(Massimo Gramellini – corriere.it) – Le code formatesi fuori dai McDonald’s di Mosca alla vigilia della loro chiusura per guerra ci ricordano che, se la Russia dei villaggi sta con Putin, quella delle metropoli ai gusti occidentali aveva cominciato a farci la bocca. Dopo un trentennio di panini multistrato, nel paese delle anime morte ci sono ormai anche le anime fritte, intrigate dai nostri valori, compresi quelli del colesterolo. Anticipo l’obiezione di chi quel «nostri» preferirebbe sostituirlo con «americani»: chiunque di noi sia nato nel Dopoguerra è cresciuto, volente o nolente, dentro l’impero anglosassone, assaggiando i suoi film a volte troppo melensi e i suoi panini sempre troppo unti.

Invecchiando abbiamo maturato un sano distacco da alcuni aspetti di quel modello, ma non possiamo negare che riesca ancora a esercitare un fascino in chi, come i russi, prima del Big Mac aveva conosciuto più che altro la fame. Un impero che si regge su un combinato disposto di missili nucleari e patatine fritte non sarà il sogno che avevamo da ragazzi, e forse non è neanche quello delle persone che si sono messe in coda a Mosca per l’ultimo panino. Ma di tutti gli imperi attualmente disponibili sul mercato rimane di gran lunga il meno indigesto. Se poi un giorno ci decidessimo a fare l’Europa Unita, sbarcando in Russia con una catena di ristoranti di crauti, baguette, gazpacho e risotti alla milanese, sarei il primo a festeggiare portando alla bocca non un panino, ma un buon bicchiere di grignolino.