Il 27 gennaio del 1882 nasceva l’intellettuale che ha messo nudo, amando e diprezzando, la nostra italianità

(di FRANCESCO LOMMI – ilgiorno.it) – “L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono”. Giuseppe Prezzolini, nato a Perugia il 27 gennaio del 1882, era un intellettuale di quelli che non hanno paura di raccontare la realtà per come la vedono, senza bisogno di conformarsi alle visioni e alle interpretazioni condivise dai più. Una qualità che ha caratterizzato tutta la sua carriera di intellettuale, scrittore ed editore prima e di docente poi.
La dualità che divide tutti gli italiani – ed ogni italiano – in furbi e fessi è storica. “Non c’è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente sulla magistratura, nella pubblica istruzione, ecc.; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. – questi è un fesso”.
“Prezzolini è stato uno dei personaggi più significativi della cultura contemporanea del nostro Paese. Ha incarnato una costante esigenza critica e scettica in un mondo di cultura sempre più tendente al conformismo e all’ortodossia” disse di lui Giovanni Spadolini, storico, giornalista e politico.
Nato a Perugia ma giramondo per natura e necessità (il padre era un prefetto e spesso doveva cambiare città), Prezzolini sviluppò un’intelligenza sottile e pungente che lo avvicinò alla filosofia idealistica di Benedetto Croce. Anche grazie a questa influenza, nel 1908 fondò (e diresse con interruzioni fino al 1914) il settimanale La Voce, una delle esperienze editoriali più rivoluzionarie del Novecento. Spregiudicata nelle battaglie culturale, vivacemente polemica rispetto al conformismo italiano di quegli anni.
Diviso tra l’ammirazione per Mussolini e il rifiuto dei metodi fascisti, con l’ascesa del Duce Prezzolini si allontanò dall’Italia e, dopo alcuni anni a Parigi, si stabilì a New York trovando impiego come professore alla Columbia University.
Nel 1968 si trasferisce a Lugano perché “non sopporta la burocrazia, la corruzione, la furbizia, la scioperomania della classe politica”. Nel 1982, come regalo per i 100 anni, Prezzolini ricevette dal capo dello Stato Sandro Pertini la “Penna d’oro”. A lato della cerimonia, pare che scherzando disse a Montanelli “se vado in bolletta, la vendo”.
Non ebbe il tempo: il 14 luglio dello stesso anno morì nella sua casa in Svizzera.
L’Italia va avanti perché ci sono i fessi
Parole sante. E sono la maggioranza.
L’Italia è un forziere che contiene i risultati del durissimo lavoro di padri e nonni. Servono degli incappucciati per depredare queste immense fortune.
Ma con calma. Gli italiani guadagnano meno di trenta anni fa. Come funghi sono spuntati i “compro oro”; nessuno si sogna di suddividere le banche (affari-risparmio), con conseguenze già viste; il mercato immobiliare delle nude proprietà è abbastanza florido: chi invecchia ha bisogno di risorse aggiuntive e la pensione non basta più.
La nuda proprietà è un bene che viene a mancare agli eventuali eredi e chi compra lo fa per puro investimento: l’83,5% degli acquisti è in contanti.
Chi ha risorse ne avrà sempre di più mentre alla massa viene eroso giorno dopo giorno ciò che possiede. Il lavoro è soprattutto precario.
Con calma, senza correre troppo. Altrimenti i fessi si allarmano.
"Mi piace""Mi piace"
Quoto in toto le parole di Giansenio.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Non a caso sui media è tutto una vergognosa ostensione di malattie più invalidanti e di primi piani di bimbi morenti. L’incasso dell’ obolo è solo uno dei pretesti, l’altro è il medesimo che animava, all’opposto, l’ amara protesta di un episodio di un vecchio film penso del primo dopoguerra di cui non ricordo il nome: sul muro di una baracca fatiscente un attacchino arriva in bicicletta e incolla un grande manifesto con la sagoma di una donna ed un bimbo di colore. E una grande scritta “Aiutiamo l’Africa”. Al manifesto si avvicina una donna cenciosa con un bimbo in braccio e tre attaccati alla gonna. Un uomo magro e sfinito dalla miseria cerca di capire: nessuno sa leggere.
Noi siamo messi cosi: la visione di “disgraziati” che ci viene continuamente ammannita forse serve a farci sentire meglio al confronto. Non saprei vederci, per la politica, altro tornaconto. A meno che non ci vogliano deprimere del tutto per asservirci meglio.
"Mi piace""Mi piace"
Non solo l’Italia. Il parassitismo è ubiquitario e purtroppo fa parte della natura animale. In alcuni paesi culturalmente più sociali è minore, anche molto minore, ma la situazione fa in fretta a peggiorare. Basta rilassare qualche legge qua e là, copiando magari dai paesi meno virtuosi, leggasi il nostro, e il gioco è fatto.
"Mi piace""Mi piace"