(Giuseppe Di Maio) – Tutti i grillini sono d’accordo che i valori originari del Movimento sono annacquati, ma se domandi loro quali sono o, quali erano, ognuno darà una risposta diversa. Il pasticcio di Grillo cresciuto nell’indeterminatezza aveva suscitato un sentimento civile che le classi politiche precedenti avevano mortificato. Ma il nudo sentimento privo di confini ideali aveva scavato in tutto l’universo reazionario, producendo una genia di attivisti anarchici, ognuno col proprio credo pentastellato, il più delle volte fatto di convinzioni destrorse. Tuttavia una discreta fetta di cittadini attivi aveva anche creduto che l’obiettivo del Movimento fosse la riduzione della disuguaglianza, dunque la giustizia, e perciò la vera onestà. Peccato che questo vangelo fosse del tutto implicito, ed era perciò frequente la perdita degli indirizzi politici e strategici ogniqualvolta bisognava leggere e riadattarsi alla realtà.

Il nuovo sentimento maturato sotto i palchi di Beppe aveva rastrellato una moltitudine di soggetti afflitti da disturbo delirante che, sebbene analfabeti politici e perfino funzionali, credevano di essere Napoleone. Se fino ad allora costoro erano stati incapaci di svolgere anche funzioni civili elementari, immediatamente, e secondo la regola dell’uno vale uno, si sentirono in grado di diventare portavoce. Spesso furono attratti dall’opportunità offerta dal nuovo spazio politico di procurarsi un reddito di rappresentanza, difatti numerosi disoccupati e/o sottoccupati si proposero nei consigli municipali, regionali e nel parlamento nazionale, con la speranza di giovare alla loro condizione privata. D’altronde, una cosa l’avevano capita: il sistema designava secondo un “sondaggio simpatia” e non secondo l’aderenza ad un programma.

Da allora lo sport preferito delle mezze calzette elette fu lamentarsi della perdita dei valori originari, della mancanza di democrazia, ma nessuno di loro mollava l’osso delle retribuzioni, nessuno si dimetteva. Ed eccoci a Giarrusso, uno che non sembrava una mezza calzetta, ma con un cognome che nel Movimento porta male. Non so cosa voglia e cosa pretenda, e qualunque sia il suo obiettivo politico non credo sia possibile raggiungerlo fuori dal M5S. Lo dice persino Di Maio, che adesso giudicare un portatore di valori originari è arduo: “Chi se ne va non cambia niente”. Giarrusso è stato un portavoce televisivo, e abbiamo la dimostrazione documentale che la prassi del Movimento la conosceva bene. Quindi sa che deve dimettersi, siccome era stato eletto con un simbolo da cui adesso si separa. Deve cioè perdere lo stipendio che in genere è la ragione di scissioni e defezioni.

L’era Conte, con tutti i dubbi che assalgono ognuno di noi, ha un merito indiscutibile: è finito il guazzabuglio reazionario, è finita l’era dei valori impliciti. Gli obiettivi della politica sono stati indicati esplicitamente nello Statuto che abbiamo votato, e chi non li gradisce può andarsene (prima di farsi eleggere). Attendiamo fiduciosi il decollo della struttura nella quale allevare quei propositi.