(Massimo Gramellini – il Corriere della Sera) – «E adesso come dico a mia figlia che a tavola deve spegnere il telefonino?» si chiedeva un’amica scoraggiata, dopo avere visto la presidente del Senato incollarsi allo smartphone durante lo spoglio di una votazione che tra l’altro la riguardava personalmente.

Stiamo parlando di uno dei riti più solenni della democrazia: la catena di montaggio istituzionale che si replica ogni sette anni davanti alle telecamere richiede un’intesa perfetta fra i due presidenti – quello della Camera legge il nome sulla scheda e la smista a quello del Senato, che la riceve e la smista a sua volta – ma soprattutto una concentrazione assoluta per mantenere il ritmo infernale.

Invece ieri il povero Fico era costretto a fermarsi di continuo con la mano a mezz’ aria, dato che la collega era sempre a testa bassa, tutta presa a digitare, scrollare, compulsare. Proprio come la figlia adolescente della mia amica, che a questo punto avrà buon gioco a eludere le reprimende della madre: «Se lo fa la presidente del Senato nel momento culminante del suo lavoro e forse della sua carriera, ti pare che non posso farlo io mentre sto mangiando la pasta e tu mi chiedi come è andata la verifica di matematica?».

Nessuno mette in dubbio l’urgenza dei messaggi ricevuti dalla Casellati: immagino fossero tutti di Salvini che si dava del pirla e le chiedeva scusa. Ma quando ci decideremo a usare quell’aggeggio, anziché venire usati da lui? Ora però devo salutarvi perché mi è appena arrivata una notifica sul cellulare.