Un terzo dei lavoratori pubblici. I fondi sono sempre in calo: l’incremento degli stipendi si paga con meno personale. E i concorsi sono quiz. Sono in 856.427: il personale docente della scuola italiana, a cui si aggiunge il personale tecnico amministrativo, rappresenta più di un terzo di tutti i dipendenti pubblici. […]

(DI VIRGINIA DELLA SALA – Il Fatto Quotidiano) – Sono in 856.427: il personale docente della scuola italiana, a cui si aggiunge il personale tecnico amministrativo, rappresenta più di un terzo di tutti i dipendenti pubblici. Questo esercito, però, da anni non riesce a far valere i propri diritti. Sul ruolo dei sindacati, sulla motivazione e su cosa accade alla classe docente torneremo a ragionare. Oggi facciamo il punto sulle motivazioni che lunedì dovrebbero portare gli insegnanti e i lavoratori della scuola in piazza per uno sciopero indetto dalle sigle più rappresentative del settore (Cgil, Cisl, Uil, Gilda, Snals, Anief ecc.). Punto di partenza: gli stipendi.

Stipendi. Bloccati da anni, sono tra i più bassi
Lo stipendio medio di un insegnante, quando inizia il suo percorso, va dai 1.380 euro circa delle elementari (che diventano poco meno di 2mila dopo 35 anni di servizio) ai 1.600 euro delle superiori (con un massimo di 2.400 euro dopo 35 anni). È la remunerazione più bassa di tutta la Pa e – secondo i rapporti stilati da Eurydice, la rete istituzionale europea che si occupa dei sistemi educativi – è pure una delle più basse d’Europa, soprattutto nella progressione. Il primo scatto di carriera degli insegnanti arriva infatti dopo ben nove anni mentre per un aumento di circa il 50 per cento bisogna aspettare più di tre decenni e mezzo. I blocchi contrattuali, poi, rendono il personale della scuola sempre più povero: l’ultimo è stato di quasi quattro anni e, secondo alcune stime, negli ultimi 15 anni lo stipendio degli insegnanti, considerando l’inflazione, ha perso il 20% del suo valore. Solo nel 2018 c’è stato un adeguamento del 3,5% circa, reputato insufficiente, e ora si sta proponendo quasi la stessa percentuale.

Il trucco. “Il gioco delle tre carte”
“I soldi previsti dall’Atto di indirizzo (2 miliardi annunciati dal ministero, ndr) sono soldi vecchi, stanziati da ben tre leggi di bilancio (2019, 2020, 2021) – spiegano infatti i sindacati – e riguardano un contratto scaduto da tre anni e cinque mesi”. I conti sono presto fatti: un docente senza anzianità riceverà un aumento di circa 60 euro lordi, che diventano poco meno di 50 netti. Un docente al massimo dell’anzianità potrebbe arrivare a 130 euro. In media, dunque, si sta sui 100 euro lordi. Il segretario della Uil Scuola, Pino Turi, ha utilizzato una metafora calzante : “Rifiutiamo la logica dei pochi soldi, per pochi, per legge e non per contratto”, ha detto. E poi ha aggiunto: “Stiamo assistendo al gioco delle tre carte”.

Reclutamento. Per entrare bisogna formarsi. Ma come?
Questo gioco, nelle politiche scolastiche, non è certo una novità: si fa credere ci siano investimenti e fondi nuovi, ma solitamente significa che li si sta togliendo altrove. Il primo maggio, ad esempio, in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto 36 che contiene il nuovo regolamento per assumere i docenti. Si prevede un percorso di formazione iniziale, uno obbligatorio e continuo, prove di valutazione e parametri di performance. Qui, quasi lavorare non fosse abbastanza, l’anticipo degli scatti retributivi viene legato ai percorsi di formazione e si introduce una “premialità” economica che però è prevista solo per il 40% dei richiedenti e sarà assegnata sulla base di prove finali.

Tagli. Meno alunni, meno posti, stesso affollamento
La copertura di questa quota a premi arriverebbe dal taglio dell’organico. Lo stesso decreto prevede infatti la riduzione di 10mila docenti entro il 2031. I fondi per il “premio” una tantum agli insegnanti più bravi nei test ammonteranno infatti a 20 milioni di euro nel 2026, 85 milioni di euro nel 2027, 160 milioni di euro nel 2028, 236 milioni nel 2029, 311 nel 2030 e 387 milioni di euro dal 2031. Si legge sempre nel decreto: “Agli oneri derivanti dall’attuazione … si provvede mediante razionalizzazione dell’organico di diritto a partire dall’anno scolastico 2026/2027″, in via prioritaria sui posti di organico per il potenziamento, decurtandoli dai posti lasciati liberi dai pensionamenti”. E quindi: 1.600 posti in meno dal 2026 e poi 2mila l’anno dal 2028 al 2031. La norma è il culmine di una politica sulla scuola che vede nel calo demografico l’occasione per far quadrare i conti e razionalizzare. Una idea covata da anni e che ora ha rotto gli argini. D’altronde il ministro Bianchi lo ha ribadito qualche settimana fa: “La scuola è lo specchio del nostro Paese, che sta passando un inverno demografico molto pesante. Dal 2021 al 2032 avremo una riduzione di 1,4 milioni di ragazzi nelle nostre scuole: la scuola deve invece accompagnare i più giovani, le loro famiglie nella vita”. Lo fa, però, tagliando i docenti e quindi perdendo l’occasione di ridurre fisiologicamente il numero di alunni per classe. L’equazione è semplice: se tieni lo stesso organico, per ogni docente ci sarà gradualmente in media un minor numero di alunni. E senza neanche dover aumentare il numero di aule e di plessi.

I precari. Sono stati 200mila nell’ultimo anno
Infine, la scuola italiana fa i conti con l’urgenza – mai risolta – di avere personale formato e assunto per concorso. L’assunzione dei precari è il pallino di tutte le lotte sindacali: sanare coloro che hanno più di 36 mesi di contratto a tempo determinato (limite massimo concesso da Bruxelles), facilitare il tempo indeterminato per tutti gli altri dando maggior peso alla loro esperienza e meno al concorso (obbligatorio per essere assunti nella Pa). Secondo le stime del sindacato Anief, nell’ultimo anno ci sono stati almeno 200mila supplenti. Nel tempo, il ministero ha cercato di porre rimedio, prima smaltendo le molteplici graduatorie generate in anni di percorsi specifici, poi smaltendo le fila di chi aveva vinto i ricorsi e infine con concorsi regolari e più rapidi. Peccato che il concorso ordinario (escludendo quello Stem), pur indetto nel 2019, abbia preso il via solo due settimane fa, mentre il quiz a crocette introdotto nelle nuove prove non solo è molto contestato ma sta generando altrettanti ricorsi. Una macchina trascurata, lenta e purtroppo ancora inceppata.