Da Speranza a Zingaretti, da Di Maio a D’Incà: i dem trovano posti a tutti. Undici punti da recuperare sul centrodestra: Enrico Letta parte da qui, mentre cerca di comporre il puzzle tra alleanze e posti in lista. I sondaggi danno il centrodestra al 46% e il centrosinistra […]

(DI WANDA MARRA – Il Fatto Quotidiano) – Undici punti da recuperare sul centrodestra: Enrico Letta parte da qui, mentre cerca di comporre il puzzle tra alleanze e posti in lista. I sondaggi danno il centrodestra al 46% e il centrosinistra (con dentro Carlo Calenda) al 35%. Il Pd sta tra il 22 e il 23%, in ascesa, a un’incollatura da FdI. I dem dovrebbero arrivare a prendere – nella quota proporzionale – circa 55 deputati e 30 senatori. Secondo le stime fatte dall’Istituto Cattaneo, sarebbero 42 i collegi uninominali “sicuri” alla Camera e 18 al Senato per tutto lo schieramento.

Letta procede per gradi. Prima c’è la coalizione. Ci sarà la lista principale (Progressisti e Democratici), con dentro i Dem, Articolo 1, Demos e i Socialisti. L’accordo con Carlo Calenda è quasi chiuso. Poi ci saranno la lista di Luigi Di Maio e quella di “sinistra”. Quote in via di definizione. A Demos, Letta ha promesso due o tre posti certi nel proporzionale (uno per Paolo Ciani, il segretario), Articolo 1 potrebbe rivendicarne 3 o 4 (Roberto Speranza e poi, forse, Nico StumpoCecilia GuerraFederico Fornaro), tra i Socialisti dovrebbe entrare Riccardo Nencini. A sinistra, i due posti “blindati” sono per Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Un posto sicuro andrà poi al ministro degli Esteri e ad altri 2 o 3 dei suoi. La trattativa con Calenda passa anche per gli uninominali. Ma intanto sarà Azione a candidare gli ex di FI: Renato Brunetta, Mara Carfagna (che ieri ha ufficializzato il suo passaggio al partito), Mariastella Gelmini. Nelle intenzioni di Letta, Calenda dovrebbe candidare anche Matteo Renzi e i suoi (Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi, stando alle ultime richieste, per iniziare). Lui resiste, ma non esclude di cedere. Comunque vada, il fu Rottamatore si presenterà in un collegio della Toscana (nonostante il rischio sconfitta), ma a quel punto farà di tutto per bombardare chi non lo ha voluto. Calenda sta mettendo su, insieme a Matteo Richetti, una pattuglia che risponda solo a lui. L’idea è quella di una campagna elettorale molto differenziata tra Azione e Pd.

Nel frattempo è iniziata la guerra tra i dem. La partita è in mano a Marco Meloni che, insieme alla portavoce Monica Nardi, fa parte dello staff più antico e fidato di Letta. Si parte ufficialmente dalle indicazioni dei segretari regionali. Ma ogni corrente si sta contando. La frammentazione delle aree favorisce il Nazareno: nessuno può vantare grosse truppe. Se è per la sinistra, ormai sono addirittura 7 le sottocorrenti, con altrettanti capofila. Nicola Zingaretti (che si candiderà nel proporzionale nella lista Lazio 1) porterà – tra gli altri – Stefano Vaccari (ex responsabile Organizzazione). Andrea Orlando, che cerca di accreditarsi come vero leader della sinistra interna, ha tra i suoi Antonio Misiani e Anna Rossomando. Un tempo anche Peppe Provenzano, vice segretario, era considerato un orlandiano, oggi si è autonomizzato. Poi c’è Gianni Cuperlo, che vorrebbe rientrare in Parlamento. Con lui Brando BenifeiMarco CarraBarbara PollastriniAndrea Giorgis. Esiste poi l’area di Roberto Gualtieri: dominus assoluto, Claudio Mancini, che si ricandida. In quota Letta dovrebbe entrare Marco Furfaro, altra anima di sinistra. E poi c’è la corrente di Matteo Orfini: un posto per lui è certo. Goffredo Bettini è uscito dai radar. In Area dem, Dario Franceschini dovrebbe trovare un posto anche alla moglie, Michela De Biase.

E poi c’è Base Riformista, dove le trattative avvengono separatamente con Lorenzo Guerini (nella cui quota, tra gli altri, dovrebbero entrare Alessandro AlfieriAlfredo BazoliSimona MalpezziEnrico Borghi), Luca Lotti e Andrea Marcucci (un posto per sé dovrebbe averlo ottenuto). E poi ci sono quelle con Graziano Delrio e Debora Serracchiani. Il Pd ha quasi promesso un seggio anche a Davide Crippa e Federico D’Incà, i due M5S della seconda scissione – mai concretizzatasi – per Draghi. Ci sarà poi la divisione tra collegi e proporzionale. Con Letta che inviterà alla sfida dell’uninominale incerto anche qualche big “scomodo”. Appuntamento finale alla direzione del 10 agosto.