Il sistema immunitario continuando a essere stimolato inizierebbe a non rispondere all’antigene. Nella fascia 12-39 anni chi ha tre dosi avrebbe un rischio maggiore di ospedalizzazione rispetto a chi ne ha avute due, questo è quanto emerge dagli ultimi report dell’Istituto superiore di sanità. […]

(PETER D’ANGELO – Il Fatto Quotidiano) – Nella fascia 12-39 anni chi ha tre dosi avrebbe un rischio maggiore di ospedalizzazione rispetto a chi ne ha avute due, questo è quanto emerge dagli ultimi report dell’Istituto superiore di sanità. Mentre nascono dubbi sulla terza dose nei giovani, si procede verso la quarta almeno per gli immunodepressi.

Nei giovani fino a 40 anni non ci sarebbero benefici evidenti dalla terza dose, la letteratura scientifica ha sottolineato come richiami ravvicinati portino ad un fenomeno di anergia: il sistema immunitario continuando ad essere stimolato inizia a non rispondere a quell’antigene. D’altronde tre dosi ravvicinate non si erano mai fatte nella storia della vaccinazione nel mondo moderno. Per Antonio Cassone, ex direttore delle Malattie infettive all’Istituto superiore di sanità, “gli anticorpi che non si legano o non neutralizzano perché in Omicron sono cambiati gli epitopi del vaccino, basato sul ceppo di Wuhan, che non è più in circolazione da tempo, è probabile che possano indurre risposte negative”; il professore, membro dell’American Academy of Microbiology, ci spiega che “subito dopo la vaccinazione il nostro sistema immunitario sta lavorando per formare una buona risposta difensiva, può trovarsi sotto stress per il sovraccarico e questo rende il soggetto più suscettibile ed esposto a batteri o virus per una certa finestra temporale”. Siamo di fronte ad “un fenomeno molto complesso da capire, c’è una mole di dati che vengono raccolti e analizzati – esemplifica Angelo Pan, direttore di Malattie Infettive Asst di Cremona,e membro dei gruppi di lavoro congiunti Iss e ministero –, noi analizziamo dati, siamo arrivati fino a metà dicembre, questi possono riguardare ancora in parte Delta. Con Omicron può essere cambiato tutto in termini di dinamiche da osservare”. Il virus corre più veloce dei dati che si interpretano, “stando a una pubblicazione di Lancet, si è visto che c’era la riattivazione di herpes zoster dopo vaccini contro epatite A, o dell’influenza, questo potrebbe far supporre un piccolo calo difensivo, temporaneo, ma per avere dati in tal senso servono studi specifici”. Il presidente della Società italiana di genetica umana, Paolo Gasparini, aggiunge che “i giovani che sono passati indenni alla prime ondate, dopo la dose booster si sono contagiati. Sicuramente Omicron è più contagiosa. Ma è chiaro che c’è qualcosa che merita un approfondimento. Potrebbe esserci anche una immunodepressione post-booster temporanea da meglio comprendere”; infine, “dal punto di vista della mia branca posso dirle che le ricerche genetiche hanno messo in evidenza marcatori genetici di suscettibilità al virus, che possono predire evoluzioni cliniche nei soggetti. Quello che mi stupisce, da genetista, è perché queste informazioni non entrino nei percorsi clinici per capire chi deve avere priorità per il booster e chi no; ci sono pubblicazioni che dimostrano come i guariti siano protetti fino a 15 mesi da malattia grave, più protetti dei vaccinati, ed anche che la vaccinazione nei guariti, con anticorpi significativi, aumenti le reazioni avverse”.

Il dibattito sulle tre dosi è stato innescato dal microbiologo Francesco Broccolo a DiMartedì su La7, che ora ribadisce: “Nei giovani fino a 40 anni non ci sarebbero benefici dalla terza dose. Probabilmente perché i giovani hanno fatto vaccinazioni ravvicinate rispetto ai 60-70enni; e la letteratura ci dice come dosi ravvicinate portano a un fenomeno di anergia: il sistema immunitario continuando ad essere stimolato inizia a non rispondere a quell’antigene. I vaccini sono importanti, ma il booster non si fa ad occhi chiusi, si valuta caso per caso, va tenuto conto di molte variabili, ad esempio i guariti che hanno una protezione di 15 mesi”.

I PARERI

Garattini “La quarta dose non serve. Riparliamone il prossimo autunno”
La quarta dose di vaccino anti-Covid potrebbe essere utile per chi si trova in situazioni di scarsa risposta immunitaria, come trapiantati o malati sottoposti alla chemioterapia. Potrebbe essere una ragione per ricorrere a essa, ma uso il condizionale. Per le masse è sicuramente presto ipotizzare il ricorso alla quarta dose, intanto bisognerà vedere come procederà l’epidemia nei prossimi mesi, in questo momento non serve. Ora siamo in una fase di diminuzione dei contagi in cui non serve un nuovo richiamo. In ogni caso è troppo presto per fare qualsiasi previsione: è il momento di stare ancora attenti nei comportamenti individuali se vogliamo che finisca presto. Per la quarta dose bisognerà valutare in autunno se saremo in presenza anche di nuove varianti o meno ed eventualmente aggiornare i vaccini, sperando di averne uno utile contro tutte le possibili varianti.
Silvio Garattini

Galli “Per gli immunodepressi valutare anche i monoclonali”
Non ci sono indicazioni serie sul fatto che una quarta dose di vaccino anti-Covid possa essere dannosa, ma ritengo che allo stato attuale possa essere utile solo a persone molto anziane con grande storia di immunodepressione a cui le altre dosi non hanno fatto effetto. Insomma sono da verificare come sono messe le persone delle categorie a maggior rischio, eventualmente potrebbe avere un senso la quarta dose ma bisognerebbe considerare anche l’immunizzazione naturale con gli anticorpi monoclonali. La situazione epidemiologica, del resto, si sta rasserenando, quindi in questo momento ricominciare con una quarta dose di massa non ha alcun senso e ha questa conclusione sono arrivati anche gli israeliani. Altro discorso se fra qualche mese cambiassero le cose, ma se serviranno saranno necessari vaccini aggiornati a nuove eventuali varianti.
Massimo Galli

Cassone “Quattro dosi così vicine mai fatte in nessun caso prima”
Non ci sono trials clinici e dati esaurienti oggi sulla quarta dose, lo dicono Ema e Fda. Per quanto riguarda gli immunodepressi o fragili, è un tentativo, si tenta di alzarne la risposta immunitaria ma ci sono dubbi. I soggetti, non immunocompromessi o particolarmente fragili, conservano dopo il booster un buon livello di immunità cellulo-mediata che li protegge a lungo, almeno dalla malattia grave. Quattro vaccini così ravvicinati non sono mai stati fatti, e i pochi dati provenienti da Israele, hanno mostrato un basso livello di rialzo anticorpale, insufficiente per proteggere dalle reinfezioni. Inoltre, non abbiamo dati esaustivi sulle reazioni avverse. Il punto più importante su cui tutti dovrebbero riflettere: si somministreranno dosi dello stesso vaccino fatto contro il ceppo capostipite Wuhan, mentre ora ci confrontiamo con tutt’altro virus, Omicron.
Antonio Cassone