Alla Commissione non c’è più traccia dei messaggi, decisivi nel negoziato sulle forniture.

European Commission President Ursula von der Leyen arrives for an EU summit at the European Council building in Brussels, Thursday, Dec. 10, 2020. European Union leaders meet for a year-end summit that will address anything from climate, sanctions against Turkey to budget and virus recovery plans. Brexit will be discussed on the sidelines. (Yves Herman, Pool via AP)


Emily O’Reilly, il mediatore europeo, accende i fari su Ursula von der Leyen. La giornalista irlandese, eletta difensore
civico dell’Ue nel 2013, vuole vederci chiaro sulla vicenda degli sms che, tra febbraio e la primavera scorsi, la
presidente della Commissione si scambiò con Albert Bourla, ad di Pfizer. In seguito a una richiesta di accesso agli atti,
infatti, l’esecutivo di Bruxelles aveva fatto spallucce, spiegando di non aver mai archiviato quei messaggi. Eppure,
secondo il New York Times, che aveva ricostruito la vicenda alla fine di aprile, gli scambi individuali tra von der Leyen
e Bourla erano stati determinanti per portare a termine l’accordo sulla fornitura di dosi di Comrinaty all’Ue, che
proprio in quel periodo stava affrontando gravi problemi di approvvigionamento delle dosi. Astrazeneca, allora la
casa farmaceutica su cui l’Europa aveva puntato la maggior parte delle sue fiche, aveva annunciato ritardi nelle
consegne. E anche Pfizer, in gennaio, aveva dovuto tagliare le forniture, in seguito a intoppi nei suoi stabilimenti in
Belgio. Secondo il quotidiano della Grande Mela, «questa diplomazia personale giocò un ruolo importante in un
accordo», finalizzato ad aprile, «con cui l’Unione europea» si era assicurata «1,8 miliardi di dosi» del vaccino
Comirnaty, prodotto dalla società americana insieme alla tedesca Biontech.

Come ha sottolineato Politico, il mediatore O’Reilly, che ha indirizzato una missiva all’esecutivo comunitario, ha
chiesto un incontro tra il suo team d’indagine e i funzionari della Commissione, per ottenere delucidazioni sulla loro «politica di conservazione dei messaggi di testo e su come tale politica sia attuata praticamente». L’ombudsman,
inoltre, chiederà all’entourage della von der Leyen «se – e, se sì, come e dove – è andato alla ricerca di possibili
messaggi di testo che ricadessero nella richiesta» dei soggetti che si sono rivolti al difensore civico. O’Reilly ha
comunque in mente già da giugno una più ampia iniziativa, per verificare come le istituzioni europee tengano traccia
delle comunicazioni istantanee e degli sms, per individuare buone pratiche da consolidare: «Sebbene non sia fattibile
né desiderabile che i membri dello staff registrino tutti i messaggi di testo e istantanei inviati o ricevuti nello
svolgimento delle loro mansioni», aveva precisato il mediatore, «le le norme europee impongono all’amministrazione
dell’Ue di mettere a punto e conservare documenti relativi alle sue attività, per quanto possibile e in una maniera non
arbitraria e prevedibile». Lo scopo ultimo è che il criterio di «stoccaggio» delle informazioni «non dipenda dal medium – lettere, email, messaggi di testo o istantanei – bensì dal contenuto» delle comunicazioni. Le quali, ovviamente, nel
caso di una trattativa personale tra il capo dell’esecutivo di Bruxelles e l’amministratore delegato dell’azienda che
fornisce vaccini all’Unione europea, sono più che rilevanti.

Tra l’altro, già nel 2019, in patria, la von der Leyen era stata criticata per una disavventura molto simile. La pupilla di
Angela Merkel, fino al luglio di quell’anno, era infatti rimasta al vertice del ministero della Difesa tedesco. Da lì, nel
frattempo, era partito un mezzo scandalo, relativo ad alcuni lucrosi contratti affidati a consulenti esterni,
apparentemente senza sufficienti controlli. La commissione parlamentare d’inchiesta che aveva passato al vaglio le
carte sospettava che, a facilitare i discutibili accordi, fosse subentrato un network di relazioni personali.
Curiosamente, uno dei due cellulari della von der Leyen, considerato dagli onorevoli addirittura una prova maestra,
era stato completamente «ripulito».

Nessuno ha mai insinuato che in alcuna delle due circostanze – l’affaire al ministero e il negoziato con Pfizer – si fosse
verificata qualche irregolarità. Ma sbianchettando dispositivi mobili ed sms, di sicuro non si contribuisce a smontare
le indimostrate illazioni dei soliti maliziosi.