(Giuseppe Di Maio) – Si pensa forse che lo scontro tra partiti, correnti e spifferi sia di natura ideologica o appartenga ai problemi che affliggono la comunità nazionale? No. La politica è ridotta a campagna elettorale e gli scontri di cui sopra sono generati solo dai più beceri interessi privati. Crisi economiche, pandemia, lavoro, bollette e mascherine, tutto è solo un pretesto per garantire vantaggi personali. Casaleggio vedeva giusto quando ambiva a trasferire tutto il dibattito politico on line, poiché il Parlamento è una pletora costosa di nemici del bene comune. Che cosa credete abbiano in comune Di Maio e i dimaiani, Marcucci e i renziani del PD? Lo avete capito, vero? E’ il posto nelle liste elettorali.

Ha cominciato Brunetta (il piccoletto non è estraneo a questi slanci. Ricordo quando fu il solo ad accogliere con gentilezza una spaesata Virginia in una sala gremita di gente ostile). Ha detto che con Di Maio si può parlare poiché ha compiuto l’atteso processo di maturazione. Segue Bettini quando informa l’opinione pubblica che il suo amico Conte ha seri problemi come leader di partito. Ma è stato Bersani, che dopo la festa del suo compleanno ha addirittura innalzato Di Maio alla sagacia sulfurea di Andreotti. Cassese e De Benedetti lo hanno promosso a pieni voti come notabile democristiano, politico fine e capace. Conte? Non pervenuto, dice il maleducato torinese sostenuto da un Giannini servitore impavido. Noi ce n’eravamo accorti da un annetto. Come un sol uomo la stampa tutta invitava Luigi nei talk, ne riportava le dichiarazioni nei giornali, sostituendolo di fatto a Conte quale capo del Movimento. Gli amici dei miei nemici sono nemici miei, nemici che hanno scoperto quanto Conte sia un osso duro, e il giovane Di Maio lavorabile.

Parallelamente nel PD la segreteria Letta si sta rivelando una missione impossibile. Chiamato da un partito che ambiva a derenzizzarsi, si deve scontrare con una deputazione che è purtroppo il prodotto delle liste del Bomba. E allora eccolo pronto il grande partito della politica, quello che non fa fughe in avanti, che sta con i piedi per terra e il culo sulla poltrona, quello che considera le idee come trovate elettorali. Eccolo pronto a sfarinare le promesse fatte ai cittadini per guadagnarsi lo stipendio, a distruggere i partiti e a creare coalizioni. Come lo chiamerai il tuo, Luigi? O dovrà essere Conte a farsene uno suo? E Bersani, che dopo essersi rifugiato in un partito che gli dà ancora un posto in Parlamento, addita a M5S e PD “quelle due o tre cose” (tasse, giustizia e stato sociale, si presume) per cui si può essere ancora considerati di centrosinistra. Cui segue però la legge elettorale, che in Italia non riesce ad entrare in Costituzione, perché proporzionale o maggioritaria serve solo a garantire lo stipendio.