(Giuseppe Di Maio) – Consideravo le quote rosa un’aberrazione della democrazia buonista, una cosa inutile, se non dannosa, forgiata in casa dei conservatori. La presenza delle donne negli istituti democratici è stata la benvenuta e appartiene a quella reale emancipazione che non vieta ma favorisce la realizzazione e “la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese,” proprio come recita l’art. 3 della Costituzione. Difatti il nostro Statuto non “obbliga” alla partecipazione, né prevede che le regole della democrazia e dell’organizzazione sociale possano avere grandi deroghe legate al genere. Invece si è inteso realizzare la democrazia per decreto e non di fatto, disponendo una percentuale di partecipazione obbligatoria per le donne nelle istituzioni, nei Cda delle società pubbliche e quotate in borsa. Con questo metodo non solo i generi, ma anche certe categorie sociali potrebbero avere una percentuale riservata per legge. Sbizzarritevi!

I 5 stelle, che più di altri mostrano il calco progressista, devono comporre le loro liste col genere alternato, rigorosamente 50 e 50 tra maschi e femmine. Originariamente la misura era stata prevista con l’intento di proteggere il genere femminile dalla mancata rappresentanza, poiché, se si frequentano i meetup o gli attuali gruppi territoriali, spesso ci si ritrova in quattro gatti rigorosamente maschi, senza il conforto di una sola anima in gonnella. Purtroppo il Movimento si avvale della designazione on line dei candidati, e capita che essi non siano portavoce di un laboratorio politico, ma privati che ostentano qualità personali, spesso nemmeno politiche. Le parlamentarie diventano un concorso simpatia in cui le donne fanno la parte del leone, e l’alternanza di genere per assurdo protegge proprio il genere maschile che al contrario sparirebbe del tutto. Anche se capita troppo spesso, che dopo “la prima”, tocca designare un “secondo” che in realtà era settimo nelle preferenze, e invece “una terza” che viene persino scartata. Ma questa non è democrazia, bellezza!

Ma poi nelle istituzioni la quota femmina si dissolve e si mostra come un trofeo; si tiene di riserva, dandole totale importanza quando si devono fare porcate. E siccome i maschi si vergognano di legare il proprio nome ad una fregatura, eleggono una donna compiacente che si presta a mettere la firma. Gelmini, Fornero, Boschi e Cartabia sono le più famose prestanome per la sottrazione di diritti, ma ce ne sono molte altre: pensiamo alle ultime Presidenti di Camera e Senato. E’ a questo che servono le quote?