Siamo in tanti, affamati di notizie, che dobbiamo dire grazie agli inviati in Ucraina che dalla mattina alla sera, da tre settimane, ci raccontano la guerra, sul terreno di guerra, nel fuoco della guerra […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Siamo in tanti, affamati di notizie, che dobbiamo dire grazie agli inviati in Ucraina che dalla mattina alla sera, da tre settimane, ci raccontano la guerra, sul terreno di guerra, nel fuoco della guerra rischiando a ogni passo la pelle. Ammirazione e rispetto per il giornalismo coraggioso che leggiamo sui giornali, e che osserviamo grazie ai reporter e agli operatori di Rai, Sky, Mediaset, La7, anche perché un’immagine può valere più di tanti pensosi editoriali. Per esempio, al Tg1, l’immagine del razzo che pencola inesploso tra le pareti di una cucina può dirci molto sull’obsolescenza dell’arsenale russo. Tra i numerosi cronisti in prima linea ne citerò solo una, per tutti: Francesca Mannocchi e le sue cronache dall’orrore, crude, asciutte, lei sempre in giro tra macerie e boati, mai una parola di troppo. I fatti separati dalle opinioni, come c’insegnavano i nostri direttori. Subito dopo è giusto che nello spazio televisivo la precedenza spetti alle voci degli aggrediti, alle fiere donne di Kiev, Leopoli, Dnipro. Ma anche alla scelta fatta da Elena Chernenko, ospite di Otto e Mezzo, giornalista russa che parla contro la guerra di Putin con una bella dose di sangue freddo.

Opinioni, dicevamo, che sono tutte bene accette tranne quando non si dichiarano come tali. Esemplari a tal proposito quelle di certi “esperti” di alta strategia, quasi tutti inclini, diciamo così, a divulgare e sostenere le tesi della Nato (il che va benissimo, ma basta dirlo). Per non parlare di chi fa polemica ballando sulle ragioni degli altri, con la tecnica del manipolare e del deformare, una frase presa qui, una lì e il comizietto è servito. Ci si vive di rendita sugli articoli di Barbara Spinelli, i cui “ragionamenti freddi (o realisti)” servono alle forze del Bene, “ai combattenti della civiltà”, per arruolarla direttamente nell’esercito d’occupazione russo. Certo, sarebbe molto più semplice e onesto invitarla direttamente a parlare, a spiegare, ad argomentare. Ma ciò toglierebbe necessariamente spazio alle parodie, ai teatrini del dolore. Alle temerarie dirette dagli hotel, sacchi di sabbia, giubbotto e servizio in camera inclusi.