Perché settantasette anni dopo la Liberazione, di Mussolini non ci si vuole o non ci si può liberare? È la domanda chiave di un libro, che è una documentata inchiesta a più voci (14 tra i più noti storici, sociologi e giornalisti). Ma, soprattutto, un manuale, non convenzionale, di pronto soccorso […]

(Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – “Tuttavia la biografia più spassionata di Mussolini la fornisce forse sua moglie, Donna Rachele: ‘Mio marito sembrava un leone, ma era tutt’al più un pover’uomo’”. Sara Lucaroni, “Sempre Lui. Perché Mussolini non muore mai”. Perché settantasette anni dopo la Liberazione, di Mussolini non ci si vuole o non ci si può liberare? È la domanda chiave di un libro, che è una documentata inchiesta a più voci (14 tra i più noti storici, sociologi e giornalisti). Ma, soprattutto, un manuale, non convenzionale, di pronto soccorso per chi fosse ancora tentato dalla pervicace illusione dell’uomo forte che risolve i problemi. Perché Mussolini? Perché fa ancora comodo a troppi, è la prima risposta che ci sentiamo di dare. Ribadito che nel 2022 il fascismo è da considerarsi un fenomeno antistorico fuori della realtà, ma che di fascisti – convinti o immaginari, energumeni o macchiette – ce n’è in giro ancora troppi, il Duce continua a essere usato secondo le convenienze del momento. Come un manganello da calare sulla testa, per esempio, di immigrati o di chiunque affermi una diversa identità politica, culturale, di genere. Mentre, sul versante opposto, lo stesso antifascismo può trasformarsi in un corpo contundente per delegittimare l’avversario di turno. Poi, quando il dichiararsi antifascisti resta una manifestazione rituale (e non l’espressione di solide convinzioni ancorate alla Costituzione nata dalla Resistenza) si rischia di provocare effetti non desiderati soprattutto tra i più giovani. Trovo assai pertinente quanto dichiara a Sara Lucaroni lo scrittore David Bidussa secondo il quale “la fascinazione dei ragazzi per certe proposte dipende da meccanismi di esclusione/inclusione esperiti sul piano personale. Mi escludete e io escludo voi”. Parole che sarebbero piaciute a Pier Paolo Pasolini che, come ricorda l’autrice, il 16 maggio 1974, in un articolo uscito sul “Corriere della Sera” sul tema “Il fascismo degli antifascisti” analizza la reazione delle istituzioni “antifasciste” di fronte all’estrema destra giovanile. “In realtà ci comportiamo con i fascisti, e parlo soprattutto di quelli giovani, razzisticamente. Non nascondiamocelo: tutti sapevamo nella nostra vera coscienza, che quando uno di quei giovani decideva di essere fascista, ciò era puramente casuale, non era che un gesto, immotivato e irrazionale. Ma nessuno ha mai parlato con loro o a loro. Li abbiamo subito accettati come rappresentanti inevitabili del Male”. Tra i tanti capitoli, tutti interessanti, di “Sempre Lui”, quello sui “Fascisti 2.0” mi è venuto in mente leggendo delle proteste sul corteo di CasaPound, in programma il prossimo 28 maggio, che viene definito “una nuova e pericolosa marcia su Roma”. Nell’esprimere la più sincera solidarietà al collega di “Repubblica”, Paolo Berizzi, unico giornalista in Europa sotto scorta da anni per le minacce degli estremisti di destra, c’è da chiedersi se proibire la manifestazione (come vogliono, tra gli altri, gli eurodeputati del Pd) non finisca per alimentare proprio quel meccanismo di esclusione/inclusione di cui parla Bidussa. Accanto a quella pericolosa fascinazione del Male di cui ha scritto Pasolini. Non aspettiamocelo purtroppo dalla scuola (né tantomeno dai caporioni di CP), ma forse con qualche buona lettura in più certi giovanotti non si ecciterebbero tanto a minacciare il prossimo con il braccio teso. Più che proibire, alimentando l’insopportabile martirologio nero, non sarebbe più utile alla democrazia raccontare meglio e di più cosa fu il fascismo? Che alla testa di una marcia, che nell’arco di un ventennio avrebbe portato l’Italia alla catastrofe, c’era un “pover’uomo” (parole di sua moglie)? Insomma, regaliamogli un libro.