Nel passaggio in Parlamento, l’ex Bce ribadisce di avere pieno mandato su Kiev (e già si parla di quarto decreto). Mario Draghi tira dritto. Nessuna apertura nell’informativa alle Camere sulla crisi ucraina. Il premier ribadisce la linea sulle armi, incurante della richiesta dei Cinque Stelle di un voto parlamentare […]

(DI LUCA DE CAROLIS E WANDA MARRA – Il Fatto Quotidiano) – Mario Draghi tira dritto. Nessuna apertura nell’informativa alle Camere sulla crisi ucraina. Il premier ribadisce la linea sulle armi, incurante della richiesta dei Cinque Stelle di un voto parlamentare, e dei distinguo sugli armamenti di un sempre ondivago Matteo Salvini. Così il dibattito che segue il suo intervento è una testimonianza di presenza dei partiti, nulla di più. Ore dopo, il premier convocherà d’urgenza un Consiglio dei ministri per mettere la fiducia sul decreto Concorrenza, bloccato dai veti delle destre. La conferma di quanto Draghi ritenga complicato il dialogo con il Parlamento. Sul Pnnr, come sulla guerra. Perché “gli accordi non tengono, visto che non tengono i partiti”, riflettono a Palazzo Chigi.

Di sicuro nell’informativa sulla crisi in Ucraina, Draghi ribadisce la sua rotta: le Camere hanno già dato mandato pieno al governo, quindi non c’è bisogno di un ulteriore voto. La risoluzione votata dal Parlamento “ha impegnato il governo a sostenere dal punto di vista militare” e anche “umanitario” Kiev, nonché “a tenere alta la pressione sulla Russia, anche attraverso sanzioni, e ha guidato in modo chiaro l’azione”.

Il voto non ci dovrebbe essere neanche la settimana prossima, in vista del Consiglio europeo straordinario a Bruxelles del 30 e 31 maggio. A Palazzo Chigi si sono anche posti la questione, ma l’orientamento è che sarebbe tecnicamente arduo un voto sulle armi, visto che il vertice sarà imperniato sulla ricostruzione dell’Ucraina. Il Consiglio europeo del 24 e 25 giugno, però, sarà tutto sul conflitto. E Draghi dovrà necessariamente andare prima in Parlamento per le comunicazioni di rito. Tradotto: tra un mese le votazioni su una o più risoluzioni saranno inevitabili. Nell’attesa, il premier ha ribadito che “l’Italia continuerà a sostenere il governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l’invasione russa”. Il quarto decreto interministeriale per l’invio di nuovi aiuti militari è di fatto già in programma. Ma sarà frutto di un coordinamento con gli altri partner europei e con la Nato. Prima del vertice a Madrid di fine giugno dell’Alleanza Atlantica non se ne parla. Draghi ha poi confermato le altre missioni in arrivo: rafforzamento dell’impegno in Ungheria e Bulgaria con rispettivamente 250 e 750 unità, mentre “valutiamo il sostegno alla Romania per lo sminamento marittimo del Mar Nero e anche alla Slovacchia nella difesa antiaerea”.

Il premier ha comunque riferito anche sul negoziato. Soprattutto, ha annunciato un vertice bilaterale con il governo turco, per il 5 luglio. Iniziativa maturata a Bruxelles a marzo, durante l’incontro con Erdogan, l’uomo che un anno fa lo stesso Draghi aveva bollato come “un dittatore”. Ma se l’Italia vuole giocare un ruolo al tavolo della pace vederlo è centrale. Così ecco il vertice, il primo dal 2012. E sul tavolo ci saranno anche i dossier economici e industriali. Ma prima, per Draghi, c’è o ci sarebbe sempre il corpo a corpo con i 5Stelle, che ieri con il capogruppo a Montecitorio, Davide Crippa, hanno ribadito l’esigenza di riavere il premier in aula a fine mese, per un voto. “L’invio delle armi, stando ai risultati ottenuti dopo 85 giorni di guerra, non è efficace per costruire la pace – ha teorizzato – e per questo chiediamo un nuovo voto parlamentare”. Ma senza volerlo trasformare in una conta su Draghi: “Un voto potrà rafforzare e non indebolire l’azione del governo”. È la linea di Giuseppe Conte, che ripete ovunque di non volere la crisi. Anzi, “sono gli altri partiti che tramano per buttarci fuori del governo”. Certo, il 1° marzo anche i 5Stelle avevano votato la risoluzione che dava pieno mandato a Draghi.

Ma per il M5S non è più sufficiente. “Ora va aggiornata” sostiene l’avvocato. E poi, ha punto Crippa, “in quel testo era previsto che gli sforzi del governo fossero indirizzati a una de-escalation militare. L’Italia ha già dato”. Tradotto, no a un quarto decreto per l’invio di altre armi. “Ma il nodo urgente ora è il decreto Aiuti” soffiano vari big. Ossia il dl che in pancia ha l’inceneritore a Roma. Per Conte la fiducia sul testo sarebbe “inaccettabile”. Così i 5Stelle lavorano a un emendamento per modificare la norma sull’inceneritore. “Ma se venisse bocciato cosa faremmo?”, si chiede un veterano. Sul termovalorizzatore, Conte ha tenuto una nuova riunione con gli eletti romani, mercoledì. In cui Virginia Raggi è stata secca: “I rappresentanti nazionali devono uscire dai Palazzi”. E l’ex premier non ha proprio gradito.