Il segretario, la sardina e il governatore: non è un western, ma un dramma o una commedia demenziale (a seconda dei punti di vista dai quali lo si guarda, comunque un brutto film). Dalle parti del Pd succede di tutto…

(pressreader.com) – di Silvia Truzzi – Il Fatto Quotidiano – Il segretario, la sardina e il governatore: non è un western, ma un dramma o una commedia demenziale (a seconda dei punti di vista dai quali lo si guarda, comunque un brutto film). Dalle parti del Pd succede di tutto, e dire che l’ondata di caldo pareva superata. Andiamo con ordine.

Mattia Santori – volto, portavoce, leader delle Sardine (se non abbiamo avuto tutti un’allucinazione collettiva) – ha deciso di correre alle Amministrative nella sua città, Bologna (e dove sennò?). Il giovane candidato rilascia da giorni interviste pirandelliane, in cui la crisi d’identità della sinistra diventa un preoccupante fenomeno clinico.

Tenetevi forte.

“C’è stato un grande fraintendimento. Perché tutti vanno in giro a raccontare che a candidarsi è il leader di un movimento politico, che a scendere in campo è ‘quello delle sardine’. Invece devo deludervi, perché a candidarsi sono io. Mattia Santori, anzi Mattia”. In marzo, come ha ricordato Marco Travaglio sul Fatto di ieri, diceva cose un tantino differenti (non su se stesso, sul Pd). “Non m’iscriverò al Pd perché in questo momento il Pd ha un marchio tossico. Nessuno ora farebbe la tessera. Si vede dal fatto che gli iscritti sono in calo. Inoltre le Sardine hanno il vantaggio di restituirmi la fotografia di quei cittadini che seguono la politica ma non sono iscritti a un partito. Ieri abbiamo fatto una assemblea con 170 persone e quel che emerge è questo: lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti”. Terminati i necrologi, bisogna dire che a tutt’oggi Mattia non risulta iscritto al partito tossico, ma diciamo che candidarsi (da indipendente, come Stefano Rodotà, dio ci perdoni) non è proprio una presa di distanza.

Poi c’è il governatore della Puglia, che per incoraggiare Salvini ad abbandonare posizioni estremiste ha pensato bene di fargli una dichiarazione d’amore.

“Ha preso un partito xenofobo, antieuro, antieuropeista, omofobo, con l’utilizzo disinvolto persino di elementi religiosi”, ha detto Michele Emiliano al Corriere.

E poi che è successo? Ma come, non l’avete capito? Salvini è cambiato!

E chi l’ha cambiato? Ma come chi? L’unico, il messia, il migliore. Uno che fa davvero miracoli: altro che moltiplicare i pani e pesci, Draghi è riuscito financo a trasformare il devastante debito pubblico italiano in “buono”.

Dunque convertire Salvini sulla via di Bruxelles sarà stato un giochetto da ragazzi.

Ma se pensate che le giravolte della Sardina smarrita o la filippica di Emiliano in lode dell’avversario Salvini siano sintomi di un colpo di caldo, aspettate perché il meglio deve ancora venire. Il capolavoro sinistro (ubi maior) è del nipote del conte zio. Il quale è impegnato nella campagna elettorale a Siena per le Suppletive, che si sono rese necessarie perché un altro compagno ex ministro dem (Padoan) si è dimesso in favore di un posto nel consiglio d’amministrazione di una banca (Unicredit) e dove si agita lo spettro di un’altra banca (Mps). Sciolte le riserve sulla sua disponibilità, Enrico Letta in luglio disse di non stare più nella pelle perché non vedeva l’ora di portare il segretario del Pd a Montecitorio. Così facendo veniva incontro anche ai delegati senesi che gli chiedevano di impegnarsi con queste parole: “A livello politico nazionale riteniamo che per rendere incisiva l’azione politica del Partito democratico, il segretario debba essere presente attivamente in Parlamento”. Tutto bene? No, due giorni fa è stato presentato il logo della candidatura e scopriamo che il segretario del Pd, che si candida per far entrare il segretario del Pd in Parlamento, corre senza il simbolo del Pd perché così è più inclusivo. Gesto altamente simbolico: la prossima volta useranno l’impronunciabile schwa.