
(Giuseppe Di Maio) – Se libertà di stampa corrispondesse alla garanzia di conoscere sempre la verità dei fatti, allora tutti noi vorremmo vivere in Norvegia, paese da anni al primo posto nella classifica di Reporter senza frontiere. Purtroppo significa solo libertà di poter dire quello che ci pare senza ricatti politici, economici, e intimidazioni mafiose. Conseguire questo tipo di indipendenza è già una grande conquista, ma non ci salva dalla voce del padrone che spara “libere” menzogne attraverso i suoi commentatori a libro paga. Le mistificazioni e le fake news più pervasive e sulfuree sono proprio quelle confezionate da operatori dell’informazione felici di assecondare il mittente della propria busta paga. Quando le fake arrivano a destinatari ancora suscettibili di farsi un’idea degli uomini e del mondo, i cittadini diventano schiavi.
La classifica di RsF ci vede oscillanti tra il 41esimo e l’77esimo posto, dipende dalle annate. La Russia è al 150esimo posto. Vuol dire che da quelle parti il potere reale (pubblico o privato) filtra le notizie attraverso una violenza capillare. Vuol dire che il timore della verità è maggiore: che il padrone teme la libertà di giudizio della gente, teme per le sorti del proprio potere, se le notizie circolassero liberamente. Il controllo sull’informazione (ad esempio il russo Roskomnadzor) ci rivela l’abusività di un progetto politico, come avviene per la frode di consenso di un privato cittadino che lo estorce a proprio vantaggio. Le democrazie occidentali hanno meno terrore delle loro pubbliche opinioni, anche se non sono esenti dalla produzione di balle. Possiamo semmai ipotizzare che le popolazioni europee e nordamericane siano tanto assuefatte all’oppio dei loro regimi che questi non hanno nemmeno bisogno di mentire per avere consenso. Ma questa si chiama egemonia, ed è appunto la carenza di egemonia che spesso scatena le guerre.
Ci sono dei siti che si sono divertiti ad elencare le bugie di Putin. Molte sono solo delle imprecisioni con intento propagandistico; altre sono errori madornali: letture partigiane della storia, presunzioni collettive che ambiscono a riscrittura scientifica. E infine ci sono le balle. Tra queste spiccano quelle strategiche: “non attaccheremo”, “ci stiamo ritirando”, “gli americani sono isterici”… Quelle istigatrici: “nel Donbass è in corso un genocidio”… E quelle denigratorie di un nemico personale che si spera diventi collettivo: “quella banda di drogati nazisti”, etc. Ora, chi ha tempo e voglia di confutarle o asseverarle lo faccia. Ma, oltre a farmi un’idea sulla reale volontà di pace di Putin, a me sta di più a cuore il furto che la menzogna (agente sempre privato) fa al genere umano e alle sue prospettive. Tutte le menzogne: di destra e di sinistra, d’Occidente e di Oriente. Ad esempio, la cosa che sfugge costantemente all’una e all’altra tifoseria è che, se mettessimo la testa fuori dall’orto dei padroni, cioè fuori dal sacco delle frottole, vedremmo che la Russia è per buona parte Europa. Esattamente come avrebbe desiderato Giovanni Paolo II, un’Europa unita sulle comuni radici cristiane: “Siate ambiziosi”.
Comunque io in Norvegia non vorrei viverci. Guarda un po’ ti capita uno che con un mitragliatore mi uccide con altre 91 persone e stanno lì ancora a pensare se liberarlo o meno.
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