(Maurizio Belpietro – La Verità) – La sindrome di Tafazzi, personaggio televisivo che amava colpirsi le parti basse con una bottiglia di plastica, ha già consentito al centrodestra di perdere alcune sfide alle elezioni amministrative, tra cui la più recente è quella per la guida della città di Verona.

Come ha ricordato qualche giorno fa Mario Giordano, i Montecchi e Capuleti dell’area moderata, dividendosi, hanno regalato la vittoria a Damiano Tommasi, nonostante la schiacciante maggioranza di un elettorato che vede la sinistra come il fumo negli occhi.

Tuttavia, il caso Verona, con un centrodestra che contribuisce alla propria sconfitta, non pare aver insegnato nulla ai leader della coalizione, perché in vista del 25 settembre non sanno fare nulla di meglio che litigare. A dividerli è la questione della leadership, ossia di chi debba guidare il governo in caso di vittoria.

O per lo meno, questo è lo scoglio principale che si intravede leggendo le cronache. In realtà, sotto sotto c’è una faccenda più immediata ma altrettanto discussa, ovvero la composizione delle liste. In pratica, a tenere banco, più che il nome del futuro presidente del Consiglio, che sarà tale solo se il centrodestra avrà i numeri per governare, sono i candidati, in particolare quelli nei collegi uninominali.

Per effetto del Rosatellum, il sistema elettorale imposto da Matteo Renzi nel 2017 in funzione anti 5 stelle, è eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Il che appare logico, ma meno logica è la scelta di chi schierare nel collegio, perché se si tratta di una coalizione il rappresentante messo in lista può essere indifferentemente di Fratelli d’Italia, come della Lega o di Forza Italia.

Dunque, il criterio con cui si sceglie un candidato sarà fondamentale perché al di là delle percentuali conseguite dal singolo partito, a essere eletto sarà solo uno e potrà esserlo indifferentemente dai voti presi dal suo partito. In passato, la regola adottata prevedeva una distribuzione nei collegi in base alla media ponderata dei sondaggi, ritenendo le stime elettorali lo strumento più attendibile per adattarsi alla realtà.

Ma ora, a fronte di un’alta volatilità elettorale, Forza Italia e Lega sarebbero propensi a cambiare, facendo le liste con un occhio ai sondaggi e un altro ai voti conquistati nel 2018. Come è ovvio il partito di Giorgia Meloni, che nel 2018 prese poco più dell’4,5 per cento e oggi è dato al 23, non ci sta, perché significherebbe diluire i propri eletti per favorire i candidati degli alleati.

Anziché il 50 per cento della coalizione (oggi la Lega è data al 14,6 e Forza Italia all’8,3) in questo modo Fratelli d’Italia sarebbe valutato intorno al 30, con evidenti conseguenze nel numero di candidati che potrebbe schierare nei collegi. Da ciò ne consegue anche la scelta del premier, perché un conto è avere la metà degli eletti di centrodestra e un altro è esprimerne un terzo.

Insomma, attorno a questi calcoli, che certo non sono secondari per chiunque ambisca a governare, si consuma il duello fratricida. Che però rischia di essere un tira e molla devastante come lo sono state le diverse sfide per le amministrative. A forza di rimpallarseli, il centrodestra è arrivato alle elezioni per i sindaci senza candidati, ponendo il veto su questo o quell’altro fino a costruirsi una sconfitta là dove ci poteva essere una vittoria.

Verona, come dicevamo, è d’esempio: due candidati di centrodestra non hanno fatto un sindaco, nonostante gli ampi margini di distacco nei confronti del centrosinistra.

Tuttavia, in questo caso non è in ballo una città seppur importante come Verona: qui si gioca il futuro del Paese.

E siccome le divisioni nel centrodestra, già nel 2011 hanno consegnato l’Italia ai tecnocrati scelti da Bruxelles, vorremmo evitare l’ennesimo premier non eletto da popolo. Di Mario Monti ne abbiamo avuti abbastanza e undici anni dopo vorremmo che a decidere per noi non siano la grande finanza, i poteri forti e l’Unione europea.

Se il popolo è davvero sovrano, come dice la Costituzione, dev’essere il popolo a scegliere da chi farsi guidare. Dunque, cari signori del centrodestra che oggi vi riunite in conclave, datevi una regolata, perché in ballo non c’è solo la rielezione di qualcuno o la nomina di qualcun altro. In queste elezioni voi vi giocate la faccia, ma gli italiani si giocano il portafogli. Perché già li vediamo gli avvoltoi della sinistra: se per malaugurato caso vincessero le elezioni, lo ius scholae, la cannabis, il fine vita e pure la patrimoniale non ce li leverebbe nessuno. Hanno provato a far passare tutte queste leggi senza numeri, immaginate che cosa farebbero se avessero i voti. Insomma, ci siamo capiti. Se non volete essere mandati al diavolo, voi e le vostre ambizioni, piantatela di litigare e trovate un accordo. Altrimenti anche queste elezioni saranno inutili.