Lo sfogo dell’ex banchiere contro i partiti non è servito a nulla. Le fibrillazioni continueranno e i politici penseranno ai sondaggi e alle prossime elezioni. Mentre Draghi inizierà una via crucis per tenere in piedi l’Italia tra crisi, caro bollette, Pnrr e spread.

(Maurizio Belpietro – laverita.info) – Forse non tutti lo ricordano, ma quando venti giorni fa Sergio Mattarella è stato rieletto presidente della Repubblica, i giornaloni hanno scritto che la nomina rafforzava Mario Draghi. Il quale, essendo salito al Colle per chiedere al capo dello Stato di rinunciare ai giardinetti per continuare a passeggiare lungo i viali del Quirinale, si sarebbe trasformato nel vero king maker della politica italiana. Quanto sia infondata la teoria del rafforzamento del premier lo abbiamo visto l’altro ieri, perché si è capito che il capo del governo è in balia di maggioranze variabili e soprattutto di un Parlamento allo sbando, che ha come solo obiettivo la scadenza elettorale. Non ci voleva molto a comprenderlo e ci vuole altrettanto poco a intuire che la sfuriata dell’ex governatore della Bce contro i partiti che nei giorni scorsi hanno messo in minoranza l’esecutivo lascia il tempo che trova. Secondo gran parte della stampa Draghi avrebbe messo in riga gli azionisti di riferimento, ma in realtà lo sfogo pare più una manifestazione d’impotenza che di potenza. Il colloquio con Mattarella per riferire degli intoppi incontrati e la minaccia di non restare a galleggiare sono il segno di un esecutivo che con l’avvicinarsi dello scioglimento delle Camere rischia di impantanarsi. Com’era ovvio immaginare e come avevamo scritto fin dal principio di questa storia. Che non porta la data del 29 gennaio 2022, ma del 12 febbraio dello scorso anno, quando Draghi sciolse la riserva accettando l’incarico di presidente del Consiglio ricevuto dal capo dello Stato. Lo scrivemmo allora e lo ripetiamo adesso. A noi, da quel momento, sembrò chiaro che l’ex governatore si fosse fatto incastrare dal presidente della Repubblica, il quale, in questo modo, toglieva di mezzo il suo più pericoloso concorrente per il bis. Che Mattarella sognasse un secondo mandato lo scrivemmo il 14 febbraio del 2021, il giorno in cui nacque il nuovo governo. Ciò che è seguito dopo, la ricerca di una nuova casa in cui il presidente potesse traslocare, la fotografia degli scatoloni messa in Rete dall’ufficio stampa del Quirinale, le notizie dei materassi pronti per il trasloco, per noi sono sempre stati colore. Anzi, fumo negli occhi. E l’idea che il presidente del Consiglio potesse lasciare Palazzo Chigi per il Colle ci è sempre parsa insensata, perché se Draghi nell’ultimo anno è stato il collante di una maggioranza raccogliticcia, via lui tutto si sarebbe sgretolato. Insomma, l’ex governatore della Bce è stato incatenato alla poltrona di premier e nonostante il suo discorso prima di Natale sia parso a molti un saluto in vista del trasferimento al Quirinale, per noi le sue chance sono sempre state debolissime. Per quanto Draghi abbia lasciato capire che la sua missione era terminata e lui avrebbe potuto essere il nonno della Repubblica, l’addio al governo era praticamente impossibile, perché avrebbe aperto rischi troppo grandi.
E però, se da un lato egli si è ritrovato senza volerlo ostaggio dei partiti, allo stesso tempo non avendo molte vie d’uscita se non quella di dimettersi (ma con conseguenze disastrose per l’economia e la tenuta del Paese, delle quali dovrebbe in qualche modo farsi carico), ne è anche vittima. Perché con l’avvicinarsi della fine della legislatura gli appetiti dei leader in cerca di consenso si faranno sempre più forti. Una volta sarà il no alle trivelle in Adriatico e allo sfruttamento del sottosuolo spacciato per difesa dell’ambiente, un’altra sarà lo stop alla messa in gara delle concessioni delle spiagge, un’altra il colpo di mano sul tetto alla circolazione dei contanti. Sta di fatto che ogni giorno il governo rischierà di ballare e Draghi sarà costretto a mediare. Altro che rafforzamento e strigliata in Consiglio dei ministri: il premier rischia una via crucis.
Aggiungete a tutto ciò che i prossimi mesi non saranno una passeggiata. Infatti, se da un lato la pandemia sembra aver allentato la morsa, dall’altro la crisi provocata dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia stringe le ganasce. Il Pil, il Pnrr, l’inflazione, lo spread che sale e gli investitori internazionali che alleggeriscono i loro portafogli vendendo titoli di Stato italiani: sono questi i temi con cui dovrà misurarsi il governo. Materie che sono pane per i denti di Draghi, il quale però deve fare i conti con una maggioranza che è poco interessata al bilancio pubblico, ma è più attenta all’andamento delle curve dei sondaggi. I giornali hanno parlato di una strigliata del presidente del Consiglio ai capi delegazione dei partiti e qualcuno ha scritto di uno sfogo in cui il premier avrebbe detto che così non si può andare avanti. Non sappiamo se sia vero. Tuttavia, una cosa appare certa: l’ira di Draghi non pare destinata a sortire alcun effetto. Leader e peones faranno finta di rimettersi in riga, poi tutto ritornerà come prima: tanto l’agognata soglia per maturare la pensione si avvicina e poi ognuno penserà ai fatti suoi. Per ora si segnala Giulia Grillo, ex ministro grillino della Salute, che si prepara a tornare a fare il medico. La legislatura sta finendo e la parentesi anche.
