclarsi”. Quindi li hanno salutati caramente: “Non prestiamo certo il fianco, i nomi, i volti e la nostra credibilità per assicurare una poltrona a questo o a quel politico rimasto senza casa”. Più chiaro di così, si muore. Eppure Alessio Pascucci riesce a farsi capire ancora meglio: anche perché a lui, va detto, un posto tutto sommato contendibile lo avevano dato: capolista per il Senato nel Lazio (e poi un uninominale a Moncalieri, non proprio casa sua). Ma tutti gli altri “civici” erano stati piazzati in posti assolutamente senza partita: “Non volevamo seggi sicuri – spiega – ma almeno pari dignità, per poter dare il nostro contributo: sapevamo fin dall’inizio che gli unici due seggi sicuri fossero per Di Maio e Tabacci, non è questo il punto. Però ci aspettavamo di avere almeno la possibilità di mettere in un nostro nome in un collegio in bilico: avremmo perso, ma con dignità”. Invece, raccontano, non hanno mai potuto partecipare a nessuna delle riunioni di coalizione: “Una totale mancanza di trasparenza che ci obbliga a interrompere immediatamente questo percorso” perché “evidentemente si è preferito blindare alcune poltrone piuttosto che rispettare gli impegni presi”.