Domanda: ma quando nel febbraio scorso Mario Draghi accettò la chiamata di Sergio Mattarella per Palazzo Chigi, pensava davvero che l’incarico di premier gli avrebbe reso più agevole, un anno più tardi, la salita al Colle?

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Domanda: ma quando nel febbraio scorso Mario Draghi accettò la chiamata di Sergio Mattarella per Palazzo Chigi, pensava davvero che l’incarico di premier gli avrebbe reso più agevole, un anno più tardi, la salita al Colle? Non sospettava che il percorso si sarebbe fatto più arduo? Non essendo nella testa del presidente del Consiglio, ci limiteremo a qualche supposizione basata sui pochi fatti conosciuti.

È un fatto che di Draghi successore naturale di Mattarella si parla da tempo, quotazioni che s’impennarono a partire dall’ottobre del 2019, termine del suo mandato al vertice della Bce. Non è un fatto, ma un’ipotesi fondata, che oggi la sua elezione al Quirinale, e in forma plebiscitaria, verrebbe considerata scontata, o quasi, se dopo Francoforte il Draghi medesimo avesse preferito trascorrere i due anni successivi tenendosi lontano dalla politica romana. Magari dividendosi tra il buen retiro di Città della Pieve e l’ufficio di ex Governatore messogli a disposizione in Banca d’Italia. E, perché no, facendo soprattutto il nonno.

È un fatto che, dall’estate 2020, già circolavano le voci su Draghi successore di Giuseppe Conte. Messe in giro dagli stessi avvelenatori di pozzi che nell’inverno seguente avrebbero provveduto a sopprimere il governo giallorosa (con Matteo Renzi nella parte che più gli si addice). Il tutto opportunamente pompato dalla stampa amica. Il seguito lo conosciamo e si può anche comprendere che per Draghi quella di Mattarella fosse un’offerta che non si poteva rifiutare (anche se smentita fino all’ultimo). Ciò che non conosciamo (e che probabilmente non conosceremo) è il contenuto dei colloqui tra i due che precedettero il conferimento dell’incarico. Difficile non pensare che non si sia mai parlato della sovrapposizione temporale e istituzionale tra il Draghi a capo di un governo di (quasi) unità nazionale e il Draghi candidato al Quirinale. Così come ci sembra altamente improbabile che lo stesso Draghi non abbia informato Mattarella della sua convinta disponibilità a farsi eleggere, esplicitata nella conferenza stampa di mercoledì. Chissà che la sera di Capodanno, nell’ultimo messaggio del settennato, il capo dello Stato non ci faccia capire qualcosa di più dell’ingorgo di cui sopra. In fondo il Draghi uno e bino non lo ha voluto lui?