Uno spettro si aggira per l’Italia: il darwinismo clinico. L’opinione pubblica è stata divisa in due: quelli che amano i lockdown, i Dpcm, le zone rosse, il coprifuoco; e i minimizzatori del virus, desiderosi di “tornare alla vita” sulle ali del draghismo, per ciò autonominatisi “team vita” in opposizione al “team morte” rappresentato dai primi […]

(DI DANIELA RANIERI – Il Fatto Quotidiano) – Uno spettro si aggira per l’Italia: il darwinismo clinico. L’opinione pubblica è stata divisa in due: quelli che amano i lockdown, i Dpcm, le zone rosse, il coprifuoco; e i minimizzatori del virus, desiderosi di “tornare alla vita” sulle ali del draghismo, per ciò autonominatisi “team vita” in opposizione al “team morte” rappresentato dai primi.

È una confezione narrativa che è partita già quando si moriva a colpi di 1000 persone al giorno e gli ottimisti stilavano le statistiche delle influenze stagionali per confronti aberranti; poi si è fatta strada negli angiporti della Tv, i talk-show, dove il minimizzatore ospite, indifferentemente politico, giornalista o virologo, si diceva preoccupato per l’eccessivo allarmismo e per la morte per fame di albergatori e baristi decretata da Conte; ora, sotto il trionfale governo dei Migliori, è diventata mainstream, propagandata da esimi scienziati con pubblicazioni all’attivo su prestigiose riviste e/o su blog personali, desiderosi di far sapere al mondo che presto sarà tutto finito perché la variante Omicron è “la fine della Covid”.

Tra quelli per cui bisogna “normalizzare il virus” uno dei più attivi è Guido Silvestri, professore di Patologia alla Emory University e fra gli autori del blog Pillole di ottimismo, il quale in collegamento a In Onda ha detto fuori dai denti quel che molti pensano da tempo: esprimendosi a favore della riapertura delle scuole, ha detto che “non è eticamente accettabile che la scuola venga penalizzata, bisogna bilanciare i rischi alla salute psicologica dei bambini col rischio di avere qualche morto in più”. Il professore non insegna Etica o Pedagogia: da scienziato del virus, ha valutato come inaccettabile il rischio (tutto da provare) dei danni della Dad e “accettabile” il rischio (certo) di più morti di Covid. Lo stesso professore, impegnato in una martellante propaganda social, ha twittato una “provocazione”: “Abrignani (immunologo del Cts, ndr) pone la domanda cruciale: ‘Molti Paesi stanno razionalizzando la possibilità di tornare a una nuova normalità con meno restrizioni. Siamo pronti in Italia a tollerare 3-4 mila decessi per Covid al mese per 4-5 mesi l’anno in cambio di una vita di nuovo normale?”. Attenzione alle parole: “razionalizzando”. Per chi ha una soglia etica alta, la risposta è senza dubbio no; per gli ottimisti che razionalizzano, 20mila morti in 5 mesi sono tutto sommato un buon affare, a fronte della normalità godibile dai superstiti al costo di vite altrui. Purtroppo i cultori del “team vita” non specificano se i malati accettabilmente morituri devono essere curati nelle rianimazioni, o lasciati morire a casa per non saturare le terapie intensive (tanto varrebbe).

Costoro non sono che una variante della figura del darwinista edizione 2020, quello che si opponeva ai lockdown di Conte perché “tanto muoiono solo gli anziani”, mentre politici di levatura opinabile intrisi di etica confindustriale intimavano al governo di riaprire tutto perché così avrebbero voluto i morti di Bergamo e Brescia, dalle loro bare portate via coi camion militari.

Ora ci sono quelli per cui Omicron è un “raffreddore”: un raffreddore che spedisce in ospedale una certa percentuale di contagiati, per cui al crescere esponenziale di questi si ha proporzionalmente una crescita di intubati e morti, a cui si sommano i malati gravi di Delta e Delta Plus, il che determinerà a breve il collasso del sistema sanitario. Ma ecco pronta la soluzione: non comunicare più il bollettino quotidiano dei positivi. Capito qual è la musica che piace al governo, ogni giorno infettivologi vip la suonano per i padroni. È oscuro cosa gliene venga in tasca, a queste majorettes della contabilità approssimata per difetto, dal fatto che la gente non sappia più nulla dei contagi (e magari, perché no, presto pure dei morti). Il “team vita” capitanato da Matteo Bassetti (idolo prima di Salvini, ora naturalmente di Renzi) è molto ascoltato ai piani alti: il sottosegretario alla Salute Costa, diplomato geometra dunque nel governo dei Migliori, sta “valutando” la proposta.

È la normalizzazione, bellezza. Una variante deluxe del negazionismo. Lo scienziato che non diffonde allarmismo è un perfetto araldo del nuovo corso: infonde ottimismo, fluidifica i consumi, invoglia la gente a mangiare panini nei bar del centro e a recarsi in ufficio come desidera Brunetta (tutti muniti di Super Green Pass, notoriamente una corazza contro i contagi).

Conte fu crocifisso perché metteva al primo posto la salute e le vite umane; Draghi, ormai sulla linea fatalista di Boris Johnson che tanto ci indignò l’anno scorso, quando ci facemmo belli delle nostre origini greche e del rispetto che portiamo agli anziani, ci ha ridato alla vita. Ciò naturalmente a patto di intendere per “vita” la catena produci-consuma-crepa vecchia di 50 anni, ma rivenduta come nuova con la scocca luccicante dei Competenti.