(Giuseppe Di Maio) – Chiunque abbia veramente a cuore l’onestà e la giustizia, quando la parentesi 5 stelle sarà un tentativo esaurito, non avrà più dubbi: per cambiare l’Italia ci vuole una rivoluzione cruenta. Lo so, adesso la maggior parte di voi insorgerà con altrettanti dubbi e certezze: le rivoluzioni non servono a niente (come diceva un mio parente), scambiano solo l’ordine dei dominanti e dei dominati (magari!); nei subbugli si dà l’occasione ai furbi di arricchirsi; le sommosse si concludono con le più feroci restaurazioni; il Capitale governa le rivoluzioni ancora meglio della pace. E già! Ce ne sarebbe da dire sulla faccenda. Ma è innegabile che le  ribellioni cercano di rimediare ad una grave mancanza di coscienza, ed è innegabile che essi contengono ancora un’intatta capacità morale.

Conte ha poca voce, l’unica possibilità di farla sentire è trovare interlocutori democratici e garbati. La Gruber, a cui da decenni non fa difetto esibire il labbro superiore a canotto, per interrompere usa espressioni fàtiche: allora, dunque, e quindi; o anche imperative: mi risponda, mi dica si o no, non mi ha risposto; o repressive: adesso voglio sentire Tizio, lei ha già parlato; o infine, semplicemente un aahh gorgogliante con le mani nelle orecchie alla maniera di Verdone che non voleva sentì papà. Purtroppo è da tempo che non ci sono più Jader Jacobelli e Mario Pastore a fare le domande intelligenti al politico di turno. Ci sono dei corrotti assoldati che invitano il nemico del loro padrone a passare per il loro dileggio se vuole dare un po’ di visibilità alla sua politica. Lilli, ad esempio, fa e consente domande lunghissime, plurime, in cui presenta una realtà inventata. Non appena l’ospite accenna a rispondere, lo ferma, si oppone, fa un’altra domanda, interrompe, permette ad altri di interromperlo. E se l’ospite dovesse essere capace comunque di raggiungere il telespettatore con una risposta sagace, gli parla sopra per silenziarlo. I giornalisti intervistano sé stessi, e l’ospite nemico è invitato per convalidare la tesi del padrone.

Le armi del dominio sono violenza e menzogna. Se l’autorità ha deciso di mettere al bando formale la prima, vuol dire che la seconda gli costa meno. Vuol dire che la verità è funzione del potere, e che le nostre “libere” convinzioni sono invece un piatto preparato e scodellato da mille fonti d’informazione. Se i giudici del Tar di Napoli hanno deciso in sospensiva (a differenza del passato, e a 20 giorni dal giudizio di merito), che i neo iscritti potevano votare, non hanno scoperto un bel niente. Il polverone che si è alzato sul ricorso di due attivisti essenzialmente disonesti, ha dato il destro al potere per sporcare l’unica voce dalla nostra parte. E tutto questo continuerà finché la gente non sarà capace d’indignarsi con tale vigore che la sola menzogna non potrà più bastare.