(Giuseppe Di Maio) – La notizia vera è che lo stipendio degli italiani da trent’anni a questa parte, invece di aumentare, è diminuito. L’altra è che i connazionali non hanno battuto ciglio. Poi ci sarebbe anche quella che per trent’anni ci siamo dovuti spartire tra B e anti B, tra veltroniani e renziani, tra cerchi magici e cerchi infernali, onesti e capaci, vax e no vax, etc. In trent’anni, assieme allo stipendio, è diminuito anche il verstehen degli italiani. Quelli che il giorno delle elezioni prendono la via del seggio sono sempre meno, e più disperati. La proposta politica s’è ridotta alla posa di un bullo, alle bizze di un’urlatrice, a un certo numero di facce di bronzo sempre in televisione perché si dichiarano disposti a regalare prebende e carriere, e ad altre, che le stanno già distribuendo, osannate come santi patroni il giorno della festa. Le notizie vere non sono del tutto scomparse, ma stanno seppellite sotto una valanga di chiacchiere alimentate da chi è pagato per dire balle, chi è pagato per riabilitare un ladro, da chi fa confusione, e persino da chi deve smascherare tutti gli altri. Ciò che resta nella testa della gente è un guazzabuglio che in sintesi fa così: sono tutti uguali; chiunque fa politica pensa ai fatti propri; la società non si può cambiare. E resta soprattutto la convinzione che la disuguaglianza sia una questione naturale e non derivata dalle scelte politiche. Ognuno è convinto di aver allevato questi pensieri in modo autonomo, e mai crederebbe che le sue convinzioni siano state ideate, fabbricate e dispensate da bande di ladri il cui solo obiettivo è lo stipendio erogato dai vertici del sistema padronale. Un’intera società ha perso di vista i valori della convivenza a causa della guerra generale scatenata dal profitto. In questa guerra, i rari tentativi di rifondazione morale passano per un inconcepibile setaccio di menzogne fino alla loro sconfitta, al loro completo disfacimento. Mai vi fu più feroce dittatura, mai più atroce gabbia d’acciaio, dentro cui ogni italiano crede di abitare il paese più bello del mondo, crede che è inutile mettere il naso oltre i confini, un Bel Paese in cui tutte le cause della sua schiavitù appaiono tutt’al più esagerazioni caratteriali dei potenti.

Poi si imbrogliano di nuovo le carte, e si distribuiscono. Di Maio si fida più di Meloni che di Salvini; Conte deve dare spiegazione a dei prezzolati del perché rinuncia ad uno stipendio; hanno applaudito anche Letta. Atreju è l’eroe italiano. Un bambino perduto in un mondo di favole, che rinuncia ad avere un orizzonte ideale: non crede che lo Stato debba avere dei compiti, né la democrazia obiettivi. E crede di essere il sale della terra. Incapace di capire la struttura sociale, si è messo a studiare i microrganismi.