L’ex Cinque Stelle vede Letta e il primo cittadino di Milano. L’idea: (pochi) sindaci, fondi di Librandi (Iv) e simbolo (forse) di Tabacci. L’appuntamento doveva essere per il 17 settembre a Milano. Poi i fatti hanno costretto a dare una decisa accelerata al progetto che prendeva il nome di “Italia c’è”. E così, ieri, Luigi Di Maio e Beppe Sala […]

(DI LORENZO GIARELLI – Il Fatto Quotidiano) – L’appuntamento doveva essere per il 17 settembre a Milano. Poi i fatti hanno costretto a dare una decisa accelerata al progetto che prendeva il nome di “Italia c’è”. E così, ieri, Luigi Di Maio e Beppe Sala hanno incontrato a Roma il segretario del Pd, Enrico Letta, per dare forma a una delle “gambe” – ma quest’anno è più di moda chiamarle “punte” – della coalizione di centrosinistra, una lista che raccolga soprattutto sindaci uscenti per garantire radicamento nei collegi.

Insieme a Di Maio, Sala sarà il volto più riconoscibile, ma non si candiderà in Parlamento (“Non sono della partita, ma da qua a disinteressarmi ne passa”, ha detto ieri assicurando comunque che darà “una mano” alla lista), mentre è proprio in questa costola dem che Di Maio potrà trovare la scialuppa di salvataggio per tornare alla Camera anche nella prossima legislatura: “Con Letta e Sala abbiamo avuto un buon incontro – sorride il ministro – Affronteremo le elezioni col massimo della responsabilità, anche perché la crisi che ha fatto cadere Draghi è stata generata dal palazzo e non dai cittadini”.

I dettagli saranno più chiari nelle prossime ore. I tempi sono stretti e già in settimana il simbolo dovrà essere definito: “Presenteremo presto il nuovo progetto – annuncia Di Maio a In Onda – che sarà più inclusivo di quello di Insieme per il futuro, si baserà sull’ascolto e il coinvolgimento dei territori”. Quel che si sa è che Bruno Tabacci potrebbe dare una mano portando in dote il suo Centro democratico (già messo a disposizione del ministro degli Esteri per costituire il gruppo al Senato) e alleggerendo dunque gli interessati dalla fatica di dover trovare le firme.

Buona parte dei soldi per iniziare, invece, la potrebbe mettere Gianfranco Librandi, deputato renziano già distintosi per la disinvoltura con cui è transitato in Forza Italia e Pd. Dopo aver finanziato con decine di migliaia di euro la campagna per la riconferma di Beppe Sala a sindaco di Milano, negli ultimi mesi Librandi ha immesso altra benzina nelle casse del comitato elettorale dell’ex manager di Expo: 50 mila euro – attraverso la sua azienda Tci – che lasciano intendere quale potrebbe essere l’impegno una volta formalizzata la presentazione del simbolo. D’altra parte Librandi qualche giorno fa aveva confermato i lavori in corso “per una lista interprete dell’Agenda Draghi”, la cui popolarità sarebbe stata garantita, a suo dire, proprio dal volto di Sala come testimonial: “Potrà rimanere a Palazzo Marino, anzi deve rimanere a Palazzo Marino, ma sarà il capo politico, un po’ come fu per Nichi Vendola con Sel mentre era presidente della Regione Puglia”.

Ma chi farà parte della lista? L’idea è di partire dai sindaci e allora un nome già sondato è quello di Federico Pizzarotti, che con Di Maio ha in comune un passato a 5 Stelle naufragato in un tripudio di insulti degli ex compagni di viaggio. Pizzarotti, il cui mandato a Parma è scaduto da poche settimane, da giorni chiede “una lista civica nazionale”, in cui “i civici del campo del centrosinistra” si impegnino “a portare alle elezioni la concretezza, il buon senso e il buon governo delle città”. Un appello rilanciato dal sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, che però – come Sala – giura di voler soltanto dare un aiuto da fuori, senza candidarsi.

Il Pd avrebbe gradito anche il coinvolgimento del sindaco di Firenze, Dario Nardella, e del sindaco di Prato, Matteo Biffoni – che però hanno escluso di lasciare le proprie città prima della fine del mandato – così come del barese Antonio Decaro, che ancora non ha chiuso la porta alla candidatura. Insomma per ora sono più i no che i sì ed è più facile allora che si raccolgano nomi dalle piccole città, anche per evitare dimissioni di massa nei Comuni a guida dem. In questo, le relazioni di Di Maio in Campania potrebbero aiutare. E soprattutto aiutare il ministro, aggrappato ai sindaci per non perdere il seggio.