La linea sul green pass obbligatorio per dipendenti pubblici, ristoratori, dipendenti di palestre e bar è tracciata. Ma le trattative potrebbero far slittare il nuovo decreto. Draghi oggi farà il punto: vuole concedere tempo. Un ministro: «La frenata? Colpa di Salvini»

(Monica Guerzoni – corriere.it) – ROMA — La rotta non cambia. Mario Draghi è stato chiaro e netto e non tornerà indietro, collaboratori e ministri lo descrivono «determinato» ad andare avanti sulla linea tracciata: green pass sempre più esteso e obbligo vaccinale all’orizzonte, anche se potrebbe non servire mai. Il numero di italiani immunizzati deve crescere ancora, per scongiurare altre limitazioni delle libertà personali. Però nelle ultime ore, complice la tempesta parlamentare che ha visto la Lega protagonista, a Palazzo Chigi la macchina che da giorni lavora all’estensione del green pass è sembrata rallentare la corsa.

«Se c’è una frenata è dovuta alle ultime salvinate», è la deduzione di un esponente del governo, preoccupato perché la cabina di regia sul green pass, da più parti attesa per domani, rischia di slittare. Di conseguenza il Consiglio dei ministri potrebbe dedicarsi ad altri dossier. Non è una frenata, assicurano ai piani alti del governo. Eppure non è più scontato che il super certificato verde veda la luce entro la fine di questa settimana. «I problemi sono di natura tecnica — sdrammatizza un ministro — È un provvedimento molto complesso e non tutti i nodi sono sciolti».

È stata proprio la Lega a metà pomeriggio a far trapelare che non è in agenda alcuna cabina di regia ad hoc. Una breve nota, che nelle segreterie degli altri partiti di maggioranza è stata da alcuni interpretata come la prova di un «patto» tra Draghi e Salvini. C’è chi si è spinto a immaginare un vero e proprio scambio, con il capo della Lega che scende dalle barricate e accetta di ritirare i suoi emendamenti al primo decreto green pass e il premier che, dopo giorni di trattative, rinuncia a porre la questione di fiducia e cancella dall’orizzonte l’obbligo vaccinale. Invece no, a Palazzo Chigi bollano come «fantasiose» le ricostruzioni di questo tenore.

Resta il fatto che Draghi sembra aver concesso tempo. La cabina di regia, che lo stesso Salvini aveva pubblicamente invocato, non è stata ancora convocata e gli addetti all’estensione del green pass al lavoro pubblico e privato negano di avere tra le mani un provvedimento bell’e pronto da portare sul tavolo del Cdm. Renato Brunetta da settimane prepara il terreno, l’approfondimento con i sindacati è stato avviato, Confindustria spinge, eppure nelle stanze della presidenza dicono che «il lavoro non è finito» e che per arrivare al decreto — ma potrebbe anche bastare un emendamento — c’è bisogno di ulteriori approfondimenti. «Non c’è intesa su niente», sintetizza un esponente del governo.

Infastidito dalla fibrillazione politica da campagna elettorale, Draghi gioca a carte coperte. Un ministro si mostra spiazzato: «Quando si fa la cabina di regia? Come i cornuti, saremo gli ultimi a saperlo». Dietro le quinte però si lavora per sciogliere gli ultimi nodi e arrivare a quella che Draghi definisce «una estensione ragionata del green pass». L’atteggiamento della Lega ovviamente non gli fa piacere. Eppure il presidente, che non ha dimenticato i veti posti dal M5S sul tema giustizia, proprio non pensa che il sì a qualche emendamento di Fratelli d’Italia possa terremotare il suo governo.

Per lui il punto è il merito e nel merito l’impressione a Palazzo Chigi è che Salvini stia correggendo la rotta e per farlo ha bisogno di tempo. In effetti sul contrasto al Covid l’ex ministro dell’Interno ha contro mezzo partito, la maggioranza dei suoi elettori, i suoi stessi governatori, gli industriali del Nord… Anche così si spiega l’incertezza su Cdm e cabina di regia. Oggi Draghi farà il punto con i suoi e deciderà se far slittare tutto alla prossima settimana o andare incontro ai rigoristi come Speranza, che chiedono di far presto.

Il premier, che vuole continuare a muoversi senza forzare, con gradualismo e prudenza, potrebbe decidere di procedere per step. L’idea è partire dalla scuola, allargando il green pass ai lavoratori esterni delle mense e delle pulizie. Il certificato verde per la PA e per le imprese private arriverebbe in un secondo momento. Ieri Draghi ha visto il leader degli industriali Carlo Bonomi e ha dovuto deluderlo sul costo dei tamponi: non sarà a carico dello Stato, tranne che per le persone fragili. Oltre al prezzo dei test, che il ministro della Salute Roberto Speranza non vuole far scendere oltre, per non danneggiare la campagna vaccinale, c’è il problema che due milioni di lavoratori attivi over 50 non hanno ancora fatto la prima dose.