Ps. Draghi ha detto in conferenza stampa che il suo governo è bellissimo. L’aggettivo ricorda quello che usò Giuseppe Conte per descrivere un anno difficile. Non è finita benissimo.
UN CASO PIU’ UNICO CHE RARO- UN PARTITO CHE SI UCCIDE DA SOLO
Nessun partito ormai in Occidente può sperare nel 51%. In tutti i Paesi europei si governa con delle coalizioni, ma sono coalizioni in cui, malgrado certe divergenze ideologiche, si è arrivati, magari dopo lunghe discussioni (6 mesi in Germania) a un accordo su programmi comuni e dove gli alleati si rispettano reciprocamente, non si accoltellano.
In Italia si fatta un’accozzaglia tra opposti, il cui unico programma comune è conservare la poltrona e non andare alle elezioni per paura di perderla.
E la coalizione di Governo non è nata da accordi collettivi ma dal colpo di stato di un Presidente che ha imposto chi pareva a lui, ubbidendo non ai bisogni e alle scelte degli elettori, ma alle imposizioni di poteri forti che dei diritti dell’Italia se ne fregano e vogliono solo depredarci come hanno fatto con la Grecia. Di questa cricca nera Mattarella si è fatto strumento e Draghi è stato l’esecutore.
I suoi misfatti sono sotto gli occhi di tutti: costituzione stuprata, democrazia calpestata, assenza di una opposizione, abuso decretizio, svuotamento della divisione dei poteri, impoverimento economico e sociale, decreti legge dittatoriali, divisioni sociali, malessere civile… E, malgrado i giornaloni e il battage quotidiano delle tv insistano a incensare questo individuo oltre ogni limite di accettabilità, in un servilismo ormai insopportabile e disgustoso, i 5 voti presi alle Quirinarie dimostrano che questo banchiere sprezzante e cinico non piace nemmeno ai suoi sostenitori e che, se dovesse essere sottoposto alla valutazione degli elettori, manderebbe a gambe all’aria i falsi sondaggi e prenderebbe meno voti di Monti o di Renzi, perché coi soldi puoi imporre tutto, la falsificazione dei fatti, la coartazione dell’opinione pubblica, i criminali al potere, il saccheggio del Paese, ma non la simpatia umana e il favore degli onesti.
Frutto di un colpo di stato, Draghi non è un leader democratico, è un golpista imposto arbitrariamente con un atto di forza e sarebbe meglio che sparisse prima possibile da questo Paese. Magari insieme a chi lo sostiene che ormai si è fatto complice del peggio! Dopo 229 decreti ubbiditi da pecore meschine e senza volontà, i partiti, e anche il M5S, hanno la coscienza troppo sporca per essere ancora credibili ei sei milioni e mezzo di elettori persi stanno a testimoniare quanto poco i veri 5 stelle. abbiamo gradito il voltafaccia di Grillo/Conte.
L’Italia ebbe il suo maggiore splendore quando c’era una sinistra all’opposizione. Il M5S, uccidendo i propri valori e andando al governo col Peggiore, ha riportato l’Italia agli anni più bui della Repubblica. Non ha solo tradito il suo mandato e deluso i suoi elettori, ha dimostrato debolezza, viltà e tendenza alla prostituzione. Al mantra di Conte che controlla dall’interno (mentre per es. vota per l’acqua privatizzata o la Cartabia che distrugge la riforma Bonafede) non ci crede più nessuno, salvo qualche fanatico sciocco che nega ogni evidenza e che sta alla pari di chi fa il saluto fascista e inneggia a Mussolini.
Ma se il governo con la maggioranza più ampia della storia repubblicana non riesce neppure a farsi approvare il Milleproroghe, un premier degno di questo nome non minaccia di andarsene dicendo: “posso sempre fare altro” ma se ne va subito a fare altro perché ha fallito. Draghi ha fallito. E continuare a fargli distruggere l’Italia ormai sarebbe peggio che follia, sarebbe un crimine sociale.
E ormai non regge più nemmeno l’alibi della pandemia, che del resto non ha impedito le elezioni in nessun altro Paese, mentre protrarre oltre ogni necessità lo stato di emergenza rivela che lo stesso Covid è stato usato non a fini sanitari ma come arma politica per continuare a mantenere in atto una dittatura illegale e perniciosa.
Che aspetta il M5S a staccarsi da questo porcaio? Non lo capisce che fare accese battaglie parlamentari quando poi l’esito del voto è scontato e i decreti di Draghi passano all’unanimità anche coni i voti a 5 stelle distrugge il suo onore, la sua credibilità, i valori stessi su cui è nato? E se un anno non è bastato a oscurarlo come Movimento dal basso per trasformarli in partito dall’alto, come volevano Conte e Grillo, quand’è che sarà pronto a nuove elezioni? Mai?
Non si era mai visto nella storia dei partiti un simile suicidio, un partito che era arrivato ad avere la maggioranza relativa ed era a due passi da quella assoluta, che si è ammazzato da solo.
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Viviana per quello che serve sono d’accordissmo🤝. Applausi 👏👏👏👏👏
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Quoto standing ovation e thumb up.
Ci sarebbe bisogno di migliaia di Viviana nella putrescente informazione di questo Paese.
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“Al mantra di Conte che controlla dall’interno (mentre per es. vota per l’acqua privatizzata o la Cartabia che distrugge la riforma Bonafede) non ci crede più nessuno, salvo qualche fanatico sciocco che nega ogni evidenza e che sta alla pari di chi fa il saluto fascista e inneggia a Mussolini.”.
questa è per te Jonny! Alep, alep, alep!
PS: non sarei molto sicuro che non ci creda più nessuno e che l’unico Jonny Dio in ItaGlia ce l’abbiamo noi qui su Infosannio…
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